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Energia

Droni sul gas del Kurdistan: blackout e missili “amici”. Chi destabilizza l’Iraq?

Un nuovo attacco al campo di Khor Mor lascia il Kurdistan al buio. Sospetti sulle milizie filoiraniane mentre i milioni di dollari degli investimenti USA rischiano di andare in fumo.

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Il Medio Oriente non smette di ribollire, e questa volta il mirino si è spostato su una risorsa fondamentale per la stabilità economica dell’area: l’energia. Un attacco con droni ha colpito il campo di gas di Khor Mor, nel governatorato di Sulaymaniyah, cuore pulsante della produzione energetica del Kurdistan iracheno.

Non si tratta di un incidente isolato, ma dell’ennesimo capitolo di una guerra asimmetrica che mira a colpire le infrastrutture critiche, lasciando al buio le popolazioni e mettendo in fuga gli investitori internazionali.

Dove si trova Khor Mor

L’attacco e il buio

Nella tarda serata di mercoledì, un drone ha colpito un impianto di stoccaggio chiave del campo di Khor Mor, gestito dal consorzio Pearl (che include la Dana Gas degli Emirati Arabi Uniti). Il risultato è stato immediato e tangibile:

  • Sospensione delle esportazioni di gas.
  • Interruzione della generazione elettrica.

  • Blackout diffusi a Erbil e in altre aree del Kurdistan.
Fortunatamente, le autorità di sicurezza confermano che, nonostante l’incendio scoppiato in uno dei serbatoi principali, non ci sono state vittime umane. Tuttavia, il danno economico è ingente. Ironia della sorte, Dana Gas aveva da poco ottenuto un prestito di 250 milioni di dollari dalla US International Development Finance Corporation per espandere la produzione. Evidentemente, qualcuno non gradisce che il Kurdistan diventi energeticamente indipendente o troppo vicino agli Stati Uniti.

Impianto di lavorazione del gas di Khor Mor

Le reazioni politiche: la solita “inchiesta congiunta”

La reazione politica segue un copione ormai logoro. Il Primo Ministro della Regione del Kurdistan, Masrour Barzani, ha riferito di una telefonata con il premier iracheno Mohammed Shia’ al-Sudani. Quest’ultimo ha condannato fermamente l’accaduto, definendolo “un attacco a tutto l’Iraq”.

La soluzione proposta? Una commissione investigativa congiunta. Una mossa che, storicamente, in Iraq serve spesso a prendere tempo mentre le tensioni decantano, senza quasi mai arrivare a colpire i veri mandanti, specialmente se questi risiedono in palazzi del potere vicini a Teheran. Perché è ovvio che i droni e i missili provengono da li, se non direttamente, indirettamente.

Chi c’è dietro? La pista delle milizie

Chi ha interesse a bombardare un campo a gas? Sebbene nessun gruppo abbia rivendicato ufficialmente l’attacco, gli indizi puntano in una direzione precisa.

  • Il precedente: Ad aprile 2024, un attacco simile ha ucciso quattro lavoratori yemeniti.

  • L’accusa: Aziz Ahmad, vice capo dello staff del premier curdo, non ha usato mezzi termini, parlando di “terroristi sul libro paga del governo federale”.

Il riferimento è, neanche troppo velato, alle Unità di Mobilitazione Popolare (PMU), le milizie sciite integrate nelle forze di sicurezza irachene ma ideologicamente e operativamente legate all’Iran. Queste stesse milizie sono parte della “Resistenza Islamica” che ha lanciato droni contro Israele in risposta alla guerra a Gaza.

Un quadro di instabilità cronica

La situazione è complessa e si inserisce in un quadro più ampio di destabilizzazione regionale:

  • Domenica scorsa: Un altro drone diretto al campo era stato abbattuto dalle forze di sicurezza curde.

  • Richieste di aiuto: Il vice premier curdo, Qubad Talabani, ha chiesto alla Coalizione guidata dagli USA sistemi di difesa aerea.

  • Tensioni interne: Mentre Baghdad promette giustizia, le fazioni interne al suo stesso apparato di sicurezza sembrano agire come “battitori liberi” per conto terzi.

In sintesi, attaccare Khor Mor significa colpire l’economia curda, spaventare gli investitori occidentali (e americani in particolare) e mantenere l’Iraq in uno stato di dipendenza energetica e debolezza strutturale. Un gioco pericoloso che si combatte sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini lasciati al buio. Però i curdi non saranno disposti a tollerare a lungo questo situazione e i giochi del governo centrale. Potrebbero perdere la pazienza e chiedere aiuti ai propri alleati: USA, Emirati e Israele.

Domande e risposte

Perché il campo di Khor Mor è così importante strategicamente?

Khor Mor è il più grande giacimento di gas della regione del Kurdistan. Non è solo una fonte di ricchezza per l’esportazione, ma è vitale per il mercato interno: fornisce il gas necessario ad alimentare le centrali elettriche di Erbil, Chamchamal e Bazian. Colpire Khor Mor significa spegnere la luce in gran parte del Kurdistan, paralizzando l’attività economica e creando immediato malcontento sociale. Inoltre, è un simbolo della partnership economica con l’Occidente e gli Emirati Arabi, grazie agli investimenti di Dana Gas e ai finanziamenti USA.

Chi sono i sospettati principali dietro questi attacchi ricorrenti?

Sebbene le rivendicazioni ufficiali siano rare, i sospetti ricadono quasi interamente sulle milizie sciite filoiraniane operanti in Iraq, spesso raggruppate sotto la sigla delle Unità di Mobilitazione Popolare (PMU). Funzionari curdi hanno esplicitamente parlato di “terroristi sul libro paga del governo federale”. Queste fazioni agiscono spesso per fare pressione politica sul governo curdo, per contrastare l’influenza americana nella regione o come ritorsione in scenari più ampi, come il conflitto tra Israele e Hamas/Iran, colpendo gli alleati degli Stati Uniti.

Quali sono le conseguenze economiche immediate e a lungo termine?

Nell’immediato, l’attacco causa l’interruzione della fornitura elettrica e costi diretti per la riparazione delle infrastrutture danneggiate. A lungo termine, però, il danno è reputazionale e finanziario. La continua insicurezza scoraggia gli Investimenti Diretti Esteri (IDE). Dana Gas ha appena ottenuto un prestito di 250 milioni di dollari dagli USA per espandersi; attacchi continui mettono a rischio questi progetti di sviluppo, aumentando il “rischio paese” e rendendo il credito più costoso o inaccessibile per il futuro, bloccando la crescita economica della regione.

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