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La fredda primavera del commercio tedesco

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Come in uno specchio, la timida ripresa d’inizio anno trova la sua immagine riflessa nell’andamento del conto corrente tedesco, ancora in crescita grazie al decisivo apporto della bilancia dei beni.

I dati, ancora troppo limitati per suggerire la possibilità di un trend, consentono tuttavia di fare alcune valutazioni.

La prima è che la crescita dell’export, aggiustata per il calendario, ha totalizzato un volume di 465 miliardi di euro nel periodo gennaio-maggio 2014, a fronte dei quasi 455 dello stesso periodo del 2013.

La seconda è che i dieci miliardi di crescita dell’export corrispondono esattamente ai dieci miliardi di incrementi dell’import, passsato dai 372 miliardi del periodo gennaio aprile 2013 ai 382 del 2014.

La conseguenza è stata che, al lordo di alcuni aggiustamenti di valutazione che l’istituto di statistica tedesco compie, la bilancia commerciale nel periodo consudierato fra i due anni è rimasta sostanzialmente costante, registrando un surplus di oltre 80 miliardi.

La terza circostanza ce la illustra la composizione di questo attivo. Le esportazioni verso i paesi dell’area Ue, infatti, totalizzano il 58,4% del totale, in crescita, rispetto al periodo gennaio-maggio del 2013, del 5,1%. Se andiamo a vedere all’interno dell’Ue, le esportazioni verso l”eurozona pesano il 37% del totale, e sono cresciute del 2,7%. Quelle verso i paesi Ue non euro pesano il 21%, e sono cresciute del 9,6%.

Al contrario le esportazioni verso i paesi extra Ue, che pesano circa il 41%, sono in calo rispetto al rispetto al 2013 dello 0,6%. Una percentuale contenuta, che non incoraggia speculazioni e che tuttavia non può essere ignorata, atteso che il rallentamento è avvenuto nei riguardi dei paesi dove più si è registrata crescita della domanda nel 2014.

Il combinato disposto autorizza una prima conclusione (provvisoria): la Germania sta bene se sta bene l’Ue, e quindi i tedeschi hanno tutto l’interesse a favorire la ripresa dei propri partner europei se vogliono evitare quello che è già successo: ossia che l’austerità dei vicini danneggi gli interessi commerciali tedeschi.

Ad avvalorare questa analisi anche l’esame dei flussi di import, che risultano in crescita del 4% dall’area Ue nel suo complesso, e del 2,6% in particolare dall’eurozona, mentre le importazioni dai paesi terzi crescono appena dello 0,3%.

L’insolita e un po’ freddina primavera del commercio tedesco, perciò, è un di cui dello stato di salute dell’intera Ue. I tedeschi stanno consumando di più, attingendo alle merci dei partner, e allo stesso tempo i partner stanno consumando più merci tedesche. La cosiddetta locomotiva tedesca, insomma, cammina anche grazie alla trazione posteriore dei paesi dell’eurozona.

L’ultima circostanza interessante si rileva dall’analisi degli altri saldi del conto corrente. Sul lato dei servizi, la Germania ha ridotto il deficit, arrivato nel periodo gennaio-aprile 2014 a 11,5 miliardi (era 18,5), mentre sul lato dei redditi si è ridotto il surplus del reddito primario (primary income), ossia il frutto degli investimenti esteri tedeschi, arrivato a 20 miliardi a fronte dei 23,8 del gennaio-aprile 2013. La Germania, insomma, continua a vivere di rendita, ma un po’ meno di prima.

Anche perché il secondary income, ossia i trasferimenti (tipicamente le rimesse degli immigrati) sono rimasti stabili, segnando un deficit di 19,5 miliardi che in pratica azzera l’attivo dei redditi da investimento. “Importare” immigrati costa caro, evidentemente, anche se fa bene all’economia tedesca, stremata da una situazione demografica peggiore della nostra.

La conclusione è che il saldo di conto corrente è persino aumentato, nel periodo del 2014 considerato.

Chi pensava che la Germania fosse troppo “attiva” sull’estero pare dovrà rassegnarsi.

Scopri TheWalkingDebt il blog di Maurizio Sgroi


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