Cultura
Felice Orsini: il patriota attentatore che fece un grande favore a Cavour
La differenza fra un rivoluzionario (si fa per dire) moderno e uno antico la può mostrare la figura di Felice Orsini, il patriota italiano che attentò alla vita di Napoleone III, ma, paradossalmente, lo aiutò a convincersi ad aiutare la causa italiana.
Orso Teobaldo Felice Orsini nacque nel 1819 a Meldola, una cittadina romagnola dello Stato Pontificio, sulle prime pendici dell’Appennino forlivese, città che diede i natali a significative figure del Risorgimento italiano, come Piero Maroncelli ed Aurelio Saffi, importante per i suoi mercati e per la produzione e commercio della seta. Orsini era un carattere forte, figlio di Andrea, ex ufficiale napoleonico e carbonaro, mandato all’esilio e che lo aveva affidato al fratello Orso, che lo allevò a Imola come se fosse figlio proprio.
A Bologna lo ha conosciuto lo scrittore e gastronomo Pellegrino Artusi (1820-1911), allora solo un timido giovane romagnolo di Forlimpopoli, che lo ricorderà come un giovane imprudente, sempre intento a parlare di politica e di cospirazioni, e lo associerà ad una delle ricette della sua famosa Scienza in cucina.
Dopo essersi laureato ed aver intrapreso la professione di avvocato, partecipò ai moti di Romagna dell’agosto 1843. Successivamente fondò la nuova società segreta “Congiura Italiana dei Figli della Morte”, attività per la quale fu condannato all’ergastolo, da scontarsi nel forte pontificio di Civita Castellana, nell’alto Lazio, ma fu liberato nel 1848.
Tornato a Firenze, il 28 giugno 1848 si sposò con Assunta Laurenzi. Seguace di Giuseppe Mazzini, svolse attività rivoluzionarie nello Stato della Chiesa e nel Granducato di Toscana. All’inizio del 1849 Orsini fu eletto deputato all’Assemblea Costituente della Repubblica Romana, nel collegio della provincia di Forlì, ma l’intervento dell’esercito francese a sostegno del Papa l’obbligòa fuggire, e di questo non perdonò mai il capo del governo francese Napoleone III.
Nel marzo 1850 si stabilì a Nizza, città al tempo compresa nel Regno di Sardegna, dove aprì un’attività di copertura, la ditta “Monti & Orsini”, dedicata alla vendita della canapa prodotta e commerciata dallo zio Orso, e che comunque gli fruttò bene.
La tranquilla vita da commerciante non gli si addiceva: accettò la richiesta di Mazzini di guidare, nel settembre 1853, un tentativo insurrezionale nella zona di Sarzana e Massa, in Lunigiana. L’azione fallì sul nascere; Orsini decise quindi di trasferirsi a Londra sotto la protezione del suo maestro, lasciando la sua famiglia a Nizza.
Nel 1854 preparò altri due tentativi insurrezionali, di stampo mazziniano, in Lunigiana e in Valtellina, entrambi senza fortuna. Durante un suo viaggio clandestino nell’Impero asburgico come agente mazziniano, venne arrestato in Ungheria il 17 dicembre 1854 e rinchiuso nelle carceri austriache del Castello di San Giorgio a Mantova. Orsini fu protagonista di una rocambolesca fuga, nella notte tra il 29 e il 30 marzo 1856, grazie all’aiuto della facoltosa Emma Siegmund, che riuscì a corrompere i carcerieri e ad accompagnarlo in carrozza fino a Genova, da dove s’imbarcò per l’Inghilterra.
Lì Orsini si rese conto di essere ormai diventato celebre in quel Paese e decise di stabilirsi a Londra, accettando la generosa offerta di un editore per scrivere le sue memorie che pubblicò nei volumi Austrian Dungeons in Italy, del 1856, e Memoirs and Adventures dell’anno successivo. Qui si distaccò da Mazzini e diventò un rivoluzionario autonomo dal maestro.
Decise di proseguire la sua attività cospirativa cominciando ad organizzare l’assassinio di Napoleone III, con l’obiettivo ambizioso – ma illusorio – di innescare una rivoluzione in Francia che potesse propagarsi anche in Italia. Orsino accusava poi Napoleone di aver tradito la causa italiana con la repressione della Repubblica Romana. In gioventù Napoleone III era stato iscritto alla Carboneria, come lo era il padre di Felice, Andrea, che era tra l’altro morto nel 1857 e all’epoca si diceva che la Carboneria non risparmiasse i traditori. Tre anni prima Napoleone era sfuggito all’attentado di Giovanni Pianori.
Raggiunta Parigi dopo aver reclutato altri congiurati, tra i quali il lucchese Giovanni Andrea Pieri, il nobile bellunese Carlo Di Rudio e il napoletano Antonio Gomez, la sera del 14 gennaio 1858 verso le ore 20:30 il gruppetto riuscì a scagliare tre bombe contro la carrozza dell’imperatore, giunta tra ali di folla all’ingresso dell’Opéra lirica di rue Le Peletier per assistere alla rappresentazione del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini.
La sera del 14 gennaio l’Imperatore Napoleone III e la consorte, mentre si recano al Teatro dell’Opera a Parigi, vengono fatti segno di numerosi colpi di pistola e di bombe, ma la carrozza “Blindata”, resiste alle bombe e ai proiettili, ma molti soldati e persone vengono uccise o ferite.
La vicenda del processo ai congiurati del 14 gennaio è molto seguita in città e Felice riesce a farsene protagonista. La lettera scritta da Orsini all’imperatore a favore dell’indipendenza italiana, senza mai chiedere la grazia, e la difesa del celebre avvocato Jules Favre destano grande impressione nella pubblica opinione e nell’Imperatore. Pare che i ministri abbiano dovuto fermare la mano dell’Imperatore, che voleva graziarlo Motu Proprio. Su Napolleone deve anche aver pesato l’implicito richiamo alla Carboneria, al tradimento della sua missione e al fatto che, prima o poi gliela avrebbero fatta pagare.
Il ricorso è però rigettato e il patriota romagnolo, assieme al suo complice Giovanni Andrea Pieri, vengono giustiziati il 13 marzo in piazza della Roquette, davanti a un’immensa folla, e le sue ultime parole prima di porre il collo al boia, furono “Viva l’Italia, Viva la Francia”. La lettera fu diffusa in migliaia di esemplari anche a Bologna.
«Sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre.» (dalla lettera di Felice Orsini a Napoleone III)
Il 21 luglio dello stesso Napoleone III e Cavour si incontrarono a Plombières les Bains e concordarono le mosse che portarono alla nascita dell’Italia indipendente. Felice Orsini era spiritualmente lì.
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