Attualità
Emergenze in ordine di priorità
di Francesco Cappello
Emergenza 1
Come dice Nino Galloni:
Il virus contagia tutti, giovani e anziani, ovvero anche l’80% della popolazione ma i sintomi si manifestano nell’1 per mille e poco più. Di questi, in Italia parliamo di 600.000 casi, il 10% ha bisogno di cure; quando il governo realizza che non ha 60.000 posti in ospedale e l’incognita è il numero di quelli che morirebbero soffocati senza cure appropriate, scatta l’allarme politico sociale. Ha fatto così nel giro di pochi giorni la Germania, e Francia idem. Rallentando il contagio si salvano vite, anche di giovani ma i tempi della guarigione sono più lunghi di quelli dell’incubazione e del passaggio dai primi sintomi (di tipo influenzale) a quelli specifici, urgenti e gravissimi: quindi si dovrebbe lavorare non solo sul contenimento del contagio ma anche sul rafforzamento di chi ha sintomi iniziali onde evitare che il virus passi dalle prime vie aeree ai polmoni. Questo è strategico!
Emergenza 2
Sta montando un’enorme crisi di liquidità nel senso che stiamo andando incontro al blocco totale delle transazioni economiche. È una reazione a catena, potenzialmente esplosiva, che appare inarrestabile. Man mano che il blocco delle attività produttive avanza inesorabile tutto rallenta e poi si ferma. La velocità di circolazione della moneta tende a zero. I lavoratori non più in grado di svolgere le proprie mansioni smettono di essere pagati, gli ordinativi ai rifornitori vengono bloccati, disdette in tutti i settori, intere filiere paralizzate. I lavoratori più colpiti ovviamente quelli flessibilizzati e precarizzati che vivono di lavoro “a scadenza” assunti quando va bene per un trimestre o meno e poi licenziati, che non hanno risparmi… una condizione di povertà relativa in cui si trovano 10 milioni di italiani! La domanda interna crolla. I rapporti di import export ridotti al lumicino. Stiamo andando incontro alla paralisi dell’intero sistema produttivo a velocità crescente. È la fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta. Il mercantilismo tedesco in atto da due decenni grazie ai vincoli europei è improvvisamente divenuto non più praticabile. Tutto è collegato con tutto. L’intero sistema dei pagamenti si sta paralizzando a velocità crescente.
Il verbo pagare contiene la radice pace, ebbene, oggi non è possibile alcuna quietanza perché è sempre più difficile la pacificazione risultante dal pagamento di quanto dovuto. Tutto rallenta e inesorabilmente tende a fermarsi… Le rate sospese di mutui, prestiti, ecc. rischiano di mettere in crisi il sistema bancario. In questo scenario da crisi sistemica il bail-in ossia la partecipazione dei risparmiatori ai rischi di impresa svela la sua criminale, premeditata, pericolosità. Il sistema bancario, infatti, è stato messo in condizioni di utilizzare il denaro dei propri correntisti nel caso di fallimento e di finanziarsi con esso. Si ricordi che i risparmi italiani, secondo i dati della Banca d’Italia, ammontano alla ragguardevole cifra di 4300 miliardi. Chi si crogiolasse pensandosi al sicuro perché nel proprio conto corrente dispone meno di 100 mila euro sappia che
e che a livello dell’Unione bancaria
nella speranza che la fase finale non arrivi quando ormai i buoi saranno scappati… Anche senza voler pensare a cosa succederebbe nel caso di crisi sistemica, con fallimenti a catena del sistema bancario, vanno preventivati i possibili attacchi al risparmio italiano da impiegare piuttosto quale risorsa spendibile per il finanziamento dei grandi investimenti a maggior ragione oggi nel tempo del coronavirus come consigliato saggiamente da Guido Grossi.
