Economia
Francia: Lecornu salva le feste, ma prepara la stangata. La “giustizia fiscale” che profuma di tasse
Il nuovo premier francese salva i giorni festivi, ma il conto lo pagheranno i contribuenti. Per trovare 4 miliardi, apre alla sinistra e prepara una nuova ondata di tasse mascherate da “giustizia fiscale”, mentre il debito record e il declassamento di Fitch affossano il Paese.
Un classico colpo al cerchio e uno alla botte. Il nuovo premier francese, Sébastien Lecornu, nel disperato tentativo di trovare una quadra per il bilancio 2026 e placare un paese in piena crisi politica, ha deciso di fare un passo indietro. La misura più indigesta del suo predecessore, il fugace François Bayrou, ovvero la cancellazione di due giorni festivi per racimolare 4 miliardi di euro, è stata cestinata. “Voglio che chi lavora sia risparmiato“, ha dichiarato Lecornu in un’intervista a Ouest France. Una frase che suona come musica per le orecchie dei sindacati e dei lavoratori, ma che nasconde una domanda : e adesso, chi paga?
La risposta, neanche troppo velata, è arrivata subito dopo. Per trovare le risorse necessarie a tappare i buchi di un bilancio che fa acqua da tutte le parti, il nuovo inquilino di Matignon ha annunciato di voler avviare un “dialogo con le parti sociali” e, soprattutto, una “discussione parlamentare moderna e franca” con il Partito Socialista, gli Ecologisti e persino il Partito Comunista. Viene esclusa solo La France Insoumise di Mélenchon, definita come una forza che “si esclude da sola e preferisce il disordine”.
La porta aperta alla “gauche républicaine” non è un atto di magnanimità, ma una scelta strategica ben precisa. Di fronte a un’Assemblea Nazionale frammentata e all’impossibilità di formare una maggioranza stabile, Lecornu tenta la via del compromesso a sinistra. Un compromesso che, tradotto dal linguaggio politico a quello economico, significa una cosa sola: un aumento della pressione fiscale. Quando si inizia a parlare di “questioni di giustizia fiscale” con socialisti e verdi, il risultato è quasi sempre lo stesso: più tasse su imprese, patrimoni e, inevitabilmente, sul ceto medio mascherato da ceto abbiente.
La realtà dei conti: un debito che non perdona
Mentre la politica parigina si avvita in questi tatticismi, la realtà economica presenta un conto salatissimo. La mossa di Lecornu arriva, non a caso, all’indomani dell’ennesima tegola per l’economia francese: l’agenzia di rating Fitch ha declassato il merito di credito del paese ad A+ con outlook stabile. Le motivazioni sono chiare:
- Instabilità politica: l’incapacità di formare un governo solido e di approvare un bilancio credibile rende il paese inaffidabile agli occhi degli investitori.
- Debito pubblico fuori controllo: la Francia ha accumulato il debito più alto dell’Unione Europea in termini assoluti, circa 3.300 miliardi di euro.
- Rapporto debito/PIL insostenibile: con il 114%, è il terzo più alto dell’UE dopo Grecia e Italia.
- Deficit cronico: il disavanzo del 2024 si è attestato al 5,8% del PIL, ben lontano dai parametri europei.
“Stiamo pagando per l’instabilità”, ha ammesso lo stesso Lecornu, sottolineando come l’aumento dei tassi di interesse per servire questo debito colossale abbia conseguenze dirette sulle casse dello Stato e sulla vita dei cittadini. Peccato che la strada intrapresa sembri una replica, con attori diversi, della stessa commedia che ha portato la Francia in questa situazione.
Fumo negli occhi: i privilegi e la decentralizzazione
Per addolcire la pillola amara di una probabile stangata fiscale, il nuovo premier ha tirato fuori dal cilindro due proposte classiche, utili per guadagnare il favore dell’opinione pubblica ma di scarso impatto strutturale.
