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Economia

L’Economia ‘Drogata’ della Francia: Cocaina per produrre, silenzio per coprire lo scandalo.

Un’inchiesta svela il patto scellerato dell’economia francese: i test positivi ad alcol e droga raddoppiano. La cocaina diventa il “carburante” per reggere i ritmi, mentre le aziende si nascondono dietro un velo di ipocrisia.

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Per anni è stato un tabù, un segreto inconfessabile confinato nelle conversazioni private o, peggio, ignorato con colpevole negligenza. Oggi, il velo si squarcia e rivela una piaga che sta corrodendo il tessuto produttivo francese dall’interno. Le dipendenze da alcol e droghe sul posto di lavoro non sono più un problema di pochi, ma un’emergenza di massa, alimentata da una cultura aziendale che per troppo tempo ha preferito “mettere la polvere sotto il tappeto” piuttosto che affrontare la realtà.

La fine dell’omertà è arrivata, ma solo quando i numeri sono diventati troppo grandi per essere nascosti e sono diventati oggetto di un’inchesta da parte del  quotidiano francese Les Echos.

L’esplosione dei consumi: i dati di uno scandalo

Le cifre, provenienti da un’analisi su 110.000 test realizzati tra il 2017 e il 2024 dalla società iThylo, sono agghiaccianti e descrivono una crisi fuori controllo. Il tasso di positività complessivo ad alcol e stupefacenti nelle aziende è più che raddoppiato, passando dal 2,6% di otto anni fa al 5,3% nel 2025.

Come sottolinea Jean-Jacques Cado, presidente della società di screening, “le dipendenze non  sono più una serie di casi isolati, ma una dinamica massiccia e persistente”. La vera accelerazione è avvenuta nel biennio 2022-2024, il periodo post-pandemico che ha segnato un’impennata drammatica: +43% di casi positivi all’alcol e un incredibile +52% di positivi agli stupefacenti. Un disastro sanitario e sociale che si consuma dietro le porte di uffici, cantieri e fabbriche.

Questi dati svelano la “corruzione” sistemica di un modello che ha taciuto per decenni. Mentre alcuni esperti tentano di minimizzare, parlando di una maggiore “mediatizzazione” del fenomeno, la realtà è che le aziende sono state costrette ad agire. François Auriol di France Addiction Occitanie ammette che molte imprese, che “prima nascondevano ciò che facevano”, ora sbandierano i piani di prevenzione nelle loro politiche di responsabilità sociale (RSE). Una mossa dettata più dalla paura che dalla coscienza.

Passioni aziendali

La cocaina come “carburante”: la nuova frontiera della dipendenza

Se l’alcol resta la prima causa di dipendenza e di incidenti (responsabile da solo del 10-20% degli infortuni sul lavoro), il fenomeno più inquietante è l’inarrestabile ascesa della cocaina. Non più relegata al mondo della finanza o delle notti brave, la polvere bianca ha invaso ogni settore: cantieri edili, magazzini, officine e uffici.

“Assistiamo a un forte aumento delle droghe legate alla performance, per tenere il ritmo”, avverte Nicolas Prisse, presidente della Missione interministeriale contro le droghe (Midelca). La cocaina è diventata il “carburante” per sopportare carichi di lavoro disumani. Una droga che un tempo era associata all’eccesso è ora funzionale al sistema produttivo stesso. “Nessun settore, né profilo di lavoratore, è più risparmiato”, aggiunge Prisse, descrivendo una democratizzazione dell’orrore.

La responsabilità delle imprese: agire solo quando è troppo tardi

Perché le aziende hanno iniziato a muoversi solo ora? La risposta è cinica: per una questione di reputazione e di portafoglio. “È spesso quando si è verificato un incidente sul lavoro o un abbandono di posto che i budget per la prevenzione si sbloccano”, ammette con candore l’addictologo Alexis Peschard.

I dirigenti sono legalmente responsabili della salute e della sicurezza dei loro dipendenti, ma è “il timore di danneggiare l’immagine dell’azienda” il vero motore del cambiamento. Secondo l’Istituto nazionale di ricerca e sicurezza, quasi il 30% degli incidenti sul lavoro è legato a una dipendenza. Un costo economico e umano che il silenzio non può più coprire.

Mentre le grandi aziende e, timidamente, le PMI firmano protocolli e carte di intenti, la domanda resta: è una vera presa di coscienza o solo l’ultimo, disperato tentativo di contenere uno scandalo che minaccia di travolgere la performance e la reputazione dell’economia francese? La risposta, purtroppo, sembra già scritta nei numeri di una crisi annunciata e colpevolmente ignorata.


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