Il decreto governativo appare come il tentativo patetico di porre rimedio al deserto che avanza inarrestabile con un annaffiatoio da giardino condominiale. Ancora più tristi o meglio criminali le ipotesi di ricorrere al fondo salva stati. Il fondo salva stati (MES), a causa dei vincoli capestro che contiene, dovrebbe semplicemente essere chiuso restituendo ai Paesi che l’hanno finanziato quanto vi avevano destinato (60 miliardi nel caso italiano!). Ricorrere ai finanziamenti del fondo monetario internazionale (variante globale del MES) ci ridurrebbe alla stregua di quei paesi in via di sviluppo che vi sono stati costretti incorrendo negli ormai famigerati piani di aggiustamento strutturale che hanno bloccato l’evoluzione della loro economia, dello stato sociale e civile, contribuendo piuttosto al loro sfruttamento sistematico. In pratica tagli ai servizi pubblici tra cui la sanità oggi in estrema difficoltà e previdenziali (bocciatura quota 100), maggiori imposte (Iva maggiorata), austerity ecc.. Questa “soluzione“, farebbe lievitare immediatamente il rapporto debito/pil e di conseguenza il costo del servizio a debito. Le manovre in atto (Lagarde, Holzmann) a discapito del nostro paese hanno fatto lievitare lo spread, che misura la sfiducia dei mercati rispetto alla solvibilità del sistema Italia, a valori altissimi.
Gualtieri, in particolare, col pretesto di attutire le conseguenze economiche della crisi chiede l’applicazione del MES come se l’Italia fosse un paese in bancarotta e nessuno fosse più interessato a comprare i suoi titoli malgrado
«ll capo dell’ESM Klaus Regling ha ricordato lunedì sera che attualmente non esistono condizioni essenziali per l’avvio di un programma ESM. Al momento, ha affermato Regling, tutti i paesi dell’euro hanno pieno accesso ai mercati finanziari e a condizioni abbastanza favorevoli.»
I mercati reagiscono immediatamente, come era prevedibile. Temendo per la solvibilità dell’Italia fanno registrare un ulteriore innalzamento dello spread BTP/Bundt a 320 punti e tasso di interesse dei BTP sopra il 3%! Spread su, borse giù, hanno infine convinto la Lagarde a fare ammenda e a varare il il ‘Pandemic Emergency Purchase Programme’ 750 miliardi di moneta BCE, con cui orientare e condizionare le scelte economiche e politiche e calmierare i mercati finanziari comprando sul mercato secondario titoli pubblici e privati, inclusi quei titoli di debito come i prestiti a breve e altri che tengono in vita molte aziende messe a dura prova dalla pandemia in corso.
Dobbiamo piuttosto reimparare a non chiedere più liquidità indebitandoci con soggetti non residenti ma restituire al debito pubblico la sua funzione virtuosa originaria. Ricorrere ai mercati finanziari esteri avrebbe senso solo se fossimo in grado di inaugurare finalmente una stagione a tassi sottozero come è cominciato ad avvenire in certi paesi. Perché questo possa accadere abbiamo bisogno di ricostruire velocemente il nostro Paese ridando, nel contempo, in mano al Tesoro, le redini del tasso di interesse. Man mano, infatti, che gli Stati imparassero a riprendersi la loro sovranità e ad esercitarla per affrontare l’emergenza, e più in generale la ricostruzione/riconversione dell’economia, essi sarebbero proporzionalmente percepiti come un porto sicuro. Gli investitori saranno, di conseguenza, disposti a pagare pur di non continuare a rischiare i loro investimenti nella tempesta finanziaria perfetta che li sta coinvolgendo in misura in misura crescente.
Infine, solo il ritorno massiccio a strumenti monetari non a debito, già sperimentati in passato come i biglietti di stato e la moneta fiscale potranno permettere di affrontare adeguatamente le grandi emergenze da cui saremo altrimenti travolti. Solo un piano di salvataggio destinato all’economia reale di entità proporzionalmente pari a quello mobilitato dalla Germania può sperare di arrestare i pericolosi processi in atto catalizzati dalla emergenza sanitaria covid-20.
Il Governo tedesco è stato, infatti, il primo a dichiarare che il re è nudo incoraggiando famiglie ed imprese con la promessa di prestiti «illimitati», a partire da una disponibilità di 550 miliardi di euro, praticamente un quarto del loro reddito nazionale, che peraltro non appesantiranno il debito pubblico tedesco (1).
Moneta non a debito quindi che servirà ad affrontare le calamità e i problemi di cassa dovuti alla pandemia di coronavirus, nel mentre procederanno alla ri-nazionalizzazione di settori strategici, gli stessi che in Italia, in questi giorni, sono offerti al peggiore offerente sui mercati finanziari che sono stati lasciati liberi di speculare al ribasso (2).
