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E se abolissimo le Regioni ed adottassimo in modello Svizzero?

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Ospitiamo questo articolo di  Marco Di Gregorio da l’Huffington Post

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Quando un Italiano sente parlare di federalismo la sua testa finisce inevitabilmente col visualizzare il faccione stravolto di Umberto Bossi e conclude che è meglio lasciar perdere. E in effetti quello de noantri è stato per gran parte un federalismo in salsa Elettra (dal nome dei corsi per corrispondenza seguiti dal leader della Lega) attraverso cui un piccolo gruppo si è impadronito della sua fetta di denaro pubblico.

Peggio ancora, lo associa a idee razziste (che hanno sempre portato consenso) e di contrapposizione Nord-Sud o ricchi-poveri. Ed è difficile pensare altrimenti visto che gli unici risultati tangibili ottenuti in un quarto di secolo sono i cartelli stradali bilingui e lo studio del dialetto in qualche scuola.

Poiché si è trattato di un federalismo di facciata, la Lega non si è neanche mai preoccupata di chiedere ai propri elettori e ai cittadini che amministra qual’è secondo loro la dimensione ideale che dovrebbe assumere l’unità intermedia tra Stato e Comune.

Se gli Italiani potessero dire la loro sceglierebbero quasi esclusivamente la provincia rispetto alla regione. La prima motivazione è che in Italia le regioni – a differenza ad esempio della Germania – non trovano la loro origine nella storia. Con l’eccezione della Serenissima, che governava il Veneto e oltre, e del Piemonte, cuore del regno savoiardo, nessuna regione Italiana può veramente vantare un recente passato autonomo (la Sardegna, isola isolata è una storia a parte).

Al contrario, spesso le rivalità maggiori sono state quelle con i vicini, il cui eco rimane oggi a secoli di distanza, basti pensare alla Toscana (mi venne da ridere quando il Governo pensò di accorpare le province di Pisa e Livorno). Gli Italiani non si sentono Lombardi, Pugliesi o Siciliani quanto piuttosto Milanesi e Bergamaschi, Baresi e Leccesi, Palermitani e Catanesi.

La seconda ragione per cui gli Italiani preferirebbero le province è di carattere pratico; la maggior parte delle scelte che un’unità intermedia deve compiere riguarda aree territoriali uniformi e interdipendenti. Novara dialoga probabilmente più con Milano che con Torino a livello di necessità di servizi, Mantova con Verona e così via. La creazione delle regioni che ha risucchiato le competenze delle province anziché decentrare ha di fatto centralizzato a livello regionale competenze che erano prima vicine ai cittadini, allontanandoli dal controllo delle scelte politiche.

Ma la ragione per essere favorevoli all’abolizione delle regioni è che è alla loro esistenza che va addebitato in buona parte il drammatico aumento della pressione fiscale avvenuto nell’ultimo quarto di secolo. Dal 1980 ad oggi infatti ogni Italiano paga il 120% in più di tasse e ciononostante nello stesso periodo il debito pubblico è raddoppiato. Quelli un po’ meno giovani provino a tornare a quell’epoca; vi viene in mente qualcosa che allora non c’era in termini di servizi e infrastrutture pubbliche e ora c’è?

La Salerno Reggio è ancora in costruzione, la banda larga sta ancora al largo dalle nostre case, negli ospedali si paga il ticket e non mi sembra siano state introdotte misure concrete di welfare. Le ferrovie sono diventate un po’ più veloci ma per i pendolari la situazione non è certo migliorata. L’unica cosa nuova che i nostri politici sono stati in grado di realizzare sono proprio loro, le regioni che oltre a essere diventate un importante centro di spesa hanno creato un’ulteriore livello di complicazione in qualsiasi azione un cittadino debba intraprendere.

La richiesta va mandata al ministero e alla regione, il tribunale è anche regionale, etc. Le modifiche al titolo V della Costituzione anzichè correggere le storture evidenziate nel primo ventennio delle Regioni le hanno esacerbate.

