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Electronic Arts: il Private Equity si compra anche i videogiochi. Un affare da 55 miliardi con la regia saudita

EA si vende per 55 miliardi: la finanza e i fondi arabi si prendono i videogiochi. Ecco cosa c’è dietro la maxi-operazione che coinvolge anche il genero di Trump.

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Sembra che nel grande risiko della finanza globale non ci sia settore che possa dirsi al riparo dalle attenzioni dei grandi fondi di investimento. L’ultima a finire nel carrello della spesa è Electronic Arts (EA), colosso statunitense dei videogiochi, che passa di mano per la modica cifra di 55 miliardi di dollari. Un’operazione che la ritirerà dal mercato azionario, trasformandola in una gallina dalle uova d’oro privata per un consorzio di investitori piuttosto interessante.

A orchestrare quello che si configura come uno dei più grandi “leveraged buyout” della storia, troviamo un trio d’eccezione:

  • Silver Lake: una garanzia nel settore del private equity tecnologico.
  • Il fondo sovrano dell’Arabia Saudita (PIF): ormai un attore imprescindibile in qualsiasi partita finanziaria che conti, con una fame insaziabile di asset occidentali.
  • Affinity Partners: la società di investimento di Jared Kushner, genero dell’ex presidente USA Donald Trump, anch’essa generosamente finanziata con capitali sauditi.

Una combinazione che, al di là dell’aspetto puramente economico, qualche riflessione geopolitica la dovrebbe pur suscitare.

Uno dei giochi più famosi Madden 26

Un premio generoso in un settore in affanno

Gli azionisti di EA, dal canto loro, non hanno di che lamentarsi. L’offerta di 210 dollari ad azione rappresenta un premio del 25% rispetto al valore del titolo prima che i “rumors” iniziassero a circolare, facendo schizzare le quotazioni. Un’ancora di salvezza, forse, in un momento non proprio brillante per l’industria videoludica.

Dopo il boom registrato durante la pandemia, quando eravamo tutti chiusi in casa a cercare un passatempo, il settore sta infatti affrontando una fase di contrazione. La stessa Electronic Arts ha recentemente effettuato dei tagli al personale. Il modello di business tradizionale, basato sulla vendita di giochi a prezzo pieno (i famosi 60-70 euro), è messo a dura prova dalla concorrenza di piattaforme “free-to-play” come Roblox e Fortnite, che monetizzano in altri modi, spesso più efficaci.

Fattore di CrisiDescrizione
Fine del boom pandemicoLa domanda di intrattenimento casalingo si è normalizzata con la fine delle restrizioni.
Costi di produzioneSviluppare un videogioco di successo ha costi paragonabili a quelli di un blockbuster di Hollywood.
Concorrenza “Free-to-play”Piattaforme gratuite con acquisti in-game erodono il mercato dei titoli a pagamento.

Nonostante le difficoltà, il settore resta strategico. Lo dimostra la maxi-acquisizione di Activision Blizzard (“Call of Duty”) da parte di Microsoft per 69 miliardi di dollari due anni fa. Il consolidamento è la via maestra per sopravvivere e competere.

Cosa vedono gli investitori in EA?

La domanda sorge spontanea: perché investire una cifra così colossale in un settore in declino? La risposta sta probabilmente negli asset unici di Electronic Arts. La società californiana, nota per titoli come “Battlefield”, detiene un vero e proprio monopolio di fatto nel redditizio segmento dei giochi sportivi. Titoli come la serie “Madden NFL” e soprattutto il gioco di calcio “FC” (l’ex “FIFA”) sono macchine da soldi con una base di utenti fedelissima e ricavi costanti anno dopo anno.

Gli analisti, inoltre, puntano molto sull’imminente uscita di “Battlefield 6”, che potrebbe dare un’ulteriore spinta ai conti. E poi, c’è la grande promessa dell’intelligenza artificiale, che in futuro potrebbe abbattere i costi di sviluppo, aumentando i margini di profitto.

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Battlefield 6

L’attivismo saudita e l’ombra di Kushner

È impossibile ignorare il ruolo centrale del fondo sovrano saudita PIF in questa operazione. Già azionista di peso in EA con una quota del 10%, il fondo ha creato nel 2021 la “Savvy Games Group“, un veicolo dedicato a scalare il mercato del gaming. L’acquisizione di Niantic (“Pokémon Go”) per 3,5 miliardi di dollari quest’anno era stato solo un assaggio.

L’attivismo saudita, unito alla presenza del fondo di Jared Kushner, genero di Trump, mostra come finanza, intrattenimento e politica siano sempre più intrecciate. Mentre l’Occidente si interroga sulla sostenibilità del proprio modello, capitali provenienti da paesi con agende strategiche ben precise ne approfittano per mettere le mani su pezzi pregiati della nostra industria culturale e tecnologica. Un’operazione finanziaria, certo. Ma anche un segnale dei tempi che cambiano.

 

Domande e Risposte

1. Perché i fondi di private equity sono interessati a un’azienda come Electronic Arts in un momento di crisi del settore?

I fondi vedono un’opportunità di valore a lungo termine. EA possiede franchise estremamente redditizi e stabili, come quelli sportivi (“FC”, “Madden NFL”), che generano flussi di cassa costanti. Credono che, ristrutturando l’azienda lontano dalle pressioni della borsa e ottimizzando i costi (magari con l’ausilio dell’IA), sia possibile aumentare notevolmente la redditività. Stanno scommettendo sul fatto che i punti di forza consolidati di EA superino la debolezza ciclica del mercato, trasformandola in un investimento profittevole.

2. Cosa significa per i giocatori l’acquisizione di EA da parte di investitori finanziari?

Nell’immediato, probabilmente poco. A lungo termine, le strategie potrebbero cambiare. Un’azienda di proprietà di fondi di private equity è spesso focalizzata sulla massimizzazione dei profitti e sull’efficienza. Questo potrebbe tradursi in una maggiore spinta verso modelli di monetizzazione come microtransazioni e servizi in abbonamento, e forse in una minore propensione al rischio su progetti innovativi ma costosi. La priorità sarà rendere l’investimento il più redditizio possibile in vista di una futura rivendita o di una nuova quotazione in borsa.

3. Qual è l’interesse strategico dell’Arabia Saudita nel settore dei videogiochi?

L’investimento nel gaming fa parte della strategia “Vision 2030” dell’Arabia Saudita, che mira a diversificare l’economia del paese, rendendola meno dipendente dal petrolio. Il settore dei videogiochi è un’industria globale in crescita, con un enorme impatto culturale e un’audience giovane. Acquisendo quote in aziende leader come EA, Riad non solo compie un investimento finanziario, ma acquisisce anche influenza, know-how tecnologico e un punto d’appoggio in un settore chiave dell’intrattenimento e della cultura digitale del futuro.

E tu cosa ne pensi?

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