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Attualità

“Euro, sistema di governo.” di Raffaele SALOMONE MEGNA

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Di recente, finalmente, in Italia si è cominciato a parlare di cose serie.

Dopo aver discettato per più di vent’anni di anticomunismo senza comunisti, di antifascismo senza fascisti e del sesso degli angeli, ordunque al centro del dibattito politico sono arrivati argomenti di grande rilevanza, che sino a qualche tempo fa erano dei veri e propri tabù, come l’adesione italiana alla moneta unica ed all’Unione Europea.

Alla fin fine, il principio di realtà prevale sempre su qualsiasi narrazione della realtà stessa, il verum ipsum factum di vichiana memoria.

Negli spiriti liberi e nei liberi pensatori si è destata inconculcabile ed insopprimibile l’esigenza di comprendere i motivi del lento quanto inesorabile declino italico, che ancora i media mainstream nostrani cercano pervicacemente di nascondere, anche se per questo vengono tacciati di populismo ed incolpati delle più varie abiezioni.

Infatti, l’Italia è sempre stata una fervente sostenitrice del progetto europeo, così come lo era la Germania ovest.

Tuttavia, entrambe avevano da farsi perdonare, in misura diversa ovviamente, il fatto che avevano dato inizio alla seconda guerra mondiale.

Oggi non più.

Per la Germania, una volta unificatasi, l’Unione Europea è solamente un matrimonio di convenienza.

Ha tratto da essa enormi vantaggi grazie ad una politica mercantilistica, che da sola e senza moneta unica non avrebbe mai potuto attuare.

Per gli italiani, invece, l’aggettivo europeo è diventato sinonimo di sacrificio, di diminuzione dei diritti, di contrazione dello stato sociale, di iniquità o, nel migliore dei casi, di inutile e di balzano.

E pensare che gli italiani hanno sempre avuto una certa dose di esterofilia, che proveniva loro da secoli trascorsi sotto il controllo politico di potenze straniere e che italiani erano anche illustri pensatori antesignani del progetto europeo.

Ricordiamo a tal uopo il “Manifesto di Ventotene”, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni nel 1941, mentre erano in esilio nell’isola di Ventotene, perché antifascisti, che vagheggiava il sogno di una Europa unita dopo gli eventi bellici, in cui le ricchezze fossero distribuite equamente tra le nazioni, e di popoli che potessero liberamente autodeterminarsi.

Sicuramente ben altra cosa da quanto riportato nel T.U.E. e nel T.U.E.F., che esaltano invece non la democrazia ma la ricerca dell’apprezzamento dei mercati sulle scelte politiche ed economiche dei singoli stati.

Ma torniamo all’euro.

L’euro non è solamente una moneta, ma un modo di governare i popoli ex machina.

Forniamo qualche esempio:

– nel 2011 il capo del governo Silvio Berlusconi, democraticamente eletto, venne defenestrato a colpi di spread, poiché la sua politica internazionale non era gradita alle lobbies straniere e soprattutto perché riteneva che l’Italia, facendo della sua nazione gli interessi, si dovesse fare carico del salvataggio delle banche coinvolte nella crisi greca in base all’effettiva esposizione del nostro sistema bancario e non in base alla percentuale di sottoscrizione italiana del capitale della BCE.

Arrivò Mario Draghi, il banchiere gradito ai mercati, che sottoscrisse l’impegno italiano a salvare, con i soldi dei contribuenti italiani, le banche tedesche e francesi, finanziando il Fondo Salva Stati con ben 50 miliardi di euro. Lo spread d’emblèe scomparve, anche se il debito italiano complessivamente era aumentato;

– nel 2015 il popolo greco si espresse con un referendum a larga maggioranza contro il piano di salvataggio predisposto dalla famigerata troika, vera masnada di strozzini di varia origine e provenienza, ma intervenne la BCE che tolse la liquidità alle banche greche e quindi il governo greco finì per accettare, obtorto collo, condizioni ancora più gravose;

– nel 2018 il governo italiano Movimento 5 Stelle- Lega, democraticamente eletto, viene messo sotto pressione ancora una volta dai mercati internazionali, grazie allo spread ed è costretto a contenere nella manovra economica le misure per il rilancio della domanda interna e degli investimenti, cosa invece ampiamente consentita ad altre nazioni, come la Francia, la Spagna ed il Portogallo.

Quanto riportato sopra sono fatti storici non novelle.

Poniamoci ora la seguente domanda: i condizionamenti di cui sopra sarebbero accaduti se l’Italia e la Grecia avessero avuto una propria moneta ed una propria banca centrale?

Sicuramente no!

Quando si ha una propria moneta, la banca centrale nazionale diventa prestatrice di ultima istanza, lo spread non esiste perché semplicemente non può esistere.

Uno stato sovrano con una propria valuta non può mai fallire per debiti contratti in quella valuta.

Infatti, tutti i titoli di debito invenduti o svenduti vengono ricomprati e monetizzati dalla banca centrale nazionale.

“More geometrico demonstrando”.

Il sistema di governo basato sull’euro invece funziona così:

se non si operano scelte secondo i desiderata dei potentati di Bruxelles, i titoli di debito sovrano dei vari stati che compongono l’unione monetaria vengono abbandonati alle speculazioni di mercato, senza alcuna protezione poiché non esiste il prestatore di ultima istanza se non i cittadini stessi che diventano dei manlevatori, con aumento della spesa per il servizio del debito pubblico e quindi problemi all’erario che deve trovare dalla tassazione le ulteriori risorse.

La Banca Centrale Europea è indipendente da qualsiasi indirizzo politico democratico, avendo come unico compito istituzionale il contenimento dell’inflazione attorno al 2%, ma non lo sviluppo e la piena occupazione, per cui con le sue scelte condiziona, assieme alle agenzie di rating, governi democraticamente eletti e, nel caso dell’Italia, si svilisce anche il dettato costituzionale.

Una Unione Europea questa che è al contempo madre e matrigna.

Si precisa, inoltre, che i banchieri della BCE, non eletti da nessuno, operano legibus soluti in immobili che godono dello status dell’ extra territorialità ed in condizione di totale anomia.

Ricordiamo che l’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale così recita:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese

per contro il comma 3 dell’articolo 3 del Trattato sull’Unione Europea così riporta:

L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

Anche senza essere dei giureconsulti non si può non cogliere una differenza abissale tra la Costituzione italiana ed i Trattati europei.

Ma fermiamoci qui, anche se ci sarebbe ancora moltissimo da dire.

Chi dice che i mali dell’Italia non sono imputabili tutti alla moneta unica, non potendo esserci la dimostrazione del contrario, con il beneficio del dubbio, forse, dice una mezza verità, chi afferma che questo sistema sia una gabbia della volontà dei popoli ed un modo per limitare la democrazia riporta, invece, una verità solare incontestabile.

Con la lira l’Italia sarebbe stata meglio? Io credo di sì, ma a condizione di avere anche una Banca d’Italia che svolgesse il ruolo di prestatore d’ultima istanza.

Con la lira l’Italia sarebbe stata più libera? Io dico certamente di sì e questa non è un’ipotesi ma un fatto incontestabile.

Per concludere è il caso di riportare la triste massima attribuita a Mayer Amschel Rothschild, che qualcosa pure capiva visto che, banchiere tedesco del XVIII secolo, fu fondatore dell’omonimo impero bancario , presso una banca del quale avrebbe un giorno lavorato un enfant prodige di nome Macron : “Datemi il controllo sulla moneta di una nazione e non mi preoccuperò di chi ne fa le leggi.”

Hoc est totum.


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