Cultura
Francesco De Martini: la straordinaria carriera del soldato italiano più decorato
Parliamo di un italiano che nessuno ricorda, nel giorno delle Forze Armate: Francesco Di Martino. Un personaggio dalla carriera unica, come militare più decorato dell’Esercito Italiano, e forse non ancora abbastanza, come uno dei pochissimi militari che partito dal grado di sottufficiale a quello di generale, e per una vita incredibilmente avventurosa che farebbe impallidire James Bond.
Francesco De Martino nasce a damasco. Suo padre è un ingegnere italiano che collabora alla costruzione della ferrovia Berlino Bagdad. Allo scoppio della Grande Guerra la sua famiglia viene internata in un campo di concentramento ai confini dell’attuale Siria, ma lui a 17 anni riesce a fuggire e si reca da una tribù di beduini, che combattono contro gli Ottomani, per poi diventare interprete per un reparto inglese.
Dopo un inizio da romanzo d’avventura, torna in Italia e si presenta a Roma per il servizio militare. Viene arruolato come carrista in uno dei primissimi reparti corazzati italiani, dove riceve un addestramento completo da carrista sui carri leggeri Fiat 3000, derivati italiani migliorati del Renault FT francese, e il grado di sergente.
Le sue caratteristiche particolari, come la conoscenza delle lingue e l’addestramento tecnico, lo rendono l’uomo ideale da mandare in Etiopia per addestrare le truppe locali all’uso di alcuni carri Fiat donati dall’Italia. In questa occasione il sergente entra in contatto con il mondo diplomatico e probabilmente, coi servizi militari del SIM.
Diventa amico di Ras Tafari, che diventerà l’Imperatore Hailé Salassié. Quando alcuni ufficiali organizzano un colpo di stato interviene al comando del distaccamento dei carri armati etiopi, entra nel cortile del palazzo imperiale, sgominando la resistenza dei golpisti, caricando sul carro l’imperatore e portandolo in salvo. Una scena da film d’azione, che nessuno ricorda. Viene nominato comandante della Guardia Imperiale Etiope, lui che è in contatto con il SIM.
Allo scoppio della guerra d’Etiopia diventa comandante della “Colonna dancala”, composta da ascari arruolati da lui personalmente, che parla l’arabo e conosce il Corano, fra gli yemeniti. Attraversa il deserto, aggira le posizioni etiopi. Dopo la caduta di Addis Abeba, quando gli etiopi passano al contrattacco e riconquistano parte della città, copre la ritirata dei reparti italiani che poi passano al contrattacco.
A questo punto diventa ufficiale, dopo un corso a Parma, e comandante di un reggimento di carri in Albania, ma nel 1940 viene rimandato in Etiopia, al comando di una nuova colonna di ascari. In questo caso prima difende i depositi italiani, poi, catturato perché colpito dalla febbre malarica, fugge e riesce a sabotare un deposito di armi britannico. Fugge in Arabia Saudita, riferisce della situazione al resposnabile dei servizi segreti, quindi rientra in Eritrea, ma viene catturato durante il ritorno.
A questo punto gli inglesi lo rinchiudono in un campo di prigionia nel Sudan. Rientrato in Italia nel 1946 con il grado di Capitano viene riarruolato nel SIFAR, il nuovo servizio di informazione militare, e prende parte alle trattative per la creazione delle nuove relazioni militari fra la nuova Repubblica Italiana e il restaurato Impero di Hailé Salaissé.
Aiutò a far fuggire laa dirigenza irachena che nel 1941 aveva osato dichiare guerra alla Gran Bretagna.
Quindi è uno dei primi a intuire, e informare a proposito, della rottura fra il Maresciallo Tito e l’URSS. Inoltre sarà responsabile dell’attività di informazione durante la fallimentare campagna anglo-francese di Suez nel 1956.
Terminò la carriera come Generale di Brigata e morì nel 1981.
Ricevette:
- una medaglia d’oro al valor militare;
- una medaglia d’argento al valor militare;
- una medaglia di bronzo al valor militare;
- tre croci di guerra.
Ovviamente non gli hanno dedicato un film. La sua è una storia vera.
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