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Euro crisis

Flassbeck: La negazione collettiva della Germania

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Post da Voci dall’estero molto interessante; vi assicuro che la lettura e’ ben spesa.

Merkel

Nell’intervista a Real News, il prof. Heiner Flassbeck  denuncia un fatto che stranamente è oggetto di una rimozione collettiva (e non solo da parte dei tedeschi)  – il ruolo devastante giocato dalla Germania nell’unione monetaria europea – e sostiene  che l’interpretazione dei fatti che vede “la Grecia colpevole e la  Germania innocente” è completamente infondata. 

Intervista di Paul Jay, 22 febbraio 2015

Jay – Nella crisi greca dell’Eurozona, la maggior parte delle interpretazioni della crisi fornite della stampa rappresentano la Germania come un paese privo di colpe, ben gestito, e la Grecia come un paese mal gestito e colpevole. E’ la verità? La Germania sta davvero violando alcune delle regole e dei regolamenti che hanno contribuito a creare l’Eurozona?

Per parlare di tutto questo è qui con noi  Heiner Flassbeck. Heiner è stato direttore della Divisione su Globalizzazione e Strategie di Sviluppo presso le Nazioni Unite, noto come UNCTAD. E’ coautore del nuovo libro, “Against the Troika: Crisis and Austerity in the Eurozone”,  scritto insieme a Costas Lapavitsas, neoeletto deputato al Parlamento greco.

Grazie per averci raggiunto, Heiner.

Flassbeck – Grazie per avermi invitato.

Jay: Lei ha scritto di recente, e ne ha parlato anche nella nostra ultima intervista su The Real News Network,  che in realtà la Germania sta violando alcune delle regole e degli statuti della zona euro. Di che si tratta esattamente?

Flassbeck: Be’, lasciatemi dire prima di tutto che la Germania sta violando, per così dire, le regole non scritte dell’Unione Monetaria fin dall’inizio. L’approccio mercantilista tedesco sugli scambi, che cerca di accumulare dei surplus sempre più elevati, è chiaramente pregiudizievole all’idea di una unione monetaria. E la Germania l’ha fatto, violando l’obiettivo principale dell’unione monetaria, che è l’obiettivo di inflazione. La Germania con i suoi aumenti salariali si è mantenuta al di sotto dell’obiettivo di inflazione generale concordato nella zona euro, nonostante il costo unitario del lavoro sia sempre aumentato. Quindi questa è stata la prima grossa violazione. E ora la Germania ha un surplus delle partite correnti che sta andando oltre ogni limite. Adesso il surplus è al 7,5 per cento del PIL, che è chiaramente una violazione del limite fissato dalla Commissione, nella normativa che prevede che non si dovrebbe superare il 6 per cento. Ma anche il 6 per cento è, per così dire, una strana scelta, perché invece i paesi in deficit non dovrebbero avere un deficit che superi il 4 per cento. Mentre i paesi in surplus possono avere un surplus del 6 per cento. Quindi questa asimmetria è già ridicola. Eppure la Germania sta violando anche questa. Ora l’avanzo delle partite correnti è, da ben da tre anni, superiore a tale limite.

Jay: Va bene. Cerchiamo di spiegarlo meglio, perché la gente che ascolta dirà, be’, perché ci dovrebbe essere un limite al surplus della Germania? Questo surplus non dimostra invece una buona gestione e un’economia e una produttività efficienti, e così via? Se è ragionevole richiedere un controllo sul deficit, non lo è altrettanto richiederlo sul surplus. Cosa rispondi a questo?

Flassbeck: Sì, questo è un approccio del tutto fuorviante. Guardate, ciò che è importante per la competitività internazionale di un paese non è la produttività in quanto tale, ma è la produttività in relazione ai salari. Questo è il concetto di costo unitario del lavoro. Quindi, se la produttività è in aumento del 5 per cento, è una cosa meravigliosa. Ma i vostri stipendi, in un’unione monetaria che ha un obiettivo di inflazione del 2 per cento, dovrebbero aumentare del 7 per cento, perché solo allora sarete alla pari con i vicini, in cui, per esempio, la produttività è in aumento, ma non del 5 per cento. Quindi questa è una regola molto semplice. Questa regola deve essere rispettata. Ognuno deve adeguarsi alla propria produttività. E anche all’obiettivo di inflazione concordata.

