Attualità
Come ha potuto far carriera nella sinistra – fino a diventare ministro – il “fenomenale” Giuliano Poletti?
Sono incredulo. E arrabbiato. Diciamo pure furente: ho letto gli stralci del discorso di Poletti tenuto all’Università di Bologna negli scorsi giorni – discorso che vi ripropongo in calce, stralci* -: ve lo giuro, per la prima volta dopo tanti anni le parole che ho letto mi hanno fatto vergognare di essere italiano:
” si creano più opportunità “a giocare a calcetto che a mandare in giro i curricula”*
Si, perchè il Poletti è il vero totem (de che?) che tradisce sè stesso e tutta l’ipocrisia della sinistra: essere bravo, capace, meritare, tutto inutile! Lui che rappresenta più di ogni altro la sinistra – in assonanza, per la profonda estrazione partitica, alla ministra Fedeli, quella che si è inventata la sua laurea per intenderci – dice che è meglio giocare a calcetto con le persone importanti per farsi accettare un curriculum e dunque farsi assumere, interpretando alla sua maniera l’alternanza scuola/lavoro… E magari in tale contesto far vincere l’avversario di calcetto diventa oltremodo importante per ingraziarselo, stile Filini e Fantozzi, vero Poletti? In effetti il suo di figlio è assunto da anni nelle cooperative rosse dove il padre – pre ministero – fu presidente…
Che schifo!
Della serie, quando il Cavaliere errava commentando a sproposito – e magasi riferendosi a stranieri – succedeva il pandemonio, quando oggi Poletti prende per i fondelli il futuro dei vostri figli italiani, il nulla, tutti i media tacciono…
Verrebbe da dire, Italiani masochisti. Ed anche di peggio.
L’ho sempre sostenuto, la vera meritocrazia è saper dare la stessa opportunità a tutti, in primis a quelli in gamba (e non necessariamente saper giocare di calcetto, ndr). Ed invece l’ipocrita sinistra italiana la pensa diversamente, praticamente ci dice che bisogna andare a frequentare chi conta per trovare lavoro: Dio mi assista per capire come fare ad andare a giocare a calcetto con il presidente delle Coop, per poi fare assumere il proprio figlio… Vero Poletti? [sappiate che, come riportato da agenzie di stampa nazionali, il sacro Figlio del ministro ex comunista di cui a questo pezzo lavora a livello dirigenziale – in termini di stipendio – per le cooperative rosse!].
Dunque, l’insegnameto polettiano sarebbe che bisogna essere bravi a giocare a calcetto per trovare lavoro italico, cosa importa la laurea ed il 110 e lode, o sbaglio? Ovvero – polettipensiero – con tutta probabilità frequentare l’Università serve solo per trovare i contatti giusti per organizzare le partitelle, a quel paese ricerca e capacità, mica si ha successo coi voti alti!
Vabbè, alla fine devo ammetterlo, lo sapevo già. Davigo disse tempo fa che i politici non hanno più vergogna a farsi corrompere, o qualcosa del genere. Forse è vero. Io aggiunsi che i giudici non hanno vergogna a prendere pensioni stratosferiche taciute ad arte dalla stampa dopo i danni che han fatto (ad es., cfr. Diego Curtò et al.; tutti pensano che i maggiori percettori di pensioni elevate siano i notai, peccato che percepiscano poco più della metà dei magistrati, fonte: erogazioni INPS-2015). Oggi la vergogna nazionale va aggiornata con la rappresentazione data da un ministro del lavoro e delle politiche sociali che (di fatto) prima avalla l’emigrazione giovanile (vedasi suoi commenti di qualche mese fa) e poi – oggi – incita ad avere successo con gli artifizi e non con le capacità e l’impegno, il perfetto contrario di come la pensa chi scrive [ora ho capito perchè un amico di mio nipote negato a giocare a calcetto è dovuto emigrare].
Poco male: vuol dire che ho fatto bene a non far prendere la nazionalità italiana alla mia prole (essendo di fatto mezzo straniero per famiglia): in effetti – come dice sempre mia moglie, non italiana – con una classe politica così è meglio evitare di farsi riconoscere [all’estero].
E qui sorge spontanea la domanda di cui al titolo: Come ha potuto far carriera nella sinistra – fino a diventare ministro – il “fenomenale” Giuliano Poletti?
Ai posteri…
Mitt Dolcino
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