Difesa
“Francia Vattene”: anche il Senegal cancella la presenza militare francese
Anche il Senegal caccia i soldati francesi. Ormai Parigi non è in nessun luogo in Africa, almeno militarmente. La fine di un impero
Dopo la Repubblica Centrafricana nel 2020, seguita da Mali, Burkina Faso e, alla fine del 2023, Niger, Senegal e Ciad hanno annunciato di voler eliminare la presenza militare francese sul loro territorio. E lo intendono senza mezzi termini. Il colpo fose più duro e inatteso è venuto però dal Senegal.
“Francia, vattene!
La decisione del presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye di chiudere la base francese di Dakar sembra definitiva. È il risultato di una promessa fatta durante la sua campagna presidenziale e risponde a una forte richiesta dell’opinione pubblica senegalese, in linea con l’opinione dell’Africa occidentale. “Quando ero giovane, abbiamo marciato con lo slogan ‘US go home’. Oggi i giovani manifestano con lo slogan: ‘Francia, vattene’”, osserva il filosofo senegalese Souleymane Bachir Diagne. E aggiunge che questo rifiuto si sta cristallizzando intorno alla presenza militare francese!
In una nota dell’Ifri sull’esercito francese in Africa, Thierry Vircoulon sostiene la necessità di smilitarizzare il rapporto della Francia con il continente. Perché, osserva, la Francia non ha più le risorse per finanziare una cooperazione militare efficace: l’austerità europea manda in pensione la Gradeur e quello che resta dell’impero coloniale francese. . Inoltre, continua, i regimi al potere non cercano più necessariamente questa cooperazione. Questa presenza, aggiunge, suscita anche l’ostilità dell’opinione pubblica.
Quindi la Francia ha dovuto impostare una nuova politica che vede una sua riduzione quasi totale della presenza militare in vari paesi, dal Ciad, da dove sono stati richiamati 350 militari, a 100 in Gabon e Costa d’Avorio, al Senegal. Ormai la presenza francese si limita, finché dura, a Gibuti e a poche altre basi. La Francafrique non c’è più.
Infine, mantenere la cooperazione militare con Paesi che violano i principi fondamentali della democrazia, come il Ciad e il Gabon – due Paesi i cui leader sono usciti da un colpo di Stato – contraddice quanto affermato da Emmanuel Macron il 27 febbraio 2023: “Il nostro interesse è la democrazia. La Francia è un Paese che sostiene la democrazia e la libertà, in Africa come altrove. C’è da sperare che il partenariato militare franco-canadese sia molto proficuo in termini di sicurezza”, ha osservato Thierry Vircoulon, non senza ironia, prima dell’annuncio a sorpresa delle autorità di N’Djamena, ‘ perché, per l’opinione pubblica africana, mette in evidenza la doppiezza della politica francese nel continente’.
Rimanere in contatto
Da parte loro, i militari francesi e i loro sostenitori hanno difeso la necessità di mantenere questa presenza, spiegando che sarebbe stata richiesta innanzitutto da alcuni Paesi africani, come la Costa d’Avorio, il Gabon e il Ciad. Essi sostengono che questa presenza è essenziale nella lotta contro il terrorismo, il traffico e la pirateria per i Paesi costieri.
Una presenza per sostenere e addestrare gli eserciti locali.
Permetterebbe inoltre alla Francia di rimanere un attore nel continente e di rimanere in contatto con le realtà locali per sapere cosa sta accadendo e anticipare gli sviluppi che potrebbero minacciare gli interessi di Parigi, la stabilità sub-regionale e quella europea. Infine, gli stessi ufficiali militari mettono in guardia da una possibile sostituzione da parte di potenze rivali, come la Russia
Tuttavia, questa presenza non ha impedito l’espansione dei movimenti jihadisti nel Sahel, né l’anticipazione di grandi eventi, come i colpi di Stato in Niger e Gabon nell’estate del 2023. Né l’interruzione dell’accordo di difesa annunciato dal Ciad il 28 novembre. Per quanto riguarda la prevenzione dell’arrivo o della sostituzione della Francia con una potenza rivale come la Russia, ciò non è avvenuto nell’arco del Sahel, in Africa occidentale o centrale.
La Francia è l’unica ex potenza coloniale ad aver mantenuto basi militari permanenti in Africa. Regno Unito, Belgio, Italia e Portogallo vi hanno rinunciato non appena le loro ex colonie hanno ottenuto l’indipendenza, preferendo, al limite , mantenere rapporti di collaborazione su piano paritario, e questo non ha penalizzato le loro relazioni con il continente, anzi, paradossalmente, ha reso i rapporti più equilibrati.
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