Economia
Generali non assicurerà più attività di distribuzione downstream legate al petrolio
Generali rinuncia ad assicurare il settore Oil & gas downstream, cioè tutto il sistema di distribuzione del gas e dep petrolio. Bene, lo farà qualcun altro e ne incasserà gli utili
Il petrolio e il gas globali si trovano di fronte a un futuro di finanziamenti sempre più diffusi, poiché non solo i politici e i gruppi di pressione chiedono il disinvestimento o la fine del finanziamento del petrolio e del gas, ma anche gli assicuratori stanno abbandonando il mercato. Allo stesso tempo, la domanda di idrocarburi è ancora in crescita, anche se l’AIE invita nuovamente a investire.
Con una dichiarazione a sorpresa, il più grande assicuratore italiano, Generali, comunica di aver posto fine alla sua nuova copertura delle operazioni a valle, principalmente il trasporto, la lavorazione e la distribuzione di petrolio e gas.
È prevista una clausola di salvaguardia: la copertura può essere concessa se le attività soddisfano i requisiti di transizione energetica. Generali ha comunicato che cesserà di offrire polizze per i rischi legati ai settori “midstream” e “downstream” dell’industria petrolifera e del gas, che comprendono i terminali di gas naturale liquefatto (GNL), i gasdotti e le centrali elettriche a gas.
Ufficialmente, l’ultima mossa del colosso italiano si basa sulla necessità di allineare i propri obiettivi a lungo termine con quelli legati all’Accordo di Parigi, che mira a limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C. Generali si rifà anche alle dichiarazioni del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), che indicano la necessità di decarbonizzare rapidamente tutti i settori. Tra questi, il dimezzamento delle emissioni globali di gas serra entro il 2030 e l’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Gli italiani hanno dichiarato che questi obiettivi sono in linea con la strategia della compagnia, che prevede la transizione dei suoi portafogli di investimento e assicurativi e delle sue operazioni a emissioni nette zero entro il 2050. Attualmente, Generali è già membro della Net-Zero Asset Owner Alliance (NZAOA), del Forum for Insurance Transition to Net-Zero (FIT) e sostiene la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD).
L’assicuratore italiano ha già ricevuto una reazione positiva dai soliti sospetti, come i gruppi ambientalisti italiani ed europei. Tuttavia, secondo i più, la mossa di Generali non è un’impresa significativa; essi esortano comunque tutti gli assicuratori a fare lo stesso. Come indicato da ONG come Insure Our Future, le prossime mosse dovrebbero anche eliminare l’assicurazione dai progetti GNL in tutto il mondo, compresa l’intera catena di valore. Le ONG hanno preso di mira anche altri assicuratori internazionali, come Allianz, AXA e Chubb.
In reazione, è emerso anche che la mossa complessiva di Generali si concentra principalmente sui cosiddetti ritardatari della transizione, per cui non tutte le parti sono coinvolte. Tuttavia, Generali ha già eliminato l’assicurazione dei progetti upstream.
Che faranno i colossi italiani dell’energia?
Fino a che punto la mossa di Generali riceverà un sostegno significativo da parte delle principali aziende italiane, come ENI, Edison, Enel, o i giganti dei servizi petroliferi Saipem o SNAM? Costringeremo le aziende italiane a rivolgersi a società straniere per tutelare il proprio business?
Questi ultimi colossi italiani rappresentano una grossa fetta del PIL italiano. Sono legati a grandi progetti globali di energia rinnovabile onshore e offshore, come l’eolico offshore o gli sviluppi portuali. L’approccio attuale potrebbe essere una spada a due facce: tagliando l’assicurazione del petrolio e del gas, potrebbero essere colpiti anche i progetti di transizione energetica. L’assicurazione dei progetti a valle è anche legata all’eolico offshore o alla capacità di idrogeno verde.
Anche il gruppo di attivisti ambientali Extinction Rebellion (XR) ha aumentato la pressione sul settore assicurativo. In una lettera inviata dalle compagnie assicurative con sede nel Regno Unito, il gruppo ha chiesto agli assicuratori di abbandonare i progetti sugli idrocarburi a livello globale. Per aumentare la pressione, XR, con sede nel Regno Unito, ha già dichiarato che la prossima settimana inizierà una settimana di proteste a Londra e nel Regno Unito.
L’obiettivo principale sarà l’area di Londra. Si tratta di un’iniziativa che ripete le dimostrazioni organizzate a febbraio nella City di Londra. Secondo Steve Tooze, portavoce della campagna XR, l’industria assicurativa “sta scegliendo di scommettere sui profitti derivanti dalla sottoscrizione di progetti di petrolio, gas e carbone che stanno accelerando la crisi climatica a livelli che potrebbero distruggere la nostra civiltà nel corso della nostra vita”.
Allo stesso tempo, la maggior parte degli investimenti e dei gruppi assicurativi contrari agli idrocarburi citano i rapporti dell’IPCC e dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), l’organo di controllo dell’OCSE sull’energia. Anche se l’organo di controllo con sede a Parigi si è trasformato sempre più in un’agenzia di strategia verde, si dovrebbero comunque ascoltare le dichiarazioni dell’AIE degli ultimi giorni.
In occasione di un importante incontro nella capitale canadese del petrolio e del gas, Calgary, Mary Burce Warlick, vicedirettore dell’AIE, ha dichiarato che gli investimenti nella produzione di petrolio e gas sono essenziali e devono proseguire con un aumento degli investimenti nelle tecnologie rinnovabili e pulite. A
nche se la scorsa settimana l’AIE ha riferito che il petrolio, il gas e il carbone stanno raggiungendo il loro picco prima del 2030, Warlick ha dichiarato che “i continui investimenti nel petrolio e nel gas, in particolare, continueranno ad essere importanti e necessari per qualche tempo”. La domanda di petrolio e gas, o anche di carbone, rimarrà storicamente elevata nel prossimo futuro.
Un pesante rischio economico e competitivo
Con questa scelta Generali viene a rispondere a pressioni esterne di carattere anti-economico, ma anche alla necessità di dover tenere una contabilità extra economica, il “Bilancio di sostenibilità”, che per un’istituzione economico-fianaziaria rischia di essere un’ancora all’atività operativa facilmente manovrabile.
Non sappiamo quanto felici siano gli azionisti di Generali: il rischio è che rinuncino a buoni margini sull’attività assicurativa sicura e conosciuta del settore Oil&Gas in cambio dell’incertezza di altre attività, più rischiose o comunque in grado di generare ritorni insufficienti.
Inoltre la società viene a perdere competitivtà nei confronti di chi, invece, continuerà ad operare nel settore, come, ad esempio, le aziende americane o orientali. Generali mostra un masochismo green che rischia di costarle caro.
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