La Germania ha violato questa regola, non perché sia diventata più produttiva – questo, a proposito, non è vero; la Germania non è stata più produttiva, ad esempio, della Francia – ma facendo un’enorme pressione politica sui salari. Così la Germania ha determinato una svalutazione reale, per così dire, senza avere più una propria moneta, ma prodecendo esattamente lo stesso effetto. E’  quello che gli economisti chiamano una svalutazione del tasso di cambio reale, e quindi un miglioramento della competitività. E questo è chiaramente qualcosa che non può essere ripetuto da altri, perché non tutti possono svalutare, perché il concetto di svalutazione è relativo, è sempre in relazione a qualcun altro che si può svalutare, ma non tutti i paesi del mondo o non tutti i paesi dell’unione monetaria possono svalutare. E se poi ci provano,  il risultato è la deflazione. Ed è esattamente dove ci troviamo adesso. E pertanto la concezione tedesca fin dall’inizio è stata disastrosa ed è stata davvero una decisione sbagliata del governo in quel momento, il governo tedesco rosso-verde dei primi anni 2000, di fare questa enorme pressione sui salari per migliorare la competitività. Era esattamente il momento sbagliato per farlo.

Jay: Insomma, questa è una parte delle accuse verso la Germania. Gran parte dell’opinione pubblica economica tedesca si scaglia contro la Grecia per il fatto che i greci hanno permesso ai salari di salire di un qualcosa come il 20 per cento, mentre in Germania stavano scendendo. E questo, dicono, è un esempio dell’ efficienza della Germania, e dell’inefficienza della Grecia.

Flassbeck: Sì, questo è un meraviglioso esempio, perché il 20 per cento è esattamente quello che è necessario, a seconda della produttività. Ma mi permetta di portare l’esempio della Francia. Vedrà che la Francia è molto più importante della Grecia. Tutti si concentrano sulla Grecia, ma il vero problema è la Francia. La Francia ha fatto tutto bene. La Francia ha avuto un aumento della produttività dell’ 1,5 per cento. La crescita dei salari francesi è stata del 3,5 per cento. Quindi la differenza era esattamente l’obiettivo di inflazione del 2 per cento. E quindi la Francia è stata perfetta. Ma la Francia è nelle stesse difficoltà della Grecia – in linea di principio, non così gravi, ma in linea di massima hanno un enorme divario con la Germania in termini di competitività. Perché? Be’, perché anche la produttività tedesca era dell’1,5 per cento, ma i salari nominali tedeschi sono aumentati solo dell’1,5 per cento e non del 3,5 per cento, come in Francia. Così [i francesi] non hanno fatto niente, hanno fatto tutto giusto, ma sono comunque in difficoltà. Ed è qui che appare l’ingiustizia ed è assolutamente chiaro che occorre affrontare alla radice questo problema dell’unione monetaria, che non è stato affrontato nel corso dei primi dieci anni. Ma se non lo affrontiamo ora, non troveremo mai una soluzione per la zona euro. Si dimentichi della Grecia. Se Francia e Italia devono fare le stesse politiche  della Grecia, finisce con una Grande Depressione. Può immaginare cosa significa, politicamente? Sarà un disastro. Non sarà un governo di sinistra radicale che andrà al potere in Francia, ma uno di destra, e così anche in Italia.

Jay: Ora, si parla della differenza nei livelli salariali. Ma come ha fatto la Germania a mantenere bassi i salari? Non è un’economia pianificata. Voglio dire, perché gli operai tedeschi non potevano lottare per salari più alti?

Flassbeck: Be’, è facilmente spiegabile. Era, innanzitutto, negli accordi. In Germania abbiamo una lunga tradizione di accordi salariali tra  governo, datori di lavoro e sindacati. Questo è stato il primo passo, si trattava di un accordo in cui tutti concordavano che si doveva, per così dire, mantenere i nostri salari bassi per ridurre la disoccupazione, e nessuno ha pensato all’unione monetaria. E’ stato solo un caso che l’unione monetaria sia cominciata esattamente in quel lasso di tempo.

