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Analisi e studi

Eurogruppo del 21/6. Tria deve dire NO al FME e al ministro unico delle finanze. Deve invece proporre BCE prestatrice illimitata di ultima istanza dipendente dal Parlamento Ue (di Giuseppe PALMA e Paolo BECCHI su Libero)

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Articolo a firma di Giuseppe PALMA e Paolo BECCHI su Libero di oggi, 20 giugno 2018 (a pagina 6):

Si inizia a fare sul serio. Domani il neo-ministro dell’economia Giovanni Tria farà il suo esordio all’Eurogruppo, il “mini-parlamento” dei ministri delle finanze dei 19 Paesi che adottano l’euro. Qui sono stati decisi i destini della Grecia nel giugno-luglio 2015, qui si discuterà il futuro dell’euro. Sul tavolo c’è già infatti la riforma della moneta unica europea. Al momento le linee guida le hanno dettate Germania e Francia, col governo Gentiloni a fare da signorsì. Se gli esiti elettorali del 4 marzo fossero stati diversi, sarebbe finita come col Fiscal Compact, cioè con l’Italia obbediente e servile, ma il neonato esecutivo giallo-verde ha stipulato un contratto di governo nel quale si legge che «si ritiene necessario rivedere, insieme ai partner europei, l’impianto della governance economica europea (politica monetaria, Patto di stabilità e crescita, Fiscal compact, MES, etc) attualmente asimmetrico […]».

TRAPPOLA TEDESCA

Le proposte che sono attualmente in discussione non vanno però in questa direzione. La Germania vuole trasformare il MES – Meccanismo europeo di stabilità – in un Fondo Monetario Europeo, con lo scopo di andare in soccorso dei Paesi col debito pubblico più alto in caso di crisi come nel 2011. Una proposta da rispedire con fermezza al mittente. In cambio di aiuto, infatti, tale Fondo chiederà in garanzia gli asset pubblici, cioè i gioielli di famiglia. Dovremmo partecipare al Fondo con versamenti cospicui e potremmo usufruirne solo in cambio di ipoteche sui nostri tesori nazionali. Assurdo.

Dal canto suo la Francia di Macron propone il super-ministro europeo delle finanze, una sorta di poliziotto cattivo che vigili sui conti pubblici dei Paesi dell’eurozona attraverso un meccanismo automatico sganciato dalle legittime istanze nazionali. Una specie di “pilota automatico” istituzionalizzato, del tutto estraneo ai processi democratici. Più che riforme, queste sono blindature di un sistema destinato a collassare.

UNA BCE DIVERSA

Per questo il ministro Tria, dovrà farsi carico di portare all’Eurogruppo proposte migliorative della governance economica europea, respingendo le soluzioni avanzate dall’asse franco-tedesco. Il governo italiano, a nostro avviso, dovrebbe proporre in primis che la Bce non solo diventi prestatrice illimitata di ultima istanza, quindi garantisca l’intero ammontare del debito pubblico di tutti gli Stati della zona euro, ma perda la sua indipendenza e venga assoggettata al Parlamento europeo, unica istituzione Ue eletta direttamente dai cittadini.

Meglio dare una sterzata forte sin dall’Eurogruppo di domani perché a fine mese si riunisce il Consiglio europeo composto dai capi di Stato e di governo di tutti i Paesi membri della Ue. Qui si parlerà, oltre che di immigrazione, anche di occupazione, crescita, competitività e bilancio europeo a lungo termine.

I nostri due vicepresidenti del consiglio, Di Maio e Salvini, hanno già fatto sapere che intendono ridiscutere la quota con cui l’Italia partecipa ogni anno alla Ue, rivedendo al ribasso le cifre del bilancio pluriennale. A quel tavolo siederà il presidente del Consiglio Conte, quindi è preferibile che Giovanni Tria – già all’Eurogruppo – faccia comprendere ai partner europei che l’Italia stavolta intende giocare la partita da protagonista e non da serva com’è avvenuto fino a ieri prima coi governi tecnici e poi col Pd.

Articolo a firma di Giuseppe PALMA e Paolo BECCHI su Libero di oggi, 20 giugno 2018 (a pagina 6).

 

 


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