Economia
Mentre l’Europa pensa alle tasse, il Giappone difende i suoi cittadini dalla guerra: scudo contro il Caro-Benzina anticrisi
La guerra in Medio Oriente minaccia il petrolio. Il Giappone corre a proteggere i suoi cittadini con un tetto al prezzo della benzina. In Europa, invece, si pensa a nuove tasse. Un confronto impietoso che svela due visioni opposte di governo.

Mentre lo spettro della guerra totale tra Israele e Iran getta un’ombra minacciosa sull’economia globale, le nazioni del mondo si trovano a un bivio. Da una parte, c’è chi prepara i propri cittadini all’impatto, agendo come uno scudo protettivo. Dall’altra, c’è chi sembra cogliere l’occasione per stringere ulteriormente la morsa fiscale. In questa drammatica biforcazione, il Giappone lancia una lezione potentissima all’Europa, mostrando due filosofie di governo diametralmente opposte.
La Mossa di Tokyo: Protezione Totale dal Caro-Benzina
Il governo giapponese adotterà misure volte a garantire che un conflitto in Medio Oriente non provochi forti aumenti del prezzo della benzina in una delle grandi economie asiatiche più dipendenti dalle importazioni di petrolio.
Il Giappone fa parte del G7, il gruppo delle sette nazioni più industrializzate al mondo, ma è esposto alle fluttuazioni dei prezzi internazionali del petrolio poiché importa la maggior parte del petrolio che consuma. Oltre il 90% del petrolio greggio importato dal Giappone proviene dal Medio Oriente.
Tra le numerose incertezze sulle ostilità in corso tra Israele e Iran e sul loro possibile impatto sull’approvvigionamento petrolifero dal Medio Oriente, il Giappone agirà per mitigare i picchi dei prezzi della benzina sul mercato interno, ha dichiarato giovedì il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba.
Il governo garantirà che il prezzo medio della benzina a livello nazionale non superi 1,20 dollari (175 yen giapponesi) al litro, secondo quanto riportato da Reuters citando Ishiba. Una misura per prevenire un aumento dei prezzi sarà attuata a partire dal 26 giugno, ha aggiunto il primo ministro.
Un problema di politica internazionale
Il Giappone e altri importanti importatori di petrolio, così come il mercato petrolifero, stanno seguendo con attenzione gli sviluppi in Medio Oriente, mentre il conflitto si avvicina alla sua prima settimana dall’inizio.
Poiché il conflitto non sembra placarsi, l’approvvigionamento di petrolio dal Medio Oriente potrebbe diventare vulnerabile se le due parti decidessero di attaccare le infrastrutture energetiche vitali della regione, hanno affermato gli analisti di RBC Capital Markets in una nota all’inizio di questa settimana.
Il timore più grande del mercato petrolifero, ovvero la chiusura dello Stretto di Hormuz, sembra per ora una prospettiva remota, secondo gli analisti, che tuttavia riconoscono che se i flussi di petrolio nello Stretto venissero interrotti, i prezzi potrebbero facilmente raggiungere i 100 dollari al barile.
Lo scorso anno, Cina, India, Giappone e Corea del Sud sono state le principali destinazioni del greggio che attraversava lo Stretto di Hormuz verso l’Asia, rappresentando complessivamente il 69% di tutto il greggio e il condensato di Hormuz, secondo i dati dell’EIA.
Appare interessante come, mentre il Giappone cerchi di tutela i propri consumatori da shock petroliferi legati ai conflutti mediorientali, mentre in Europa la Commissione già pensa a caricare di tasse consumatori e aziende per poter fare cassa, in base a una direttiva scritta in un momento di euforia economia e ambientalista. Due atteggiamente opposti: ci sono governi che proteggono i consumatori, e altri che pensano a spremerli.
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