Economia
Fatturato di imprese e professionisti in crescita nel 2025

Mentre ancora non si sono spenti gli echi delle tensioni per la manovra di bilancio dopo il ritiro del maxiemendamento che aveva fatto infuriare la Lega. Le opposizioni gridano alla sciatteria e alla formulazione di una manovra che non aiuta le imprese e il ceto medio. Ma i fatti raccontano una realtà ben diversa.
Innanzitutto, come ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, le misure per le imprese ritornano sotto forma di un altro maxiemendamento, «depurato delle misure sulle pensioni per quanto riguarda le coperture, che dovrebbero ora arrivare «da piani Inps e alcuni investimenti». Dentro il nuovo pacchetto atteso in Commissione bilancio al Senato tornano i crediti d’imposta per la Zona economica speciale (Zes) e Transizione 4.0, il fondo contro il caro materiali nei cantieri e l’adesione automatica alla previdenza complementare per i neoassunti. Ciriani spiega che «non si tratta di aggiungere argomenti nuovi, ma di correggere le coperture di un testo che la commissione ha già visto e ha già subemendato».
Mentre invece per quanto riguarda le accuse di un paese immobile dal punto di vista economico, i dati rilasciati due giorni fa da Unimprese, nel suo report annuale evidenziano una situazione assai differente. “Il 2025 sta segnando un netto cambio di passo per l’economia italiana, anche grazie a un contesto di politica economica che, pur tra molte cautele, risulta meno restrittivo rispetto al biennio precedente.” si legge nel lungo rapporto dell’associazione.
Nei primi nove mesi dell’anno, il fatturato di imprese e professionisti registra un aumento complessivo di 63,5 miliardi di euro, pari a una crescita del 2,6% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Il totale degli incassi sale così da 2.402,7 miliardi a 2.466,2 miliardi di euro, interrompendo la fase di rallentamento osservata lo scorso anno (-32 miliardi da gennaio a settembre 2024) e restituendo un quadro di ripresa più diffusa e strutturata, sostenuta dal progressivo rientro dell’inflazione, da un quadro monetario meno penalizzante e dal dispiegarsi degli effetti delle politiche di sostegno agli investimenti.
a crescita riguarda la maggior parte dei comparti economici, a conferma del fatto che gli strumenti di politica industriale, gli incentivi agli investimenti e la maggiore stabilità delle aspettative stanno producendo effetti concreti sul tessuto produttivo.
In valore assoluto, il contributo più significativo arriva dal settore dell’energia, con la fornitura di elettricità e gas che aumenta di oltre 26 miliardi di euro, segnando un progresso superiore al 15%. Una dinamica che è figlia sia del riequilibrio dei prezzi dopo le tensioni energetiche degli anni precedenti sia di un aumento dei volumi legato alla ripresa dell’attività economica e industriale, favorita da una politica economica basata su incentivi fiscali e sostegni alle imprese.
Sono i dati principali del termometro dell’economia realizzato dal Centro studi di Unimpresa sulla base della fatturazione elettronica nei primi nove mesi del 2025, tornano a crescere anche le costruzioni, che superano la soglia dei 200 miliardi di euro con un incremento prossimo al 6%, beneficiando della tenuta degli investimenti infrastrutturali, delle misure di supporto al settore e di un graduale miglioramento delle condizioni di accesso al credito.
L’agricoltura registra un aumento vicino al 7%, attestandosi oltre i 63 miliardi, sostenuta dalla valorizzazione delle filiere agroalimentari, dalle politiche di tutela del made in Italy e dalla buona performance dell’export.
Il manifatturiero, dopo le difficoltà del 2024 legate alla debolezza della domanda estera e al rallentamento dell’industria europea, rientra in territorio positivo con una crescita seppur contenuta, pari a poco più dello 0,3%. Un segnale che indica una fase di stabilizzazione, favorita dal graduale recupero della domanda interna e dalle politiche di sostegno alla competitività delle imprese.
