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FATE PRESTO…MA DAVVERO (di Fabio Dragoni ed Antonio Maria Rinaldi)

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Pubblicato su LA VERITA’ del 10 luglio 2018

Siamo arrivati al bivio: o l’Unione Europea prende atto dei suoi errori – a partire dal tradimento dei principi ispiratori del Trattato di Maastricht- o chiuderà bottega. L’articolo 3 del Trattatoprevedeva infatti che tutti i Paesi membri si adoperassero per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato fatto di piena occupazione e progresso sociale. Le elìte che invece hanno preso il timone dell’Europa hanno fin da subito stravolto questa impostazione occupandosi dei pochi a discapito dei molti.Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, è stato attivato una serie di “piloti automatici” con il palese obiettivo di cacciare fuori la politica dalla tolda di comando della nave. Ma solo la politica può porre in esseretutte quelle azioni necessarie a contrastare gli sfavorevoli andamenti del ciclo economico che periodicamente si verificano a causa del naturale scoppio delle crisi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Parlamenti nazionali esautorati e governi spodestati. Gli unici che invece avrebbero potuto porre un argine alle asimmetrie ed agli shock della crisi continuando a rispondere ai propri elettori.Le Istituzioni dell’Unione Europea hanno generato mostruosi meccanismi bio-giuridici nei quali finiva volutamente intrappolata la sovranità del popolo. Che però ha reagito esprimendo in Italia con il voto del 4 marzo un governo che rappresenta la maggioranza assoluta degli elettori. Cosa che non avveniva dall’ormai lontano 1987. Ma è sul terreno dell’economia ancor prima che quello della sicurezza che questo esecutivo deve subito giocare le sue carte. Stavolta serve veramente titolare a caratteri cubitali FATE PRESTO.

Come a più riprese sottolineato dal viceministro all’economia Massimo Garavaglia, occorre interpretare in maniera estensiva l’articolo 81 della Costituzione. La prassi amministrativa affermatasi a partire dal 2012 prevede infatti che le pubbliche amministrazioni non possano in pratica ricorrere al debito per fare investimenti. Come se per acquistare una casa fosse vietato contrarre un mutuo. A questo si è aggiunta la cosiddetta “armonizzazione”. Una roba che “suona intelligente” ma che di fatto significa che per fare gli investimenti si possa far ricorsosoloall’avanzo di bilancio dell’esercizio in corso. In pratica non potremmo neppure acquistare una casa con i risparmi di una vita ma solo con quelli dell’ultimo anno. Risultato? Zero investimenti pubblici. Le infrastrutture cedono ed il PIL rimane al palo. Da qui al 2030, sempre secondo il vice ministro, sono già stanziati oltre 80 miliardi di investimenti che però non si realizzeranno senza un’intelligente reinterpretazione del principio del pareggio di bilancio sciaguratamente introdotto in costituzione nel 2012. Va rivisitato il codice degli appalti che ha finito per ingessare tutta l’attività di programmazione ed attuazione degli investimenti pubblici. Una legge scritta con i piedi e comunque sempre a favore delle grandi imprese anziché delle piccole e micro imprese che rappresentano oltre il 95% del nostro tessuto produttivo.

La politica deve interpretare al meglio il suo ruolo con un rinnovato sistema di partecipazione statali anche attraverso società miste pubblico-privato che sappiano valorizzare l’immenso patrimonio di ingegneria impiantistica che ha fatto grande questo paese nel mondo.

Serve togliere potere decisionale al centro e ridarlo alle periferie dell’Amministrazione: Comuni, Province e Regioni che possono sapere, al contrario del Ministero, quali strade devono essere sistemate; quali scuole ammodernate; quali fiumi ripuliti. Serve tornare di prepotenza allo strumento della trattativa diretta a costo di pagare dazio per episodi veri o presunti di corruzione o concussione. Ma la politica deve accelerare per combattere la sua guerra contro la miseria. 5 sono i milioni di italiani in povertà assoluta. Una regione più grande del Veneto. Ed altri 18 ne sono a rischio. Una tragedia sociale senza precedenti nella storia di cui la politica deve farsi carico ora.

E sempre alla politica tocca fare piazza pulita dei tanti contenziosi fiscali e contributivi che tormentano i cittadini facendosi carico di spiegare che un concordato saldo e stralcio (anche con percentuali del 10%) non è un condono dal momento che chi ha un debito con l’erario o l’INPS non è un evasore bensì un contribuente che ha dichiarato tutto ma senza soldi per pagare. E mentre le banche sono costrette a cedere a valori inferiori al 20% i crediti deteriorati ad operatori specializzati per pulire i loro bilanci, la politica ha il dovere di dare ai debitori ceduti la facoltà di riscattare quel credito entro un ragionevole termine di 90 giorni pagando una maggiorazione del 10% sul prezzo di acquisto così pagando –nel caso la cessione sia avvenuta al 20% del valore nominale- un 22%. Il debitore riacquisterà la propria verginità bancaria, l’acquirente avrebbe un ritorno del 40% su base annua del sull’investimento e la banca avrebbe comunque ripulito il proprio stato patrimoniale. Tocca infine alla politica, anche se non previsto nel contratto di governo, spiegare che bisogna eliminare ogni limite all’uso del contante.La misura favorirebbe il rilancio dei consumi che -ricordiamolo- da soli rappresentano il 60% del PIL. Peraltro molti sono i paesi in Europa che non pongono limiti all’uso del contante. Uno su tutti la Germania. Giustificare la presenza di questa norma liberticida con l’assunto che solo così si possano combattere evasione –o peggio ancora la criminalità organizzata- è una monumentale scemenza. Sono le tasse (troppe e troppo alte) unite ad una situazione di disagio e povertà a costringere i contribuenti a nascondere spesso e volentieri i redditi al fisco. A meno che non vi sia qualche fesso che armato di baionetta voglia colpire il vero cancro di questo Paese: i professori che incassano in nero due ore di ripetizione. Quanto alla scusa di combattere la criminalità organizzata viene da ridere al solo pensiero che un carico di cocaina  del valore di tre milioni di euro non passi di mano perché in Italia non sono consentite transazioni per contanti del valore pari o superiore a 3.000 euro. E già che siamo in argomento toccherebbe alla politica prendere una decisione altrettanto impavida come incentivare i cittadini a versare sui conti correnti l’enorme quantità di denaro attualmente presente nelle cassette di sicurezza delle banche.Un importo tempo fa stimatodal Procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco fra i 150 ed i 200 miliardi. Tutto questo potrà essere possibile solo e soltanto in presenza di una radicale trasformazione del sistema impositivo quale quello che l’attuale esecutivo sta studiando di attuare. Ovviamente pagando una giusta commissione di intermediazione allo Stato.Certo per incoraggiare tutto questo occorreabolire tante scemenze approvate in passato ed a palese rischio di incostituzionalità. Una su tutte tosare i risparmiatori dei propri depositi grazie al bailin. Insomma alla politica tocca fare tanto ma non certo recitare la parte di Don Abbondio. Quello che: “se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare”.


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