[su questo punto invitiamo a leggere l’intervista a Vladimiro Giacché, il quale spiega come aumentare la flessibilità del lavoro abbia degli effetti contrari a quelli che vengono predicati, ovvero porti ad un aumento della disoccupazione, e come dunque l’agenda Schroeder sul mercato del lavoro fosse strettamente coerente con la strategia mercantilista della Germania, ndVdE]

E poi il secondo passo è stato che in effetti il ​​governo di destra ha approvato una serie di leggi che hanno indebolito moltissimo i sindacati. E questo pacchetto di leggi non sono una singola misura, ma dieci, venti misure che tutte insieme hanno indebolito il potere negoziale dei sindacati, nel tentativo di ridurre la disoccupazione in Germania. Ma quello a cui nessuno ha pensato: che per il resto dell’Unione europea e per il resto del mondo questa è la classica politica beggar-thy-neighbour. Non dimentichiamoci degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno un permanente, enorme deficit con la Germania, perché la Germania è nascosta, per così dire, è protetta dal basso valore dell’euro. Quindi, se non ci fosse l’euro, allora è chiaro che il D-mark si apprezzerebbe nei confronti del dollaro. Ma con l’euro basso, l’euro è, per così dire, la media dei paesi più deboli e dei paesi più forti. La Germania ha il meraviglioso obiettivo di aumentare il suo surplus con gli Stati Uniti e fregare i suoi vicini, perché è assolutamente chiaro che il paese che sta aumentando nel corso del tempo il suo surplus di partite correnti  – e ha continuato a farlo per gli ultimi 10, 15 anni – questo paese ha un enorme vantaggio assoluto dal commercio internazionale, mentre tutti i suoi partner commerciali ne hanno degli effetti negativi. Il commercio internazionale non aiuta tutti; se un paese ha un vantaggio assoluto dall’aumento dei surplus delle partite correnti, gli altri paesi hanno un contributo negativo dal commercio. E quindi tutta l’idea del libero scambio è inutile e l’accordo  TTIP, per quel che riguarda i rapporti tra l’Europa e la Germania, è assolutamente inutile. E ho visto che ora è stato messo in discussione negli Stati Uniti e al Congresso, ed è giusto così, se non c’è un’idea chiara sui tassi di cambio.

Jay: Quindi, voglio dire, questo significa che l’Eurozona in realtà non ha alcun senso, che finché ci sono questi diversi stati-nazione che in fondo  sono competitivi tra loro – come possono coesistere all’interno della stessa unione monetaria?

Flassbeck: Potrebbe avere senso. Vedete, se tutti avessero obbedito a questa regola che ho detto, i salari in linea con la produttività nazionale, oltre ad un obiettivo condiviso di inflazione, be’, sarebbe stata una bella idea. Ma se un paese ha un approccio totalmente mercantilista, allora non vi è alcuna possibilità che abbia un senso. Allora non c’è modo di rimettere a posto le cose, o è molto difficile farlo, perché gli altri paesi avrebbero bisogno di massicci tagli salariali. Ma questi tagli dei salari portano alla deflazione. Quindi, se la Germania non si muove, non succederà nulla. Ed è per questo che il titolo tedesco del libro “Against the Troika“,  è “Solo la Germania può salvare l’euro” – nessun altro.

Jay: Ma non sembra che intendano farlo – almeno se si tratta della Grecia. In realtà, [i tedeschi] hanno questo consiglio dei cosiddetti saggi, questo gruppo di economisti che ha rilasciato una dichiarazione – mi pare che fosse oggi – in cui a quanto pare dicono di lasciar uscire la Grecia, che si starebbe meglio, che la migliore difesa dell’Eurozona in realtà è di lasciar uscire la Grecia.

Flassbeck: Sì. Ebbene, queste persone sono stupide. Sa, non ho nemmeno pensato a loro. Quello è un club di economisti conservatori estremamente radicali che non hanno nessuna idea sul mondo e sulle importanti relazioni internazionali. Quindi non vale la pena…ignorateli.

Ma ciò che è veramente drammatico è la negazione collettiva della posizione che la Germania ha assunto nell’unione monetaria fin dall’inizio. In Germania  – nei mass media e nei media più importanti, tutti cercano di difendere la posizione tedesca – tutti gli altri hanno torto, solo la Germania ha capito tutto fin dall’inizio. E questo è un disastro. Sa, se una società ha vissuto in democrazia per più di 50 anni e si considera una società aperta,  in cui tutti possono discutere liberamente di tutto, e poi c’è un tale rifiuto collettivo di un fatto molto semplice, allora davvero la situazione sta diventando critica, e molte persone ne sono davvero frustrate.

 


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