Il commercio, primo comparto per volume di fatturato, cresce di quasi l’1%, raggiungendo 656 miliardi di euro, sostenuto dalla maggiore tenuta dei consumi e da un parziale recupero del potere d’acquisto delle famiglie.
I servizi continuano a rappresentare un pilastro della crescita. Le attività finanziarie e assicurative crescono di oltre il 6%, anche per effetto dell’elevata operatività legata alla gestione del risparmio e del credito; la sanità aumenta di quasi il 6%, riflettendo l’incremento strutturale della spesa sanitaria; mentre il comparto turistico beneficia della normalizzazione dei flussi e della competitività dell’offerta italiana. Restano invece in flessione l’immobiliare, che registra una contrazione superiore al 17%, penalizzato dall’eredità di tassi ancora elevati e dal rallentamento delle compravendite, e pochi comparti residuali.
I dati sulla fatturazione elettronica dei primi nove mesi del 2025 insomma restituiscono un’immagine incoraggiante dell’economia italiana, frutto della capacità delle imprese e dei professionisti di operare con resilienza e delle misure introdotte dal governo guidato da Giorgia Meloni. Così, dopo un periodo complesso, il sistema produttivo dimostra di saper reagire, con una crescita diffusa che attraversa settori e territori. È un segnale di vitalità che va riconosciuto e consolidato. Colpisce in particolare la performance del Mezzogiorno, che mostra tassi di crescita superiori alla media nazionale. Campania, Sicilia, Sardegna, Calabria e Basilicata dimostrano che, quando le condizioni di contesto migliorano, il Sud è in grado di esprimere dinamismo economico, attrarre investimenti e rafforzare il proprio tessuto imprenditoriale.
Ed a proposito di Sud Italia, c’ un altro rapporto di Mediobanca che evidenzia ancora una volta come le politiche del governo ( Zes unica e decontribuzione, oltre ai progetti finanziati con il Pnrr) siano riuscite, dopo decenni, a rendere il mezzogiorno d’Italia la vera locomotiva economica del paese. Le medie imprese del sud, infatti, continuano a crescere: si pensi che nel 2025 due imprese su tre prevedono una crescita del fatturato. Inoltre, l’80% di esse è pronto ad aprirsi a nuovi mercati entro due anni, anche per compensare le scosse dovute ai dazi Usa. Un quarto punta sulle rinnovabili contro il caro energia. Nel complesso sono più ottimiste sull’andamento del proprio giro di affari. Questo è il quadro che emerge dal rapporto “Scenario competitivo, ESG e innovazione strategica nelle medie imprese del Mezzogiorno” curato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere e presentato a Matera.
Nel 2024 il fatturato delle medie imprese del Mezzogiorno è cresciuto dell’1,8% (contro un calo dell’1,7% delle altre aree del Paese), dopo un aumento complessivo del 78,1% registrato nell’arco del precedente decennio (vs il 52,8% degli altri territori). Anche nel 2025 il trend resta positivo: il 65,4% di queste realtà del Sud prevede di chiudere con un aumento del fatturato (contro il 55,4% di quelle del Centro-Nord). Guardando al futuro, nei prossimi due anni, per rispondere alle criticità del contesto – a partire dai dazi – il 79,6% delle Mid-Cap meridionali dichiara di voler espandere la propria presenza in nuovi mercati (contro il 68,3% riferito alle altre aree). Inoltre, per supportare la propria transizione ecologica, tre imprese del Mezzogiorno su quattro puntano a ridurre le fonti fossili e ad adottare energie rinnovabili (contro il 66,6% del resto d’Italia).
Insomma considerando anche le difficoltà del quadro geopolitico ed economico generale, con la Germania, primo mostro partner commerciale, in crisi profonda da due anni e la Francia che non riuscirà nemmeno a presentare la legge di bilancio, accusare il governo di mancanza di una politica economia appare una notizia fortemente esagerato, come diceva Mark Twain a proposito di quella relativa alla sua morte, se non addirittura strumentale.










You must be logged in to post a comment Login