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Eurostat: Italia ha la più alta percentuale di disoccupati che sono diventati inattivi

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Eurostat

Secondo il report appena uscito sui flussi del lavoro in Europa di Eurostat, l’Italia con il 35,7% è il Paese in cui è maggiore la percentuale di disoccupati che dal primo trimestre del 2015 al secondo sono passati ad essere inattivi. La media UE è del 16,8%.

Per inattivi si intende quella parte della popolazione attiva (15/74 anni) che, per qualsiasi motivo, non sono o non sono più alla ricerca di un lavoro: ad esempio perché sono studenti, pensionati, hanno rinunciato a cercare un lavoro, o non lo vogliono, o sono diventati casalinghi/e.

Normalmente gli inattivi, tranne gli studenti ed i pensionati che sono più o meno in numero costante nel breve, sono persone che hanno rinunciato ad entrare nel mercato del lavoro in quanto sfiduciati di poterne trovare uno. Un forte aumento tra un trimestre e l’altro significa pertanto che sono aumentati di molto quelli che hanno abbandonato, almeno temporaneamente, la prospettiva di un impiego.

Secondo il report i disoccupati che hanno trovato un impiego (tecnicamente per impiego si intende almeno un ora lavorata nella settimana di riferimento statistico) tra il primo ed il secondo trimestre del 2015 sono il 16,1%, sotto la media UE che è il 18,6%. Peggio di noi solo Grecia (8,6%), Bulgaria (10,7%), Slovacchia (13,4%) e Polonia (15,8%). Il maggior incremento di occupazione si è avuto nel periodo in Islanda (49%), Danimarca (38,4%), Svizzera (34,8%) e Svezia (29,6%).

In Italia quindi le riforme del mercato del lavoro non sembrano per adesso aver portato ad un incremento significativo degli occupati (ricordiamo che per l’ISTAT il saldo netto era di 92.000 unità circa), ed il clima di sfiducia a breve/medio termine sulla possibilità di ripresa economica, nonostante i fin troppo sbandierati segnali di lieve inversione di tendenza, stanno portando ad una radicalizzazione della disoccupazione con la rinuncia a cercare un lavoro, cosa che migliora le statistiche della disoccupazione “attiva”, che considera disoccupato chi comunque è alla ricerca fattiva di un lavoro, iscrivendosi nei centri di collocamento, statistiche spesso utilizzate dal Governo per i suoi proclami di ripresa economica, ma, in realtà, peggiora fortemente le prospettive future del Paese.

 

 


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