La prima è la fine dei privilegi “a vita” per alcuni ex membri del governo. Una misura simbolica, quasi dovuta, per rispondere a quell’antipolitica che serpeggia nel paese. “Non si possono chiedere sforzi ai francesi se chi è al vertice dello Stato non ne fa”, ha affermato Lecornu. Giusto, ma si tratta di spiccioli rispetto ai miliardi necessari.
La seconda è un vago “grande atto di decentralizzazione” per combattere il “centralismo parigino che esaspera“. Si parla di snellire l’apparato amministrativo, unificare agenzie, dare maggiori poteri locali. Tutte cose sentite e risentite, che spesso si traducono in una diversa e più complessa burocrazia locale, senza intaccare il livello generale della spesa pubblica, anzi spesso aumentandolo. Dall’epoca post bellica si parla di decentralizzazione seria in Francia, ma non è cambiato nulla
Il quadro generale è quello di un governo che, stretto tra la crisi politica e il baratro fiscale, sceglie la via apparentemente più semplice: salvare le feste, simbolo del riposo e del tempo libero, per poi presentare il conto sotto forma di “contributo di solidarietà” o “giustizia fiscale”. È la prosecuzione della politica dell’era Macron, che ha fallito nel riformare strutturalmente la spesa pubblica e ora cerca di sopravvivere navigando a vista, spostando il peso del fardello fiscale da una categoria all’altra, senza però mai alleggerirlo veramente, senza una vera semplificazione.
Questa finta riforma non cambierà nulla nei problemi finanziari della Francia, nella sua crisi permanente, nel doppio deficit fiscale e commerciale. Anzi la maggiore pressione fiscale, amata dalla sinistra, disincentiverà ulterioremente l’attività economica. La strada di Lecornu è, alla fine, la stessa degli utlimi 30 anni e non porterà Parigi da nessuna parte.
Domande e Risposte
1) Qual è la decisione principale annunciata dal nuovo Primo Ministro francese, Sébastien Lecornu, e perché è significativa?
La decisione principale di Sébastien Lecornu è stata quella di annullare la proposta del suo predecessore di eliminare due giorni festivi per risparmiare 4 miliardi di euro. Questa mossa è significativa perché rappresenta un chiaro segnale di discontinuità e un tentativo di placare il malcontento popolare e sindacale. Politicamente, segna un’apertura verso le opposizioni di sinistra (socialisti, verdi e comunisti), con cui intende negoziare il bilancio 2026. È una scelta tattica per cercare di ottenere una maggioranza parlamentare ed evitare l’immobilismo, anche se apre la strada a soluzioni fiscali alternative.
2) In che modo questa nuova strategia di bilancio influenzerà l’economia francese e perché viene definita una potenziale “stangata mascherata”?
La rinuncia a tagliare i giorni festivi costringe il governo a trovare 4 miliardi di euro altrove. L’apertura a un dialogo con la sinistra su temi di “giustizia fiscale” fa presagire un aumento delle tasse su imprese, grandi patrimoni e redditi più alti. Questa strategia viene definita una “stangata mascherata” perché, invece di ridurre la spesa o promuovere la crescita, sposta semplicemente l’onere del risanamento sui contribuenti. Il rischio è che una maggiore pressione fiscale possa deprimere ulteriormente gli investimenti, penalizzare il ceto medio e soffocare la crescita economica, aggravando i problemi strutturali della Francia.
3) Qual è l’impatto della situazione debitoria della Francia e del recente declassamento da parte di Fitch sulle scelte del governo Lecornu?
La situazione economica è il fattore che più condiziona le scelte del governo. Con un debito pubblico di 3.300 miliardi di euro (114% del PIL) e un deficit elevato, la Francia ha un margine di manovra ridottissimo. Il recente declassamento del rating da parte di Fitch ad A+ aumenta il costo del finanziamento del debito e mette ulteriore pressione sul governo. Queste condizioni obbligano Lecornu a trovare soluzioni rapide per rassicurare i mercati. La sua scelta di non tagliare le feste, pur essendo popolare, lo costringe a cercare coperture immediate, rendendo quasi inevitabile il ricorso a nuove tasse.
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