Attualità
Facciamo una (brutta) previsione internazionale per il 2023…
Facciamo una previsione azzardata per il 2023. Prendetela come un gioco, o come un avviso di quello che potrebbe accadere nel 2023, basato però su fatti reali. A ottobre, il Presidente cinese Xi Jinping ha completato con successo la propria relazione al 20imo congresso del PCC ed è stato confermato per la terza volta come segretario del partito con un mandato quinquennale, oltre che presidente della Commissione Militare Centrale.
Questo risultato ha innalzato Xi all’esaltazione di Mao Zedong. È “imperatore a vita” ella Cina, apparentemente inattaccabile. L’evento ha anche sottolineato la posizione del PCC sull’”Unica Cina”, secondo cui l’unificazione di Taiwan è “un requisito naturale per realizzare il ringiovanimento della nazione cinese”. Xi e il PCC considerano Taiwan come un affare incompiuto di Mao.
Il giorno di Natale la Cina ha inviato 71 jet da combattimento e sette navi vicino a Taiwan. Molti di questi caccia hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan. L’esercito taiwanese ha contato 47 jet che hanno violato la linea di confine de facto.
Questa dimostrazione di forza è stata la risposta alla firma da parte del Presidente Biden sul National Defense Authorization Act 2023, che include 10 miliardi di dollari di assistenza militare a Taiwan. Una reazione simile si è scatenata in estate a seguito della visita a Taiwan della Presidente della Camera Nancy Pelosi.
Più o meno contemporaneamente alla visita di Pelosi, presso il Center for Strategic and International Studies sono stati condotti giochi di guerra simulati di un’invasione cinese di Taiwan. I risultati sono stati pessimi sia per la Cina sia per gli Stati Uniti.
Certamente, un’invasione di Taiwan attraverso lo Stretto di Taiwan da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) cinese sembra un evento improbabile in questo momento, esattamente come lo era anche che i carri armati russi attraversassero il confine con l’Ucraina, fino a pochi istanti prima che ciò accadesse.
Secondo JPMorgan, “mentre il mondo è a corto di materie prime, la Cina non lo è, dato che ha iniziato ad accumulare materie prime dal 2019 e attualmente detiene l’80% delle scorte globali di rame, il 70% del mais, il 51% del grano, il 46% della soia, il 70% del petrolio greggio e oltre il 20% delle scorte globali di alluminio”.
Perché la Cina sta accumulando quantità così massicce di materie prime?
Allo stesso tempo, le sanzioni statunitensi contro la Russia hanno avuto la conseguenza involontaria di costringere Cina e Russia a una cooperazione strategica. Per tutto l’anno la Russia ha venduto petrolio alla Cina in cambio di yuan e un giorno si e l’altro pure la Russia continua a riassicurare sulla solidità d’acciaio del proprio rapporto con Pechino.
Inoltre, Xi ha recentemente incontrato in Arabia Saudita il principe ereditario Mohammed bin Salman e altri leader arabi del Golfo. In una sfida diretta al petrodollaro, Xi ha dichiarato che la Cina si impegnerà ad acquistare petrolio e gas dai Paesi arabi in yuan. In pratica la Cina sta creando una rete globale per la fornitura della materie prime a lei necessarie.
Può trattarsi di una politica normale di diversificazione dei rapporti e di assicurazione delle forniture strategiche, oppure può essere qualcosa di ben diverso, cioè la preparazione ad un conflitto che avrebbe come cuore l’oceano Pacifico, un confronto strategico con gli USA e i suoi alleati. La Cina è già la sede del 70% delle scorte di frumento mondiali, e delle maggiori scorte di materie prime. Ha costruito una propria catena di approvvigionamento staccata dai paesi occidentali. Questa può essere prudenza, o la preparazione di una strategia che le permetta di sopravvivere a lungo in caso di conflitto, imparando dagli errori commessi dalla Russia.
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