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Eurogate-Huawei: l’inchiesta si allarga e rischia di spostarsi in Italia

Lo scandalo Eurogate-Huawei si allarga e ci si attente che azioni investigative avvengano anche in Italia. Chissà se ci saranno conseguenze

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L’inchiesta “Eurogate” si allarga: come attentamente riporta il Fatto Quotidiano, dopo l’arresto del portoghese Nuno Wahnon Martins, ex collaboratore dell’eurodeputato di Forza Italia Fulvio Martusciello, la procura belga intende chiedere l’aiuto della magistratura italiana per indagare sui presuninti tentativi di influenza illecita da parte della società telefonica cinese Huawei. Questa richiesta permetterebbe ai pubblici ministeri italiani di esaminare il materiale raccolto in Belgio, avviare proprie indagini e disporre eventuali provvedimenti come perquisizioni e interrogatori.

Questa nuova indagine europea, che segue a distanza di due anni lo scandalo “Qatargate”, rischia di coinvolgere nuovamente il Parlamento Ue. Circa quindici eurodeputati, tra cui alcuni italiani, sono nel mirino degli inquirenti. Nei giorni scorsi sono state effettuate 21 perquisizioni a Bruxelles, principalmente in uffici legati a Huawei.

Tra gli indagati principali figura Valerio Ottani, italo-belga a capo della sede Huawei di Bruxelles dal 2019, con un passato da assistente parlamentare in diverse delegazioni, inclusa quella di Forza Italia. Al termine degli interrogatori, la procura belga deciderà sulla convalida dei nove fermi eseguiti. Secondo gli investigatori, Huawei avrebbe esercitato un’intensa attività di lobbying verso gli eurodeputati, offrendo inviti a eventi, trasferimenti di denaro (anche tramite il Portogallo), pranzi, viaggi, soggiorni in hotel e biglietti per partite di calcio, benefici che i deputati avrebbero dovuto dichiarare.

Sede parlamento europeo Bruxelles

L’arresto di Martins è considerato un elemento chiave per ricostruire la vicenda. Il suo nome è collegato anche a uno studio legale di Lisbona, che però ha negato ogni coinvolgimento. Martins è stato per anni rappresentante del Congresso ebraico europeo e membro dello staff di Martusciello, anche quando quest’ultimo presiedeva la commissione parlamentare per i rapporti con Israele.

Nel frattempo, la gendarmeria belga si è recata nuovamente al Parlamento europeo, richiedendo le password dei sistemi informatici e l’accesso ai registri per acquisire documenti e dati sulle presenze. Due uffici sono stati sigillati: uno è formalmente assegnato a un collaboratore dell’eurodeputato di Forza Italia Marco Falcone (non coinvolto nell’indagine), ma era a disposizione dell’intera delegazione guidata da Martusciello.

Un elemento emerso dall’inchiesta è una lettera del 4 gennaio 2021, firmata da otto eurodeputati (tra cui Martusciello e altri quattro italiani: Giosi Ferrandino, Aldo Patriciello, Giuseppe Milazzo e Herbert Dorfmann, nessuno dei quali risulta indagato), indirizzata all’allora commissaria Margrethe Vestager per chiedere di non discriminare le aziende extra-UE nelle gare per la tecnologia 5G.

Per gli inquirenti, il riferimento a Huawei era chiaro, dato che all’epoca si stava valutando un divieto d’uso europeo simile a quello già imposto dagli Stati Uniti. Si sta ora verificando se Nuno Martins abbia avuto un ruolo di mediazione nella stesura di questa lettera. All’epoca, il capo della delegazione di Forza Italia a Bruxelles era l’attuale vicepremier Antonio Tajani, noto per la sua posizione filo-atlantica e critica verso la Cina.

Huawei, da anni, cerca di contrastare il boicottaggio occidentale con una significativa attività di lobbying, triplicando gli investimenti in questo settore a partire dal 2019, con un impegno notevole anche in Italia. Tuttavia, questa strategia potrebbe essere compromessa dall’indagine belga, che ha già portato il Parlamento europeo a sospendere l’accesso ai lobbisti di Huawei. L’eccessiva insistenza del colosso cinese adesso risulta controproducente.


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