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#FACCIAMORIDE Ovvero la comunicazione non può trascendere da contenuti e credibilità

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#FACCIAMORIDE

Se c’è uno strumento democratico, quello è il web. Ha messo in scacco i giornali di partito, le televisioni, le lobby. Perché il web è libero, trasversale, accessibile a tutti e la voce di chiunque, in rete, può essere ascoltata. La rivoluzione delle idee e della comunicazione.

Qualcuno lo ha saputo abilmente sfruttare. E’ così che è nato il “partito dal basso”, il Movimento a 5 Stelle, ora al Governo. Un fenomeno da subito ridicolizzato che è scoppiato sotto lo sguardo attonito di giornalisti e politici che avevano perso il treno che passava, anzi non avevano proprio sentito arrivare.

Buon secondo Matteo Salvini, che lo sa cavalcare ancora meglio, non come amplificatore della voce delle masse, ma come one man show, come loro rappresentante, il Capitano.

Il web è un’arma per tutti, ma quanto e come colpisca il bersaglio, dipende dall’abilità di chi la usa.

Il grido di dolore del primo mortalmente colpito, all’indomani del referendum del 4 dicembre 2016, è stato di Matteo Renzi: “Abbiamo perso per colpa del web”. Da qui la necessità impellente di correre ai ripari e rispondere con le stesse armi. E fu così che il rignanese, seppur sanguinante, iniziò a preparare la geniale controffensiva reclutando mercenari ideologici che come unica ricompensa avevano l’onore di appartenere alla brancaleonica masnada di un ducetto dalle idee confuse: arrogante, presuntuoso, per nulla empatico, vile verso gli avversari, poco chiaro negli intenti poiché i suoi veri intenti erano ai più inconfessabili. E mentre questa massa di pistoleri a casaccio ha iniziato a muoversi pedestremente sul web, più volte sparandosi sui piedi o tirando colpi a vuoto, il loro generale ha continuato a farsi i cazzi suoi, spesso deleteri per loro, senza fornire indicazioni precise. Se non: credere, obbedire, retwittare.

In quindici mesi i brancaleonici hanno fatto il loro dovere e hanno dimostrato a tutti di che pasta son fatti. Tanto è vero che gli italiani il 4 marzo li hanno seppelliti nelle urne.

E qui si è alzato il livello dello scontro. Messi in ridicola minoranza i fallimentari pistoleri hanno avuto finalmente un nemico chiaro e comune da odiare, che compattasse le truppe: i partiti di Governo. Ora sapevano dove andare. Non come, ma dove.

Il come lo si è deciso sfruttando il ben noto meccanismo dei neuroni specchio. “Non so perché, ma se uno del mio gruppo dice che va fatta una “cosa” anche io la faccio e la retwitto e dico agli altri di farlo”.

La “cosa” da fare non esiste in realtà. Il programma dei battaglioni finalmente organizzati si può riassumere con la semplice attitudine all’essere vili, tirare colpi bassi, calunniare, diffondere fake news. Il tutto in preda ad una curiosa dissociazione mentale che attribuisce all’orrido nemico esattamente i propri comportamenti: “razzisti, fascisti, populisti, coglioni, assassini, devastatori dell’Italia e delle future generazioni”. Nessun programma, nessuna proposta, nessuna soluzione. Lo scopo è solo annientare il nemico senza chiedersi cosa vorrebbero o saprebbero fare loro al suo posto. (anche perché si è già visto)

Il popolo dei mercenari web del PD è la perfetta copia propri rappresentanti politici, che dallo scranno parlamentare impestano il web con tweet e post di una piccineria imbarazzante.

Questa incapacità nell’usare le armi, o semplicemente questa amplificazione della loro tragica essenza, ha continuato a far perdere consensi allo schieramento che per convenzione chiameremo di sinistra. Per arginare il problema del morale in picchiata delle truppe ormai in confusione, gli accont ufficiali del partito hanno dapprima bloccato tutti gli account non allineati alla “cosa”. Migliaia di account bloccati da un profilo di partito, che fino a prova contraria dovrebbe essere accessibile a tutti i cittadini che pagano lautamente il loro stipendio. In secondo luogo “sono apparse” delle vere e proprie liste di proscrizione dove venivano segnalati i nomi e gli IP di 1000 pericolosi “nemici del popolo”. Terza fase, la creazione di hashtag di appartenenza, tipo #facciamorete con il compito di diffamare e segnalare in massa sino al blocco del profilo, i non allineati. Le parole d’ordine con cui si riconoscono tra loro queste scimmie ammaestrate da tastiera sono dei concetti che hanno deciso di autoattribuirsi d’ufficio del tipo: antifascista, restiamoumani, volemose bene, w la France, w la UE, sonocittadinodelmondo e altre banalità che spiegano indiscutibilmente che loro sono buoni e gli altri cattivi. Così, a cazzo.

Ora è in questo clima di maccartismo e viltà che si sta tenendo l’ultima battaglia in vista delle prossime elezioni europee. La tattica di guerra sembra quella di un esercito che si ritira dietro le proprie fortificazioni, dopo aver devastato e zittito durante il percorso interi villaggi di persone che stavano utilizzando il web per informarsi, divertirsi, analizzare le notizie. Colpiti alle spalle, al buio, segnati con i marchi dell’infamia stabiliti da loro. Da twitter si alzano i loro diktat: “Isoliamoli, blocchiamoli, segnaliamoli!” Una tragica ritirata che loro continuano a narrare come marcia trionfale, l’illusione di isolare senza rendersi conto di essersi isolati in una bolla ormai tutta loro. Dove ci sono solo loro che ridono felici all’esito del sondaggio che li vede stravincere le elezioni, e che hanno votato solo loro, mentre si congratulano tra di loro, dove si felicitano per l’ennesimo nemico fatto bloccare grazie al loro incessante latrare cazzate agli admin di twitter. Sono supportati da tv, giornali, trasmissioni farlocche, dalla satira ormai stonatissima. E si sentono felici e vincenti.

Ma intanto hanno impestato con la puzza delle loro maleodoranti psicopatologie comportamentali la serena diffusione delle informazioni.

Come quel giapponese che scoprì solo anni ed anni dopo che la seconda guerra mondiale era finita, poiché nascosto tra le frasche di un’isola, passeranno mesi prima che si rendano conto di aver perso anche le elezioni europee. Altri mesi prima di capire a quale nuovo gruppo appartenere per darsi un senso, e un paio di giorni per mettersi d’accordo, sempre con meno convinzione, su quale nuovo ridicolo hashtag utilizzare per riconoscersi ancora, i pochi rimasti, nonostante i lineamenti ormai deturpati, le bio modificate, le foto sostituite, le bandierine ammainate.


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