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E’ la Nato che traccia il solco, ma è l’Europa che lo difende

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Oggi le comiche, anzi, i comici! Dopo il comico inventore del partito dell’onestà e dopo il comico inventore del presidente giramondo in grigioverde, per non farci mancare niente avremo il comico masaniello radunatore di folle per richiedere – ma che dico, per esigere! –  più Europa. A quanto pare, come certi cocainomani, noi italiani non ne abbiamo mai abbastanza. Forse perché, a furia di nascondere la polvere sotto il tappeto, non sappiamo più dove pipparla.

Prendete questa, per esempio: ci avevano venduto l’Unione Europea come il più grande progetto di “pace” della storia. Ci avevano detto che l’UE era nata per mettere fine alle guerre in Europa e per garantire la stabilità e la convivenza pacifica tra le nazioni. Ce l’hanno ripetuto fino a farlo diventare uno slogan da detersivo: “L’Europa ha portato la pace”, come Babbo Natale porta i regali e la fatina dei denti i soldini. Peccato non fosse vero niente. Anzi, adesso scopriamo pure che era vero l’esatto contrario. E ciò grazie al livido candore con cui una signora “prussiana” dalla chioma cotonata  (non eletta da nessuno) ha deliberato che l’Europa ha bisogno di più armi per tutti. Proprio come ieri aveva bisogno di più pale eoliche e l’altro ieri di più vaccini.

Probabilmente, mentre noi scriviamo, lei sta digitando sullo smartphone un sms per chiudere un contrattino da  miliardi di euro. E quel messaggio si auto-distruggerà tra cinque, quattro, tre, due, secondi. Pari pari come nel film “Mission Impossible”. Del resto, solo fino a qualche anno fa, l’idea di lanciare un piano di riarmo micidiale semplicemente annunciandolo in tv sarebbe sembrata, appunto, una missione impossibile. Ma l’impossibile – anno dopo anno, menzogna su menzogna, di propaganda in propaganda – è diventato prima probabile e poi possibilissimo, anzi inevitabile. Il che è semplicemente fantascientifico se pensate alle premesse. E cioè al fatto che l’intera prosopopea unionista (la più grande disgrazia abbattutasi in Europa dai tempi degli Unni) si è retta per decenni su una colossale fallacia logica: il post hoc ergo propter hoc. Il ragionamento, in sintesi, era questo: dopo la Seconda Guerra Mondiale in Europa è iniziato il processo di unificazione europea; ma  c’è stata anche la pace; ergo la pace è frutto e merito dell’unificazione europea.

Peccato si trattasse di  una mistificazione fatta e finita, sul piano politico, storico e logico. La pace in Europa, dopo il 1945, non è stata propiziata dall’UE, che all’epoca neppure esisteva, ma dalle paure suscitate dagli orrori passati appena conclusi e da quelli futuri, nient’affatto impossibili, di una guerra nucleare. Il continente era diviso tra due blocchi reciprocamente “garantiti” dalla certezza di distruggersi a vicenda in caso di conflitto. Ma noi abbiamo creduto alla favola del processo di unificazione europea che avrebbe prima avviato e poi “garantito” una universale e imperitura pace kantiana. E abbiamo dato il nostro silenzio-assenso a tutte le successive tappe di un progetto mefistofelico; un piano in grado di irreggimentare gli stati del vecchio continente  in quel termitaio giuridico-burocratico-amministrativo in cui si sono liquefatte le singole sovranità nazionali. Anche grazie alla corriva, e lautamente ricompensata, compiacenza di classi politiche corrotte fino al midollo.

Però – ci ripetevano gli europeisti giulivi, quali beoti citrulli – è un “prezzo da pagare” sull’altare della “pace”, per evitare i lutti e le trincee della prima Grande guerra e i bombardamenti di quella successiva.  Ora, però, il castello di bugie va in frantumi e dire che il re è nudo è un eufemismo. Persino un comico imbecille – e i comici imbecilli oggi vanno via come il pane – è in grado di capirlo, di farsi cogliere dall’amletico dubbio: sarò mica un cretino? Non mi staranno mica prendendo per il cesto? Se l’UE era nata per garantire la pace, perché ora la sua priorità è il riarmo? La già citata Ursula von der Leyen lo ha detto a chiare lettere: basta titillarsi con le menate della golden rule, del rapporto deficit-pil, dei compiti per casa, dei parametri di Maastricht con cui ci hanno frantumato i santissimi per un quarto di secolo. Ora, bisogna riarmarsi a costo di indebitarsi come se non ci fosse un domani.  L’Unione pacifista spinge per l’aumento delle spese militari, per la creazione di un esercito europeo, per il finanziamento dell’industria bellica.

E qui arriva la domanda cruciale: ma se l’UE era la garanzia della pace, perché adesso si prepara alla guerra? Ai comici dal neurone unico (proprio come la moneta) e balbettante ci vorrà forse qualche mese per raccapezzarsi. Ma anche loro, presto o tardi, arriveranno all’unica conclusione plausibile: ci hanno mentito fin dall’inizio.

