Politica
Flottiglia per Gaza: più politica che aiuti? I costi e gli obiettivi segreti della missione
Analisi critica sulla “Global Sumud Flotilla” per Gaza: tra scopi umanitari dichiarati e una chiara agenda politica. Chi la finanzia? Quali sono i rischi e i precedenti storici di queste missioni?

I media mainstream, soprattutto televisivi in Italia, sono colmi di richiami alla “Global Sumud Flotilla“, la missione marittima organizzata dalla Freedom Flotilla Coalition (FFC), una coalizione non gerarchica di campagne di solidarietà globali.
L’obiettivo dichiarato, e teorico, della missione sarebbe trasportare aiuti umanitari essenziali come cibo, acqua e medicine ai civili di Gaza. Tuttavia, il nome stesso della missione, “Sumud”, che in arabo significa “fermezza” o “resilienza”, lega esplicitamente l’iniziativa a un’ideologia politica di resistenza e perseveranza palestinese e si pone come una missione critica, se non avversa, allo stato d’Israele.
Questa iniziativa è stata definita la “più grande di sempre”, composta da decine di imbarcazioni partite da vari porti europei, tra cui Barcellona e Genova, e trasporta qualche tonnellata di aiuti. L’essenza della missione risiede in una tensione intrinseca tra i suoi obiettivi umanitari e i suoi espliciti scopi politici, e questo non è un bene: gli aiuti sono già stati inviati da vari paesi per via aerea, molto più efficiente. e in quantità più abbondate, proprio perché non c’era un fine politico esplicito. Ad esempio gli Emirati Arabi Uniti hanno inviato 500 tonnellate d’aiuti per via aerea, l’Italia 100, e sono arrivati proprio perché privi di finalità politiche, ma solo umanitarie.
Gli aiuti trasportati, sebbene essenziali, sono in gran parte simbolici rispetto all’enormità della crisi umanitaria a Gaza. L’obiettivo principale della missione non è logistico, ma piuttosto politico: sfidare il blocco navale israeliano.
Quindi l’azione è politica, ma chi paga?
L’Architettura Finanziaria e il Ruolo di Personaggi Pubblici
Ufficialmente il finanziamento della Freedom Flotilla non si basa su un unico grande donatore o su una singola entità, ma su un’architettura finanziaria decentralizzata e diffusa. La Freedom Flotilla Coalition (FFC) coordina una rete di organizzazioni membro in tutto il mondo, ognuna delle quali raccoglie fondi attraverso campagne locali di crowdfunding e donazioni dirette.
La principale raccolta, svolta Chuffed.org, da organizzazioni spagnole, ha raccolto oltre 3,2 milioni di euro.
La Narrativa Israeliana e il Contrasto Legale
La narrativa del governo israeliano definisce la nave di Thunberg una “selfie yacht di celebrità”. Questa etichetta è un tentativo di stigmatizzare i partecipanti e minimizzare la missione, dimostrando una chiara consapevolezza del valore strategico della visibilità mediatica.
L’incidente del 2010 con la Mavi Marmara è stato analizzato da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite che ha concluso che, pur riconoscendo la crisi umanitaria, il blocco navale di Israele era legale per motivi di sicurezza. Questa conclusione contraddice la posizione della Flotilla Coalition, che considera il blocco illegale e le intercettazioni come “violazioni del diritto internazionale” e atti di “pirateria”. Però la contesa legale lascia il tempo che trova: Isaele ha la Marina militare e la userà per disarmare la flottiglia.
Gli attivisti non cercano una vittoria legale in tribunale, ma una vittoria nel “tribunale dell’opinione pubblica”, cosa non semplice visto che in alto mare non c’è molto pubblico. I video loro saranno contrastati da quelli della Marina israeliana. Comunque, sicuramente, alla fine tutti si diranno vincitori.
Precedenti Storici della Flottiglia
Questa non è la prima flottiglia, ce ne sono state altre in precedenza. Ecco come sono finite:
Considerazioni Finali
Per gli organizzatori della Flotilla, la politica e la visibilità sono obiettivi prioritari. Sotto questo punto di vista, cinicamente, rischia di valere il “Tanto peggio, tanto meglio”: un evento cruento darebbe una grande visibilità alla missione. Al contrario, se tutto si esaurisse con il fermo della flottiglia e l’espulsione dei partecipanti, sarebbe un flop colossale per gli organizzatori, dal punto di vista della comunicazione. Il rischio è che in questa lotta politica il benessere dei profughi passi totalmente in secondo piano.

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