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Finanziamento pubblico ai partiti: indispensabile strumento democratico.

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Ultimamente sentiamo spesso “abbaiare” contro il finanziamento pubblico ai partiti. Uso questo termine perché ormai il dibattito su qualsiasi tema di pubblico interesse si riduce a questo. Due fazioni che strillano senza alcun confronto sui contenuti.

Anche per il tema del finanziamento pubblico è la corruzione, fenomeno certamente deprecabile e da condannare (anche se con la crisi economica non c’entra nulla), che porta a demonizzare uno strumento, che invece risulta essere assolutamente indispensabile per la democrazia.

L’art. 49 Cost. recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Trattasi della più importante forma di democrazia diretta prevista nel nostro ordinamento. Ogni cittadino che lo desidera ha il fondamentale, ed inalienabile, diritto di associarsi con chi la pensa come lui e provare a raccogliere il consenso degli elettori per concorre, democraticamente, alla politica nazionale.

Ovviamente, al fine che tale diritto esista e sia reale, è assolutamente necessario un sostegno economico. La forma più logica, liberale ed egualitaria per dare questo sostegno è certamente lo strumento del finanziamento pubblico. Questo serve a fare in modo che le forze politiche concorrano su un piano di parità nella corsa alla determinazione delle scelte di interesse nazionale.

C’è chi dice che questo strumento deve essere abolito perché è uno spreco di risorse. Che siano i privati a finanziare i partiti, dicono. Ma vi siete mai davvero fermati un secondo a domandarvi cosa comporta tutto questo?

Provate a lasciar perdere il fastidio (sacrosanto) verso chi ha usato per fini personali i soldi pubblici e ragioniamo sui fatti. Se, tanto per fare un esempio, una grande banca d’affari può liberamente finanziare un partito, voi pensate davvero che i suoi componenti agiranno sulla base delle proprie idee? Pensate davvero che saranno indipendenti da chi elargisce i fondi necessari alle loro campagne elettorali? La risposta negativa è ovvia, agiranno necessariamente sulla base delle direttive del finanziatore, non potranno permettersi di perderlo. Pensate che negli ultimi vent’anni i fondi privati andati ai partiti sono oltre 1,5 miliardi di euro (fonte “La Repubblica”), innegabile che una simile montagna di denaro abbia distorto l’inter democratico nazionale.

Insomma, se un privato finanzia un partito, lo fa per un scopo preciso, affinché il partito stesso porti avanti i suoi interessi. Pertanto è necessario, affinché un movimento politico continui a perseguire i propri ideali fondativi, che non venga finanziato da poteri di diverso tipo. Il finanziamento pubblico, se ben calibrato, è uno strumento irrinunciabile.

Quando parlo di buona calibratura mi riferisco ovviamente alla possibilità che davvero tutti concorrano, se lo desiderano, alla vita politica del Paese associandosi. Dunque l’aiuto di Stato deve arrivare fin dalla nascita del partito sulla base di precisi requisiti legati alla dimensione numerica degli aderenti allo stesso e, successivamente, dei risultati elettorali eventualmente raggiunti.

Solo così può esserci democrazia. Il finanziamento pubblico va potenziato e meglio regolamentato, mentre il finanziamento privato va radicalmente bandito, deve diventare un grave reato.

Se oggi assistiamo a “lobby” che guidano la politica, non è solo per le strampalate convinzioni di Renzi e Mattarella, ma è anche per il fatto che esse possono determinarne i programmi grazie al loro peso economico. Se oggi abbiamo una sinistra che tutela il super capitalismo contro i lavoratori è anche per questo… Con buona pace della Costituzione e del buon senso.

Riflettiamo!


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