In pratica cade il velo dell’ideologia l’ordoliberista che ci ha ammorbato in questi ultimi decenni con vincoli e restrizioni che hanno impedito ai governi e ai parlamenti dell’Unione l’esercizio della democrazia e della politica economica.
Il ministro delle finanze Olaf Scholz in tandem con il ministro dell’Economia Peter Altmaier, in aperta violazione (per Germania e Francia non è mai stato un problema) di qualsiasi vincolo di bail out ricorrono apertamente agli aiuti di Stato. Tengono, piuttosto, a sottolineare che si tratta di un what ever it takes fatto in casa: «Non esiste un limite massimo, questo è il messaggio più importante»
La Merkel fa sentire la presenza dello Stato con aiuti miliardari giustificati dall’eccezionalità della sfida posta dal virus che rappresentando qualcosa di «inedito» necessita di «tutte le forze» per combatterlo compresa la rimozione dell’ossessivo mantra del pareggio di bilancio:
«Come si vede noi, come governo e come Laender, faremo tutto ciò che è necessario, tutto quello di cui la Germania ha bisogno».
Sull’altro versante la Commissione Ue, per bocca della sua presidente, Ursula von der Leyen, annuncia la flessibilità del Patto di Stabilità, pronta a sospenderne le regole: «Massima flessibilità» nell’applicazione del Patto di Stabilità e per gli aiuti di Stato destinati a far fronte alle conseguenze del coronavirus:
«La Commissione Ue è pronta a proporre al Consiglio di attivare la clausola di crisi per accomodare un sostegno fiscale più generale. Questa clausola – in cooperazione col Consiglio – sospenderà gli aggiustamenti di bilancio raccomandati dal Consiglio in caso di recessione severa della zona euro e della Ue»
La von der Leyen, forse per rimediare all’impennata dello spread, oltre il livello 200, causato dalle dichiarazioni della Lagarde, sembra voler controsterzare violentemente, spingendosi a dichiarare che una parte del debito italiano, quello detenuto dalla BCE presso le banche centrali dei singoli paesi dell’Unione possa essere cancellato, consolidato! Ricordiamocene…
Il virus ha già ucciso l’Unione europea?
A cosa può ancora servire che la Unione Europea stia ancora formalmente in piedi se non per imporci i suoi vincoli, divenuti in questo stato di cose del tutto impraticabili, e il MES, grazie ad un governo del tutto prono persino in questa tragica congiuntura, e a commissariare il paese, rubarci quanto di buono ci rimane ossia moltissimo, come già accaduto non solo in Grecia, e liberarsi definitivamente di noi.
Non possono non venire in mente le parole di Mario Monti che diventano ancora più comprensibili nel contesto attuale:
«Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata»
Il cigno nero vola alto nei cieli del mondo
Del crollo borsistico si gioveranno soltanto i grandi hedge fund (2) in grado di speculare al ribasso, in grado cioè di guadagnare dai cali borsistici conseguenti all’inevitabile sgonfiamento della bolla finanziaria montata a dismisura dai fiumi di denaro di banca centrale che l’hanno pompata nel tentativo di tenere in piedi il castello di carta finanziaria senza regole e sempre più pericolosamente disgiunto dall’economia reale. Ci saranno grandi trasferimenti di ricchezza, anche reale, di cui si avvantaggerà la solita aristocrazia finanziaria che si farà ancora più ricca e potente a discapito di milioni di piccoli investitori. Per il resto avverrà un salutare riequilibrio, seppure traumatico fra gli utili reali delle società e gli indici borsistici.
In sintesi
La malattia ormai cronica che affligge la nostra economia è oggi in fase di grave acutizzazione. È necessario evitare tutte quelle scelte che negli ultimi decenni ne hanno causato il peggioramento progressivo, adottando finalmente quelle strategie in grado di curarla e riportarla nel minor tempo possibile in piena salute, prima fra tutte l’uso di moneta non a debito, che permette di operare investimenti in grado di mobilitare tutte quelle risorse normalmente sprecate finalizzandole alla costruzione di bene comune, non peggiorando, e anzi migliorando i conti pubblici.
