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Ennesimo regalo alle banche del Governo Renzi: il pignoramento dei fondi patrimoniali

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Pignoramento

Il Governo Renzi, si sa, è molto sensibile alla crisi.

Non di noi comuni cittadini, si badi bene, ma di quella delle banche, che, nonostante i vari LTRO, T-LTRO e QE con i quali la caritatevole BCE ha provveduto ad imbottirle di liquidità a buon prezzo (liquidità utilizzata più che altro per lucrare gli interessi dei titoli pubblici con essa acquistati) soffrono il deterioramento dei crediti che vantano nei confronti di aziende e famiglie.

Sensibile a queste “sofferenze”, come si chiamano appunto in gergo tecnico i mancati rimborsi dei prestiti erogati, il buon Renzi ha deciso di dare loro una mano, con un decreto legge che è passato quasi inosservato, tranne agli addetti ai lavori: la pignorabilità diretta dei fondi patrimoniali.

Cerchiamo di spiegare ai non addetti ai lavori di cosa stiamo parlando, anche per capire la portata della norma inserita nel corpo del provvedimento varato il 27 giugno scorso, intitolato “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria.”.

Innanzitutto, cos’è un fondo patrimoniale? Un fondo patrimoniale è un patrimonio separato da quello personale dei coniugi, costituito da beni immobili, mobili registrati o anche titoli, destinati esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Generalmente in un fondo patrimoniale viene conferita la casa di abitazione per far sì che il diritto di godimento ed abitazione della famiglia non venga leso, a causa di debiti dei singoli coniugi che derivino da scopi estranei dal soddisfacimento dei bisogni della stessa. In definitiva tale fondo è una riserva a garanzia del mantenimento del nucleo familiare. I beni conferiti non erano pignorabili, né espropriabili da parte dei creditori dei coniugi, a meno che non provassero lo scopo fraudolento nella costituzione stessa del fondo, ovvero che il fondo era stato creato al fine di sottrarre dei beni ai creditori e non per vere esigenze familiari. Non erano, appunto.

Con la norma del DL 83/2015 le cose sono cambiate: l’art 12 del decreto infatti recita:

Al codice civile, dopo l’articolo 2929 è inserita la seguente Sezione:
Sezione I-bis
Dell’espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito
«Art. 2929-bis (Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito). – Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.
Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.
Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.».

Non so se dalla lettura del testo abbiate potuto comprendere la portata del mutamento, ma si tratta di un totale stravolgimento: il creditore (solitamente una banca) che si senta danneggiato dalla costituzione di un fondo patrimoniale, può ora procedere direttamente a pignorare i beni del fondo, senza necessità di provare lo scopo fraudolento, purché agisca entro l’anno dalla sua costituzione. Non solo! Il debitore (solitamente uno dei coniugi) può opporsi a questo pignoramento esclusivamente all’interno del procedimento di esecuzione e solo provando che il creditore non ha ricevuto alcun pregiudizio dalla costituzione del fondo, senza quindi poter opporre come giustificative le ragioni di tutela dei bisogni della famiglia, ovvero lo scopo fondamentale per cui si procede al conferimento dei beni! Nel frattempo l’esecuzione va avanti e, se è stata conferita la casa coniugale, si può rischiare, nelle more del procedimento di opposizione, di essere cacciati dalla propria abitazione.

Se quindi il fondo è stato legittimamente creato per vere ragioni di tutela economica della famiglia, ma successivamente ad un credito di uno dei suoi componenti (credito che può essere anche professionale e del tutto avulso quindi alla famiglia) non vi è alcuna difesa nei confronti di quel creditore e di quelli che intervengono successivamente nell’esecuzione. Il fondo patrimoniale in pratica non esiste più.

Questa disposizione, se ce n’era bisogno, peggiora notevolmente la situazione dei patrimoni immobiliari degli italiani, già colpiti duramente dalle varie IMU, TASI, ecc., che ora vedono minacciata anche la prima casa, senza possibilità di destinarla ai bisogni economici futuri propri e dei figli ed è, come detto, l’ennesimo regalo alle banche che hanno prestato in passato con troppa leggerezza e che ora, per paura degli “stress test” europei, vogliono rientrare a tutti i costi.

Anche quello di distruggere il futuro delle famiglie.

Il governo all’epoca giustificò la necessità di queste modifiche a favore del sistema bancario con la scusa che l’intangibilità del fondo patrimoniale avrebbe privato un eventuale imprenditore della possibilità di utilizzare, se conferiti, i propri beni personali per l’investimento nell’attività economica: infatti non essendo escutibili i beni del fondo patrimoniale non sarebbero utilizzabili a garanzia di un finanziamento.

Una soluzione possibile avrebbe potuto essere una modifica della legislazione sul fondo che, se successivo al debito contratto, pur mantenendo la possibilità di pignoramento, conceda al debitore un periodo di grazia, ad esempio di 36 mesi, prima di subire l’esecuzione. Una soluzione del genere permetterebbe al debitore ed alla sua famiglia di trovare, nel frattempo, altre soluzioni per incrementare le proprie entrate economiche. Inoltre il “periodo di grazia” potrebbe essere utilizzato tra le parti per trattare una diversa ristrutturazione temporale del debito, attraverso la presentazione di un piano da parte del debitore, soluzione che potrebbe essere facilitata da incentivi fiscali per il creditore che  lo accetta. Un Governo interessato al benessere delle famiglie avrebbe posto tali incentivi e, all’opposto, dei disincentivi alle azioni esecutive nei confronti dell’abitazione principale, sotto forma ad esempio di indetraibilità fiscale dei costi e delle perdite relative in caso di incapienza. Tutto questo avrebbe facilitato una seria e proficua contrattazione fra le parti, evitando dolorose evizioni per molte famiglie cadute in miseria.

Ma i cittadini e le famiglie non sembrano essere nel cuore di questo esecutivo, per lo meno non come le banche…

 

 


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