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Germania: Addio Green Deal, Benvenuto Keynesianesimo Militare. Gli argomenti di Rinaldi
La Germania abbandona il Green Deal per un riarmo massiccio. L’analisi di Rinaldi: non è solo difesa, è ‘keynesianesimo militare’ per salvare un’industria in crisi messa in ginocchio dai costi dell’ecologismo e dalla Cina.

La Germania, un tempo paladina del rigore di bilancio e della transizione verde, sta compiendo una virata di 180 gradi che lascia poco spazio alle interpretazioni. Come osserva lucidamente Antonio Maria Rinaldi nell’articolo “La Germania accantona il Green Deal e punta tutto sull’industria delle armi“, Berlino sta mettendo da parte le velleità ecologiste per abbracciare una massiccia politica di riarmo.
Ma attenzione a non farsi ingannare dalla narrativa ufficiale. Sebbene la “minaccia russa” e le pressioni NATO siano la giustificazione sbandierata, la radice di questa “profonda trasformazione” è squisitamente economica.
Il Fallimento del Modello “Green”
Rinaldi centra il punto: il modello industriale tedesco era già in crisi prima della guerra in Ucraina e dello shock energetico. La vera causa del tracollo è stata:
“…la folle corsa, colta e voluta dal precedente governo [Merkel], si è rivelata insostenibile per molte filiere industriali, con un aumento dei costi e una perdita di competitività esposta alla concorrenza e dipendenza specialmente cinese.”
La “transizione verde”, con i suoi “costi insostenibili”, e l’abbandono frettoloso dei pilastri energetici tradizionali (come il nucleare) hanno reso l’industria tedesca un gigante dai piedi d’argilla. L’auto elettrica, che doveva essere il fiore all’occhiello, è diventata un campo di battaglia dove la Germania sta soccombendo alla concorrenza cinese.
La crisi del gas è stata solo il “colpo di grazia” per un sistema già agonizzante.
La Soluzione: Il Keynesianesimo Militare
Cosa fa un paese quando il suo principale motore economico (l’export manifatturiero civile) si inceppa? Cerca un nuovo motore. E la Germania lo ha trovato nella difesa.
Non si tratta di semplice spesa militare, ma, come nota Rinaldi, di una vera e propria politica industriale sostitutiva. La difesa diventa “il nuovo settore della crescita”, capace di assorbire capacità produttiva in eccesso, sostenere la ricerca e l’occupazione.
I numeri sono impressionanti:
Un “Sondervermögen” (fondo speciale) da 100 miliardi di euro creato nel 2022.
Piani per una spesa totale che punta ai 500 miliardi entro il 2026.
Un obiettivo di spesa per la difesa del 3,5% del PIL entro il 2029 (ben oltre il 2% richiesto dalla NATO).
Questa è una forma di keynesianesimo militare: usare la spesa pubblica bellica come stimolo macroeconomico per salvare un modello industriale fallito.
Non a caso, come sottolinea Rinaldi, a beneficiare non sono solo i colossi della difesa (Rheinmetall, ThyssenKrupp), ma anche i giganti civili in difficoltà:
“BMW e Mercedes stanno tornando al ruolo di fornitori dell’apparato militare, proprio come accadde negli anni Trenta, quando la crisi economica spinse alla militarizzazione dell’industria.”
Il Rigore a Doppia Velocità
La parte più ironica, tipica del teatrino europeo, è la gestione dei conti pubblici. Per anni la Germania ha imposto un rigore quasi teologico al resto d’Europa, salvo poi dimenticarsene quando si tratta dei propri interessi strategici.
Rinaldi evidenzia che, mentre si discute di Patto di Stabilità e rientro dal debito, Berlino pianifica spese militari colossali che violano palesemente i criteri di Maastricht. La “flessibilità” concessa per il 2024-2025 non copre certo questi importi, ma per la Germania si trova sempre una soluzione.
La conclusione di Rinaldi è amara ma realistica: la Germania usa la “minaccia della guerra” come “giustificazione”, ma il vero obiettivo “è economico”. Si tratta di “salvare un modello in crisi” e, nel processo, cementare la propria egemonia industriale e militare sul continente.
Domande e risposte
Perché la Germania sta investendo così tanto nella difesa proprio ora? Ufficialmente, la motivazione è la “Zeitenwende” (svolta epocale) causata dalla minaccia russa e dalla necessità di rafforzare la NATO. Tuttavia, come analizzato da Rinaldi, la vera ragione è economica: l’industria tedesca è in grave crisi a causa del fallimento delle politiche “Green” e della concorrenza cinese. La spesa militare serve quindi come gigantesco stimolo statale (keynesianesimo militare) per riconvertire e salvare il proprio apparato produttivo.
Cosa si intende per “Keynesianesimo Militare”? È una teoria economica secondo cui una massiccia spesa pubblica nel settore della difesa (armi, tecnologia, infrastrutture militari) agisce come potente stimolo per l’economia nazionale. Questo tipo di spesa crea domanda, assorbe la disoccupazione, finanzia la ricerca e sviluppo (R&S) e sostiene interi settori industriali. La Germania sta usando questo approccio per compensare il crollo della domanda nei suoi settori tradizionali, come l’automotive.
Questi investimenti militari non violano le regole europee sul debito (Patto di Stabilità)? Sì, sulla carta lo farebbero. La Germania sta pianificando un livello di spesa e deficit ben al di là dei parametri di Maastricht. Come nota Rinaldi, questo evidenzia l’ipocrisia di Bruxelles: le regole del rigore, applicate severamente ad altri paesi (come l’Italia), vengono magicamente messe da parte quando è la Germania a dover finanziare la propria industria bellica per motivi strategici, anche senza una “golden rule” ufficiale per la difesa.









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