Emergenza 3
Come recita la nostra Costituzione, non a caso all’articolo che precede tutti gli altri: L’Italia è una Repubblica democratica, FONDATA SUL LAVORO.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
La ricchezza la costruisce il lavoro…
Emiliano Brancaccio ha ricordato qualche giorno fa una celebre frase di Marx: “Se una nazione sospendesse il lavoro, non dico per un anno, ma anche solo per un paio di settimane, quella nazione creperebbe. Questo lo sa anche un bambino”
Ecco allora l’emergenza delle emergenze. Dobbiamo trovare il modo di tornare al lavoro il più presto possibile sapendo cosa è più urgente fare anche perché già prima dello scoppio dell’emergenza covid la nostra economia era in stallo e che lo stato di coma in cui rischia di entrare potrebbe rivelarsi fatale. La distruzione rapida e progressiva del tessuto produttivo scatenerebbe fenomeni di inflazione sui prezzi di quei beni necessari divenuti scarsi perché non più prodotti a sufficienza… Stessa cosa per tutti quei beni e servizi che siamo stati soliti importare e che il blocco dell’import o le delocalizzazioni selvagge hanno reso oggi non più disponibili. La sostituzione delle importazioni dovrebbe estendersi a tutti quei prodotti che possiamo produrre localmente con grande vantaggio dell’economia locale e interna così come dell’ambiente minimizzando i trasporti necessari. L’incentivazione alla produzione locale, regionale su scala Nazionale può essere ottenuta grazie a quei circuiti di credito commerciale come il sardex che funzionano adottando il sistema della camera di compensazione che utilizza la moneta quale unità di misura (unità di conto) del valore dei beni e dei servizi scambiati, in grado di velocizzare enormemente la frequenza degli scambi all’interno della rete di mutuo credito. Una tale organizzazione ha, oltretutto, l’effetto virtuoso di costituire una barriera a tutti quei prodotti prodotti veicolati dalle multinazionali che continuerebbero ad avere una via d’accesso privilegiata perché mediata dall’e-commerce.
È fondamentale avere la consapevolezza che nessuna immissione monetaria, anche se virtuosamente non a debito, risulterà in grado di mobilitare la costruzione della ricchezza e la ripresa, se nel frattempo il tessuto produttivo risultasse seriamente danneggiato innescando piuttosto fenomeni inflazionistici esattamente come accaduto nel dopoguerra a Weimar. In questo caso i tempi di ripartenza dell’economia sarebbero assai più lunghi, legati alla ricostruzione del sistema produttivo pubblico e privato. Ecco una motivazione importante ad agire presto e bene nella giusta direzione
La riconversione dell’economia
È, perciò, quanto mai urgente e necessario lanciare un grande piano di investimenti su tutto il territorio finalizzato prima di tutto alla risposta ai bisogni interni anche attraverso un opportuno piano di riconversione dell’economia che abbandoni il primato dato alle esportazioni a cui ci siamo lasciati costringere dai vincoli Ue.
In estrema sintesi, la riconversione dovrebbe abilitarci a produrre in casa tutti quei servizi e prodotti che ci hanno reso vulnerabili rispetto all’emergenza sanitaria in corso, mirando in generale alla sostituzione delle importazioni ovunque possibile e limitarci alla esportazione delle eccedenze, abbandonando quel modello economico che ha sinora trovato i suoi equilibri nella continua ricerca della massimizzazione ad ogni costo delle esportazioni. Servizi pubblici di qualità per tutti, salvaguardia, tutela e fruizione dei beni comuni, conquiste sociali, civili e culturali, protezione della salute e dell’ambiente, efficienza della rete idrica, della rete dei trasporti locali e nazionali, buon funzionamento della giustizia, pieno impiego, devono tornare a essere considerati il risultato virtuoso di un sistema economico. La misura tangibile del suo successo.
