Difesa
Germania, la grande scommessa: addio auto, futuro negli armamenti? Forse si, ma senza la Francia
La Germania sposta il suo focus industriale dall’automotive agli armamenti, ma la transizione è complessa. Tra produzione di massa che stenta a decollare, divisioni politiche interne e una cooperazione franco-tedesca fallimentare, scopri le vere sfide del riarmo tedesco.

La Ministra dell’Economia tedesca, Katherina Reiche (CDU), sta inviando un segnale inequivocabile: il futuro industriale della Germania è negli armamenti. Durante il suo tour estivo, ha visitato esclusivamente fabbriche di armi, snobbando volutamente colossi dell’auto come la Volkswagen o la Mercedes. Questa mossa plateale sottolinea una svolta epocale nella politica economica del Paese, un tempo dominata dall’automotive.
Tuttavia, dietro la facciata del riarmo, emergono risultati ancora scarsi. La produzione di armamenti fatica a passare dalla piccola scala a quella industriale, necessaria per affrontare le attuali minacce.
Il tour della Reiche è una dichiarazione d’intenti. L’abbiamo vista di fronte a un mostruoso pezzo d’artiglieria RCH 155 di KNDS, o mentre ispezionava il sistema missilistico Iris T di Diehl. “L’economia e la politica di sicurezza sono indissolubilmente legate”, ha affermato, sottolineando che solo un’industria della difesa forte può garantire la sovranità europea. I suoi predecessori avevano lasciato il settore al Ministero della Difesa; lei, invece, se ne appropria, spinta dalla crescente domanda globale di armi.
Ma ecco il problema centrale, come evidenziato da Moritz Schularick, presidente dell’Istituto per l’economia mondiale di Kiel (IfW): “Finora non abbiamo creato strutture affidabili per una produzione su larga scala ed efficiente. Molti prodotti sono ancora realizzati in piccole quantità”. Questo, secondo Schularick, “non è né efficiente in termini di costi né sostenibile”.
L’urgenza, dettata dalla minaccia russa e dall’incertezza sull’alleanza con gli USA, si scontra con la realtà industriale e con i conflitti politici interni. Sul tema cruciale di un ingresso dello Stato nel capitale di aziende strategiche come KNDS, la Reiche si mostra fredda e passa la palla al Ministro della Difesa, Boris Pistorius, noto per essere più interventista. “Lo Stato non è un imprenditore migliore“, taglia corto la Reiche, rivelando una crepa all’interno del governo su come raggiungere l’obiettivo comune.
Intanto però nulla si muove o quasi, sul lato dell’industria: tutto resta legato a una produzione tradizionale, a bassi volumi, con poca considerazione delle nuove tecnologie e delle nuove soluzioni a basso costo. Per ora la Germania sa produrre solo pochi costosi missili e blindati, ma non ha strutture per produrre droni in gran numero.
Dall’auto al carro armato, anche con una nuova legge
La produzione di alcuni beni militari comunque è già raddoppiata rispetto al 2022 e la capacità produttiva europea di proiettili d’artiglieria è esplosa, passando da 70.000 a quasi 2 milioni di pezzi all’anno.
Questa espansione sta creando migliaia di nuovi posti di lavoro. Dal 2021, le principali aziende della difesa hanno aumentato il personale dell’17%, con picchi in colossi come Rheinmetall e Airbus. La Ministra dell’Economia, Katherina Reiche, ha sottolineato come questa crescita offra una “nuova vita” ai lavoratori provenienti dal settore automobilistico, avvertendo però che “la conclusione non può essere: ora non dobbiamo più preoccuparci dell’industria automobilistica”.
Per accelerare ulteriormente questa corsa, il governo ha varato una nuova legge, presentata dalla stessa Reiche insieme al Ministro della Difesa Pistorius. L’obiettivo è tagliare la burocrazia per armare più in fretta le forze armate (Bundeswehr). “La deterrenza è la migliore difesa, e con questa legge la rendiamo più facile e veloce”, ha dichiarato la ministra.
In pratica, l’esercito potrà assegnare direttamente contratti di valore fino a 443.000 euro per beni militari e fino a un milione di euro per progetti di costruzione, senza indire gare d’appalto pubbliche. Questo favorirà direttamente aziende tedesche come Diehl e KNDS, che riceveranno commesse in modo molto più rapido.
Tuttavia, emerge un limite cruciale: questa semplificazione vale solo per gli appalti nazionali. La nuova legge, pur velocizzando il riarmo tedesco, non risolve il problema dei grandi e complessi progetti di difesa a livello europeo, lasciando irrisolta una delle maggiori sfide strategiche del continente. Inolte le cifre permettono l’acquisto, al massimo, di prototipi di armamento, o di piccole serie, non l’impostazione di una vera produzione di massa di prodotti a basso costo, con, ad esempio, l’uso di componenti commerciali.
Cooperazione fraco tedesca? Un mezzo flop
A proposito di problemi di forniture esterne, la decantata collaborazione franco-tedesca non va da nessuna parte. Se a parole la collaborazione è massima, in realtà la rivalità fra i due paesi non è mai morta, anzi sta avendo un revival. I grandi progetti di cooperazione sono bloccati da lotte di potere e interessi nazionali, trasformandosi in teatri di scontro invece che di collaborazione.
L’esempio più lampante è KNDS, il produttore del carro armato Leopard 2. Sulla carta, è una fusione franco-tedesca. In realtà, è una farsa: l’azienda è per metà di proprietà dello Stato francese, che la usa per i propri interessi, e i sistemi delle due metà sono talmente incompatibili che l’azienda è di fatto gestita come due entità separate, tenute insieme solo da un fragile e sospettoso equilibrio di potere ai vertici.
La situazione non migliora sui progetti futuri. Il Future Combat Air System (FCAS), il caccia di sesta generazione, è bloccato da mesi di litigi tra la francese Dassault e Airbus sulle quote di lavoro e le condizioni di un appalto miliardario. I ministri della Difesa promettono soluzioni che non arrivano mai. Il progetto per un nuovo carro armato comune, il Main Ground Combat System (MGCS), sembra procedere solo perché il suo obiettivo è fissato al lontano 2040, rimandando così le inevitabili dispute sulla spartizione della produzione.
Mentre l’Europa litiga, la realtà è brutale. L’economista Moritz Schularick critica il sistema di appalti tedesco, definendolo obsoleto e inadatto alle tecnologie del futuro. Ma il dato più allarmante è un altro: l’Europa è drammaticamente indietro. La capacità produttiva attuale basta per appena 50 carri armati Leopard 2 all’anno, una cifra irrisoria se paragonata ai 135 Abrams americani e, soprattutto, alla produzione di massa dell’economia di guerra russa.
L’Europa gioca una partita di potere interna, mentre il suo principale avversario si arma a una velocità che il continente non può nemmeno sognare di eguagliare.
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