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Effetto domino: un drone ucraino colpisce infrastrutture russe, ma a rischiare è il petrolio del Kazakistan e dell’Italia

Un attacco ucraino in Russia crea un effetto domino: l’impianto di Orenburg chiude al gas kazako, costringendo Astana a tagliare anche la produzione di petrolio.

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La cronaca di guerra ci riporta l’ennesimo attacco con droni in profondità nel territorio russo. Stavolta è stato colpito il grande impianto di trattamento del gas di Orenburg, dove si trovano anche giacimenti di idrocarburi e rafinerie petrolchimiche. L’impianto di trattamento del gas, che serve un’area molto ampia, si è dovuto fermare. Un fatto militarmente rilevante, certo, ma con conseguenze economiche inattese che vanno al di là dei confini russi e si estendono nell’Asia centrale, anche in modo ufficiale.

Il Ministero dell’Energia del Kazakistan ha infatti comunicato di essere in contatto con i propri produttori di petrolio proprio a causa di questo attacco.

Il motivo? È un perfetto esempio di come le infrastrutture energetiche, spesso ereditate dal passato sovietico, creino dipendenze complesse e vulnerabilità inaspettate. L’impianto di Orenburg, danneggiato, ha interrotto l’accettazione di gas proveniente dal gigantesco giacimento kazako di Karachaganak,

Posizione degli impianti di lavorazione idrocarburi di Orenburg

Qui sorge il problema tecnico, che diventa immediatamente economico:

  • Giacimento Chiave: Karachaganak è uno dei tre principali progetti energetici del Kazakistan, situato vicino al confine con la Russia (a soli 150 km da Orenburg, sebbene a 1.700 km da Kiev). Tra l’altro l’impianto è gestito da ENI, che lo sviluppa sin dal 1992.
  • Produzione Congiunta: Nel giacimento, petrolio e gas vengono estratti insieme (un processo noto come “co-produzione”). Non sono due filiere separate, ma interconnesse.,
  • Effetto Domino: È tecnicamente impossibile ridurre la produzione di gas (che ora non sa più dove andare) senza tagliare contemporaneamente l’estrazione di greggi.

Di conseguenza, qualsiasi rallentamento a Karachaganak mette sotto pressione l’intera produzione petrolifera del Kazakistan, un attore chiave per i mercati globali (e per l’Italia, visto il suo ruolo nel Caspian Pipeline Consortium, il famoso CPC). Un problema non secondario per diversi operatori che non hanno nulla a che fare con la guerra in Ucraina, anzi appoggiano Kiev, come l’Italia.

L’attacco, su cui l’Ucraina non ha rilasciato commenti, ha provocato un incendio in una delle unità dell’impianto, come confermato dal governatore regionale.

Questo episodio si inserisce in una strategia più ampia. Negli ultimi mesi, gli attacchi ucraini si sono spinti sempre più in profondità, testando la difesa aerea russa fino alla Siberia e agli Urali. Segnalazioni non confermate parlano di attacchi notturni anche nella regione di Samara, sede della raffineria Novokuibyshevsk di Rosneft (capacità di 170.000 barili/giorno), indicando un chiaro obiettivo: colpire la capacità di raffinazione e l’economia di guerra russa. Stavolta, però, il danno collaterale colpisce un “amico”.

Domande e Risposte sul Testo

1) Perché un attacco a un impianto di gas russo danneggia il petrolio kazako?

Il problema è la logistica e la geologia. L’impianto russo di Orenburg tratta il gas del giacimento kazako di Karachaganak. In questo specifico giacimento, gas e petrolio sono estratti insieme (“co-produzione”). Se il Kazakistan non può più inviare il suo gas a Orenburg, deve ridurre l’estrazione di gas. Di conseguenza, è costretto a ridurre anche l’estrazione di petrolio, poiché le due produzioni sono tecnicamente legate alla stessa operazione.

2) Il Kazakistan non è un alleato della Russia? Perché viene danneggiato?

Sì, ma questa è un’ironia geopolitica. Si tratta di un classico “danno collaterale” dovuto alle infrastrutture energetiche ereditate dall’era sovietica. Il Kazakistan, pur cercando una politica estera sempre più autonoma, dipende ancora pesantemente dalle pipeline e dagli impianti russi per esportare la sua energia. L’attacco ucraino (mirato alla Russia) colpisce indirettamente l’economia di Astana, evidenziando la sua vulnerabilità logistica nei confronti dell’ingombrante vicino.

3) Ci saranno impatti sul prezzo del petrolio?

Dipende dalla durata del blocco. Karachaganak è un progetto molto importante. Un’interruzione prolungata ridurrebbe l’offerta di greggio sul mercato globale, esercitando una pressione al rialzo sui prezzi (come il Brent). Tuttavia, se il blocco a Orenburg fosse breve o se il Kazakistan trovasse rotte alternative (difficile nel breve termine), l’impatto sarebbe limitato. I mercati stanno sicuramente monitorando l’entità dei danni all’impianto russo.

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