Un grande piano per le infrastrutture ormai al collasso, un piano energetico finalizzato alla transizione dal fossile alle rinnovabili, un piano nazionale per affrontare il dissesto idrogeologico, la ricostruzione dei centri storici colpiti dal terremoto, la messa in sicurezza sismica del patrimonio edilizio nazionale privato e pubblico, un piano di assunzione nella pubblica amministrazione ponendo finalmente fine alla stagione del blocco del turnover, un piano di investimenti nella istruzione, scuole, università, ricerca pubblica, rimessa in opera delle grandi imprese pubbliche, a partire da quelle farmaceutiche sino alle ricostruzione di quella rete di banche pubbliche svendute e privatizzate negli anni ’90. Dobbiamo arrestare lo smantellamento del servizio sanitario invertendo la tendenza pericolosamente in atto mirando alla riapertura dei piccoli ospedali, al ripristino dei posti letto tagliati, alla riapertura di interi reparti e alla formazione e riassunzione di tutto quel personale sanitario mancante ma strettamente necessario. Investimenti massicci nella sanità pubblica, sia per l’ordinarietà che per l’emergenza. Nella fattispecie, l’emergenza, tra l’altro, impone l’apertura di un centro di ricerca italiano che si occupi di isolare e studiare il virus suggerendo l’adozione di giuste contromisure da adottare contro il virus e non in obbedienza alle lobbies farmaceutiche secondo la proposta/documento promossa meritoriamente da Nino Galloni.
È altresì doppiamente urgente e non più rinviabile un grande piano di investimenti per il Sud, la valorizzazione delle zone periferiche del nostro paese sempre più marginali e in stato di abbandono così come delle zone montane;
È importante rimettere al centro l’orizzonte costituzionale del pieno impiego e il ripristino del welfare universale. La Costituzione ci indica gli strumenti per raggiungere tali obiettivi di civiltà percepiti oggi come un lusso che non possiamo più permetterci. Solo alla spesa militare non abbiamo mai voluto rinunciare quella sì sempre crescente e a livelli ormai insostenibili. Oggi possiamo dire che “andrà tutto bene” se sapremo riconvertire il più in fretta possibile il sistema militare in sistema di welfare universale, in sistema di protezione civile. Dal warfare al welfare ritirando i nostri militari impegnati in tutte quelle missioni militari (37 in 22 paesi diversi) al di fuori del territorio nazionale…
Dobbiamo tornare a lottare contro la crescita della diseguaglianza e della povertà. Si pensi che mentre la Cina con il suo miliardo e 380 milioni di abitanti ha quasi sconfitto la povertà diminuendo i casi al di sotto della soglia della povertà, in 7 anni, dal 2012 al 2019, da 98 milioni a 5 milioni e mezzo, da noi i poveri assoluti sono ormai 6 milioni, il 6% della popolazione, mentre i poveri relativi arrivano a 10 milioni, valori destinati a rapidissima crescita se non sapremo intervenire nel modo più opportuno nel breve termine.
Teniamoci ben stretto il controllo su quel residuo di impresa pubblica che ci è rimasta. Non cediamo a nessuno il controllo di Eni, Enel, Finmeccanica, CDP ecc.; semmai invertiamo la rotta e procediamo verso la loro socializzazione. L’avvoltoio franco-tedesco non aspetta altro che mettere le mani sul nostro settore turistico e quello agroalimentare; anche il patrimonio artistico secondo molti sarebbe più tutelabile nei loro musei (si ricordi, ad esempio, la cessione alla inglese bridgeman, da parte del governo Gentiloni, del 50% dei diritti d’autore sulle immagini d’arte dei nostri musei) (5), tutto a prezzi di fallimento come già accaduto in Grecia che si è trovata nella condizione di dover cedere intere isole, villaggi turistici, porti e aeroporti mentre abbatteva lo stato sociale. L’Italia fa gola essendo un piatto assai più ricco da continuare a razziare.
Dovremmo immediatamente puntare, in estrema sintesi, su economia interna, esportazione delle eccedenze e moneta pubblica non a debito per evitare il nodo scorsoio dei mercati finanziari. I biglietti di stato o statonote già sperimentati negli anni ’70 da Aldo Moro con la consulenza economica di Federico Caffè, quale moneta legale, sovrana, non a debito, a circolazione interna, che nessun trattato europeo può impedirci di emettere, può essere usata per finanziare la spesa sociale di cui necessitiamo e mobilitare finalmente tutti i fattori produttivi inespressi del nostro paese senza peggiorare i conti pubblici anzi migliorandoli. I certificati di credito fiscale potrebbero affiancare le statonote promuovendo investimenti e manovre espansive consentendo il superamento dei vigenti vincoli di bilancio.