Per chi poi come me è cresciuto nel mito di Schumacher, autore di quel “Piccolo è bello” a cui si deve la diffusione dell’idea di sostenibilità, e di Adriano Olivetti fondatore del movimento di Comunità, è stato abbastanza naturale arrivare a queste considerazioni. Entrambi concludono che solo una dimensione territoriale della taglia delle province è quella più idonea a garantire lo sviluppo della comunità.

Mentre lavoravo al capitolo dedicato all’abolizione delle regioni per il libro che sto scrivendo e al quale potete contribuire qui, mi sono chiesto; possibile che a nessuno prima sia venuta un’idea così semplice? Effettivamente uno c’è e a quest’idea di federalismo “vero” ci lavora da quasi 20 anni. Si chiama Francesco Forti l’ho contattato e mi ha invitato ad andare a trovarlo a Lugano dove vive ormai da più di 25 anni. Per una giornata abbiamo parlato di politica come se fosse una cosa bellissima. Mi ha raccontato di come ha provato a portare le sue idee all’Ulivo ma dopo un inizio promettente hanno lasciato perdere.

Poi ci ha provato con la Lega ma gli han riso in faccia; se aboliamo le Regioni chi ci da da mangiare a noi, gli hanno detto. Infine ha portato le sue idee a FARE, ma anche qui pare si preferisca lo slogan popolare dell’aboliamo le province. Forti è un esperto di informatica applicata ai tributi e di federalismo fiscale. In Italia lavorava all’IPSOA che si occupa di editoria giuridica e per trasportare la raccolta completa della legislazione tributaria Italiana aveva bisogno di un camioncino (oggi se non ci fossero gli hard disk ce ne vorrebbero due). Così stanco di complicazioni tributarie, e non solo, ha deciso di mettere a disposizione del fisco svizzero le sue competenze: “D’altronde non è stato difficile conoscere il loro sistema fiscale perché stava e sta tutto nella tasca di una giacca”. Ed è alla Svizzera che si richiamano le proposte che potete leggere qui.

Il cuore del ragionamento è basato sulla possibilità, da parte del cittadino, di decidere come debba essere amministrato. Di decidere se vuole pagare o meno per la realizzazione di un’opera pubblica. Pensate che se i lombardi fossero stati interpellati, avrebbero permesso a Formigoni di spendere oltre 500 milioni per una nuova sede della regione? Forti mi ha portato a piedi a uno dei tanti centri di riciclaggio (di monnezza, cosa pensavate…) dove i cittadini partecipano attivamente garantendo i livelli più alti di differenziata al mondo. “E’ semplice, i cittadini sanno che differenziare significa spendere meno di tasse, quindi lo fanno”.

In Svizzera trova piena applicazione il principio che guidò il processo da cui nacquero gli USA, niente tassazione senza rappresentanza, senza cioè la possibilità di decidere della cosa pubblica. Non sarebbe male se cominciassimo ad applicarlo anche in Italia dove il cittadino non ha la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, non ha la possibilità di sostenere l’adozione di leggi e nella maggior parte dei casi nemmeno di abolirle.

L’adozione di un sistema alla Svizzera, in cui i cittadini stabiliscono che livello di servizi avere ed in cambio quante tasse pagare è forse l’unico modo per riconquistare l’interesse dei cittadini verso la politica. Oggi molti non vanno a votare proprio perché “uno o l’altro sono tutti uguali”. Pensate invece che effetto avrebbe, nella terra dei campanili, mettere tra di loro in competizione i territori. È un peccato perché dal federalismo passa l’unica possibilità che i cittadini hanno di assumere un controllo maggiore della cosa pubblica. Il disastro Italiano è dovuto al connubio che negli ultimi 40 anni ha visto e vede la totalità dei partiti governare sostanzialmente insieme per spartirsi una fetta sempre crescente del reddito.

Perché le élite tendono naturalmente ad appropriarsi del potere dei cittadini e questo avviene tanto più facilmente quanto più l’amministrazione è lontana fisicamente. L’unico modo per invertire questa tendenza è di di responsabilizzare le persone rendendole partecipi dei processi decisionali su questioni concrete come le tasse.

 
 Marco Di Gregorio

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