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Crisi

FLAT TAX

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Silvio Berlusconi ha proposto per tutti la flat tax al 20%. Con questa espressione si accenna all’immagine di una linea orizzontale (piatta) all’interno degli assi cartesiani, per dire che la tassazione non aumenta in funzione del reddito, ma rimane bassa e costante a tutti i livelli. Senza essere preconcettamente ostili a Berlusconi, si è tentati di bollare la proposta come demagogica e velleitaria. Infatti, ancora una volta, si parte dal risultato e non dalle premesse.

L’esempio massimo di questo errore è l’euro. Che cosa era desiderabile, per un continente uscito da devastanti guerre fratricide, soprattutto fra francesi e tedeschi? Che esse fossero rese impossibili dall’unità politica. L’assenza di frontiere, un destino economico comune fondato sulla libera circolazione di beni e capitali, e soprattutto tenuto insieme da una moneta comune, avrebbero aperto un periodo di pace e prosperità. Ecco il sogno dell’Unione Europea. Poiché però esso progrediva troppo lentamente, ad un certo momento i nostri coraggiosi governanti lanciarono il cuore oltre l’ostacolo e crearono l’euro. L’unione politica – causa – avrebbe dovuto condurre all’euro – effetto – e loro, visto che l’effetto tardava, l’hanno fatto nascere col cesareo: l’effetto avrebbe dovuto provocare la causa. Purtroppo, come era prevedibile, ciò non è avvenuto, e oggi siamo nella situazione che conosciamo.

Ora, con Berlusconi, ci risiamo. La tassa piatta è una buona idea, ma se oggi lo Stato preleva all’incirca il 50% di tutta la ricchezza prodotta dagli italiani, e se la pressione fiscale è oltre il quaranta per cento, se ne deduce che, applicando improvvisamente la tassa piatta, dall’oggi al domani lo Stato incasserebbe più o meno la metà di prima. E come farebbe fronte a tutte le sue spese?

Ovviamente chi sostiene la tassa piatta dirà che questo provvedimento dovrebbe andare di pari passo con un drastico taglio delle spese, tanto da permettere allo Stato di sopravvivere con una tassazione al 20%. Fra l’altro, col tempo si avrebbe forse un gettito maggiore dell’attuale, derivante dall’impressionante rilancio economico. Possibile. Ma intanto, per avviare l’operazione, per qualche tempo lo Stato dovrebbe essere in grado di sopravvivere con la metà del gettito.

Dunque le tappe teoriche della riforma sono le seguenti: a) lo Stato taglia la progressività della tassazione, e la porta ad un livello del 20% per tutti; b) mancando il gettito di prima, per qualche tempo, mentre opera i tagli necessari, lo Stato vive contraendo ulteriori debiti sul mercato borsistico internazionale; c) lo Stato opera tagli enormi nella spesa pubblica, praticamente dimezzandola; d)  l’economia riparte alla grande, lo Stato incassa anche più di prima dell’operazione e rimborsa anche i debiti contratti per l’occasione. Tutti sono felici e contenti.

Ma la realtà è implacabile. Per attuare il punto b), l’Italia dovrebbe innanzi tutto uscire dall’euro (diversamente l’Europa non ci permetterebbe certo una simile manovra), e Dio sa quanto sia facile e indolore. Inoltre dovrebbe fruire di un credito economico internazionale immenso. Viceversa è notizia di oggi che i nostri titoli sono stati degradati da Standard & Poor’s a BBB-, “un gradino sopra il livello spazzatura”, scrive il “Corriere”. Di fatto, chiedendo somme enormi in prestito, potremmo non ottenerle e condurre l’Italia al default. L’esistente, astronomico debito pubblico è già una sufficiente minaccia. Anche il punto c) è impossibile, soprattutto in tempi brevi. In passato proprio lui, Berlusconi, che si dice liberale, e che per qualche tempo ha capeggiato la massima maggioranza parlamentare dell’Italia repubblicana, non ce l’ha fatta: perché dovrebbe farcela un altro governo? Tutti sono capaci di scrivere libri dei sogni.

Infine, ammesso che la Fata Turchina, tralasciando per un po’ di occuparsi di Pinocchio, avesse già realizzato i miracoli a), b) e c), chi ci assicura che poi si avrebbe il punto d)? Sulla carta tutte le teorie – dal deficit spending alla supply side economy – sono perfette; storicamente a volte l’una o l’altra di queste teorie hanno pure avuto successo, ma non tanto stabilmente da divenire certezza economica per tutti. Dunque questa dolorosa – e forse impossibile – rivoluzione copernicana dell’assetto economico-fiscale italiano potrebbe non dare i risultati sperati. E al passaggio, piccolo particolare, potrebbe far fallire l’Italia, riportandola all’anno zero dell’economia, forse ripartendo dal baratto. Il fallimento sarà magari inevitabile, ma perché provocarlo immediatamente?

La speranza è che Berlusconi abbia realizzato un’operazione pubblicitaria, consentitagli dal fatto di non essere al potere. Ma non è un’operazione che migliori la sua immagine pubblica.

Gianni Pardo, [email protected]

6 dicembre 2014


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