È appena il caso di dire che tutti nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, da subito, comprando, mangiando e viaggiando italiano.
La ribellione contro le élite deve essere agita a più livelli contemporaneamente. Dobbiamo impedire che siano ancora loro a gestire la finanza degli stati creando le condizioni per un ritrovato esercizio della sovranità a cominciare da quella monetaria sino a quella politica ed alimentare. A livello internazionale è necessaria una nuova Bretton Woods che riformi il sistema dei pagamenti internazionali e abbandoni finalmente il paradigma vigente fondato sulla liquidità che prevede un mercato del tutto abusivo, quello del denaro; che istituisca e faccia osservare nuove leggi che regolamentino finalmente la finanza mondiale, chiudano i paradisi fiscali, portino alla luce e impediscano l’attività bancaria ombra (shadow banking) e istituiscano un Tribunale Internazionale contro i crimini finanziari.
(1) Si tratta di 550 miliardi di prestiti agevolati concessi dalla Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), nata nel 1948 per amministrare i fondi del Piano Marshall. È azionista di KfW Ipex-Bank; svolge attività bancaria senza superare il limite dei 30 miliardi di euro che gli permette di non deve sottostare ai requisiti di capitale e alle regole dell’Unione Bancaria e della vigilanza della BCE. La KfW non consolida il proprio passivo in quello del Tesoro, può, inoltre ricorrere ai prestiti della BCE come previsto dal comma 2 dell’articolo 123 del TFUE. Naturalmente noi ci chiediamo come mai Conte e Gualtieri non fanno lo stesso con la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) facilmente trasformabile da CDP da SPA a Ente Pubblico Economico (EPE)? Anche MPS e BdI e la ex cassa per il mezzogiorno il MCC tenuta in ibernazione potrebbero svolgere questo ruolo.
(2) Quando la bolla inevitabilmente prende a sgonfiarsi perché gonfiata ad arte da ricchezza fittizia ( ossia droga monetaria di banca centrale destinata a pompare artificiosamente i corsi borsistici, con il sistema del buyback azionario) il valore di aziende, partecipate, banche, assicurazioni, cala perché si sparge il panico e in tanti cominciano a vendere ma i grandi fondi speculativi miliardari esteri, americani, francesi, tedeschi, arabi e di tutto il mondo, comprano in modo speculativo al ribasso con una tecnica che si chiama short selling.
ecco in etrema sintesi come funziona:
mi faccio prestare, per il tempo che ritengo necessario, un titolo finanziario allo scopo di venderlo per poi riacquistarlo e infine restituirlo.
Perché faccio una cosa del genere?
Perché so che i prezzi stanno calando e continueranno a farlo.
Per ottenere ciò che voglio vendere pagherò 10 (non è nemmeno necessario averli subito). Vendo ciò che mi hanno prestato a 100. Lo ricompro a 70. Ricavo 30. Restituisco 10 facendo un profitto di 20. Se sono molto sicuro che i prezzi scenderanno posso “rischiare“ moltiplicando il mio profitto ossia “scommettendo“ con un effetto leva per guadagnare il doppio, il triplo, 10 o venti volte tanto…
Ecco, chi sa ed è in grado di fare cose di questo tipo, in genere i grandi speculatori della finanza, in periodi come questo colgono immancabilmente l’occasione per arrichhirsi ancora di più.
In tantissimi in questo periodo perdono. Alcuni piccoli più avveduti hanno imparato ad affidarsi ai grandi speculatori. Mentre l’economia reale, quella che pretende di costruire ricchezza col lavoro declina paurosamente. La finanza non serve più l’economia reale ma se stessa procurando fallimenti, licenziamenti, miseria, sofferenza, distruzione dello stato sociale…
Loro, i vampiri, estraggono valore a discapito di tutti noi… Le crisi, e le grandi crisi sono il loro pane quotidiano. Sono parassiti, diceva mio padre, uomo di cultura contadina. Non costruiscono valore. Lo estraggono e lo distruggono.
Ecco la “libertà“ di cui si fanno promotori, quella di arricchirsi a qualsiasi costo, qui e ora, ciclicamente vampirizzando, parassitando, schiavizzando. Noi li lasciamo fare in nome della “libertà“ che è licenza di uccidere…
http://www.francescocappello.com
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