Non solo l’Unione Europea non è stata la causa della pace in Europa, ma era destinata a diventare, come sta diventando, un ben oliato strumento di escalation militare. Cancellare i confini sulla base dell’equazione “no confini-no guerre” era solo un gioco di prestigio per creare confini più grandi in vista di nemici più grandi e di guerre più grandi. Non più tedeschi contro francesi o inglesi contro italiani ma europei contro russi. O persino contro americani o cinesi, se serve. E siccome tra i mitici consiglieri dei mitici padri fondatori c’erano anche degli scafatissimi figli di mignotta, questi ultimi hanno pensato per tempo pure alle “scartoffie”. Noi italiani abbiamo scritto in Costituzione un principio chiarissimo, unico al mondo, sul rifiuto totale e non negoziabile della guerra: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. L’Italia non condanna la guerra, non la sconsiglia: la ripudia. Non esiste, probabilmente, un’espressione più elegante e “letteraria” per significare il disprezzo verso qualcosa.

La guerra, ai nostri padri costituenti, faceva talmente schifo che ci vietarono financo di “pensarla”. Ma per “noi” europei è diverso, sapete. Perché? Perché l’UE non è fondata sulla nostra Costituzione, ma sul Trattato di Lisbona. Laddove è scritto che la UE non ripudia affatto la guerra, anzi. Se ne riserva il diritto. L’articolo 42 del Trattato recita infatti: “L’Unione può avvalersi di tali mezzi [civili e militari, N.d.R.] in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite”. Alla faccia del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Basta dichiarare che un’operazione militare serve per la “pace” (oppure per salvare la barcollante democrazia europea o persino l’inesistente democrazia di uno stato non europeo) ed ecco che l’UE può mandare truppe e bombardare dove vuole.

Per giustificare questa svolta militarista, l’UE e i suoi burattinai ci hanno spacciato una serie di bugie confezionate ad arte: 1) che la guerra russo-ucraina si risolve tutta con la filastrocca “aggressore-aggredito”. Mentre la sua vera causa è  stata prima la sciagurata espansione della NATO a est, poi il colpo di stato in Ucraina del 2014 “agevolato” dagli Usa e dai “filantropi” democratici e mai denunciato dall’Unione, infine la caccia al russo nel Donbass durata otto anni con migliaia di morti e il tradimento degli accordi di Minsk; 2) che L’Ucraina è un modello di democrazia, anzi il bastione democratico della Ue: detto dalle stesse facce di bronzo le quali, in prima serata, tacevano sul fatto che il regime di Zelensky chiudeva i giornali, metteva fuori legge i partiti dissidenti e si auto-prorogava ad libitum e sine die pur essendo giuridicamente “scaduto” dal 2024; 3) che la Russia vuole invadere tutta l’Europa e che Kiev sarebbe solo un antipasto per l’insaziabile appetito geopolitico di Vladimir il terribile,  nuovo fuhrer conquistatore. Nel mezzo, qualcuno ha pensato anche di paragonare la Russia (erede di uno Stato che pagò milioni di  morti alla lotta contro il nazifascismo) alla Germania Nazista. Una barzelletta risibile per  un bambino semi-scolarizzato, ma impunemente propalata dagli schermi delle nostre televisioni (di punta) dalle bocche e dai nasi (a punta) di presunti storici “professionisti”.

Ma quando pensi che la sofferenza sia finita è proprio allora che comincia la salita, canterebbe Venditti. O il perfido colpo di genio, se preferite: per finanziare questa corsa agli armamenti stanno pensando di usare i fondi di coesione, vale a dire le risorse destinate ai paesi più poveri dell’UE. Fondi che verrebbero riconvertiti in proiettili e munizioni onde rimpinguare  le casse dell’industria bellica. Ora, possiamo forse perdonarci di essere stati “superficiali” nel non accorgerci del lavaggio del cervello patito con la bufala dell’Europa che “nasce dalla guerra per garantire la pace”. Ma solo in un paese di idioti impenitenti (o di comici scadenti) può succedere che, nel 2025, si organizzino cortei per chiedere ancora “più Europa”: cioè, allo stato attuale e fattuale, più armi, più soldi alle industrie belliche, per compiacere gli unici veri beneficiari di questo teatrino: i lobbisti delle armi e le multinazionali a loro collegate.

Chi oggi, davanti all’evidenza, continua a bersi le loro menzogne, merita solo un epiteto abbastanza greve. La parola giusta per definire certi connazionali, ce l’abbiamo sulla lingua, ma è un po’ volgare. Solo la poesia può permetterci di dirla senza scadere di tono. Ci soccorre allora Trilussa e la conclusione della sua indimenticabile Ninna Nanna. Cantatela pensando alla Von der Layen e ai c***ni che scenderanno in piazza per invocare più bombe per la patria europea: “E riuniti fra de loro senza l’ombra d’un rimorso, ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro pe quer popolo cojone risparmiato dar cannone!”. Nel nostro caso, sarebbe meglio dire: “invaghito dal cannone”. Ma l’epiteto non cambia. E neanche la morale.

Francesco Carraro

www.francescocarraro.com


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