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Droni contro gli incendi: la tecnologia militare che può salvare vite (e perché l’Italia dovrebbe pensarci)
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Certamente. Ecco l’articolo redatto secondo lo stile di Scenarieconomici.it, basato sul testo fornito e con tutti gli elementi richiesti.
Droni contro gli incendi: la tecnologia militare che può salvare vite (e perché l’Italia dovrebbe pensarci)
Gli incendi boschivi sono una piaga globale, un nemico che ogni estate affrontiamo con coraggio ma, diciamocelo, con strumenti che sanno un po’ di secolo scorso. Mentre le fiamme divorano ettari di verde, spesso ci affidiamo ancora a vedette umane e a tempi di reazione che, inevitabilmente, lasciano al fuoco un vantaggio cruciale. Ma se la soluzione venisse da un settore inaspettato, quello della tecnologia per la difesa?
Due colossi, l’americana Anduril Industries e la sudcoreana Korean Air, hanno unito le forze proprio per questo: creare una piattaforma aerea completamente automatizzata per gestire l’intero ciclo di risposta a un incendio, con un intervento umano ridotto al minimo indispensabile. L’idea, come ha candidamente ammesso il fondatore di Anduril, Palmer Luckey, è che “il modo in cui combattiamo gli incendi è terribilmente antiquato”. Difficile dargli torto.
Il progetto prevede di integrare i sistemi a pilotaggio remoto (UAV) di Korean Air, una delle aziende leader nel settore in Corea, nella piattaforma software Lattice di Anduril, il vero e proprio cervello del sistema.
Come funziona la piattaforma anti-incendio del futuro?
Il sistema non si limita a inviare un drone a gettare acqua. Si tratta di un approccio integrato e intelligente, che si articola in diverse fasi:
Rilevamento Immediato: La piattaforma Lattice unifica i dati provenienti da una vasta rete di sensori distribuiti a terra, in aria e persino dallo spazio. Invece di aspettare una segnalazione visiva, il sistema rileva l’anomalia termica o il fumo non appena si manifesta, allertando un operatore.
Valutazione Autonoma: L’operatore, con un clic, può inviare sul posto droni da ricognizione ad alta velocità, come il Fury di Anduril o altri velivoli di Korean Air. Questi, in modo autonomo, valutano la scala, la direzione e l’intensità dell’incendio, fornendo un quadro operativo chiaro in pochi minuti.
Soppressione Mirata: Una volta raccolte le informazioni, il sistema permette di assegnare il compito di spegnimento a ulteriori droni specializzati nel trasporto di acqua o liquido ritardante, oppure di coordinare l’intervento dei più tradizionali canadair con una precisione chirurgica.
L’obiettivo è saltare a piè pari il modello tradizionale, che si basa sulla scoperta umana e soffre di ritardi critici. Con l’automazione, si punta a colpire il fuoco quando è ancora piccolo e gestibile, salvando vite, proprietà e miliardi di euro di danni.
Una Lezione per l’Italia: la via del “Dual-Use”
E qui la faccenda si fa interessante anche per noi. L’accordo tra Anduril e Korean Air non nasce dal nulla, ma è un’espansione della loro collaborazione sui sistemi unmanned per il mercato asiatico, con evidenti applicazioni nel campo della difesa.
Questo ci porta a una riflessione quasi obbligata. Un drone progettato per trasportare centinaia di litri d’acqua su un incendio non è strutturalmente così diverso da un velivolo che, in un contesto bellico, potrebbe avere altri compiti. Si parla di sistemi “dual-use”, a doppio uso, civile e militare.
In un momento storico in cui l’Italia, come altri paesi europei, si trova a dover aumentare le spese per la difesa per rispettare gli impegni presi in sede NATO, non sarebbe forse più saggio e lungimirante investire in tecnologie di questo tipo? Invece di acquistare sistemi puramente militari destinati, si spera, a non essere mai usati e a prendere polvere in un hangar, potremmo sviluppare e produrre piattaforme duali. Droni che ogni giorno potrebbero essere impiegati dalla Protezione Civile per il monitoraggio del territorio, la ricerca di dispersi e, appunto, la lotta attiva agli incendi, ma che, con modifiche non strutturali, potrebbero essere riconvertiti per scopi di difesa in caso di necessità.
Sarebbe un modo intelligente di usare i soldi dei contribuenti: si rafforza la sicurezza nazionale, si dota il paese di strumenti all’avanguardia per le emergenze civili e si sviluppa un know-how tecnologico nazionale. Molto meglio che limitarsi a comprare sistemi che, con un po’ di fortuna, non serviranno mai.
Domande e Risposte per il Lettore
1. Come fa questo sistema a essere più rapido di un essere umano nel rilevare un incendio?
La forza del sistema sta nell’integrazione di dati da più fonti in tempo reale. Invece di affidarsi a una singola vedetta o a una chiamata al 115, la piattaforma software Lattice analizza costantemente i dati da satelliti, sensori a terra e velivoli in volo. Un’anomalia termica o un pennacchio di fumo vengono identificati da un algoritmo non appena diventano visibili a un sensore, generando un allarme immediato a un operatore. Questo processo elimina il ritardo umano nella percezione e nella comunicazione, permettendo di agire quando l’incendio è ancora nella sua fase iniziale e più vulnerabile.
2. Quali sono i principali ostacoli per l’adozione di una tecnologia simile in Italia?
Gli ostacoli sono principalmente di natura normativa, burocratica ed economica. L’uso su larga scala di droni autonomi richiede una regolamentazione dello spazio aereo complessa (norme ENAC/EASA), che garantisca la sicurezza e la coesistenza con il traffico aereo tradizionale. Inoltre, c’è il costo iniziale dell’infrastruttura (droni, sensori, software) e la necessità di integrare questi nuovi sistemi con le flotte e le procedure già in uso dalla Protezione Civile e dai Vigili del Fuoco. Infine, servirebbe una chiara volontà politica per superare le resistenze burocratiche e stanziare fondi specifici per l’innovazione tecnologica.
3. Che cosa significa esattamente “dual-use” e perché è un concetto strategico?
“Dual-use” (doppio uso) si riferisce a tecnologie, beni o software che possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari. Un esempio classico è il GPS, nato per usi militari e oggi onnipresente nella vita civile. Nel contesto dei droni, un velivolo robusto capace di trasportare carichi pesanti (come l’acqua) può essere facilmente adattato per trasportare altri tipi di “carichi” in un contesto di difesa. Per un paese come l’Italia, investire in dual-use è strategico perché permette di ottimizzare la spesa pubblica, ottenendo capacità militari e contemporaneamente fornendo strumenti utili per le emergenze quotidiane, come quelle ambientali.
Link Informativi
Ecco alcune fonti internazionali che hanno riportato la notizia della collaborazione:
Interesting Engineering: Uncrewed aerial system with wildfire response platform planned to save thousands of lives
Anduril Press Release (se disponibile): Solitamente si trova sul sito ufficiale di Anduril Industries nella sezione notizie.
Defense News / Breaking Defense: Siti specializzati che spesso coprono le attività di aziende come Anduril.
Riassunto/Sottotitolo per Google Discover
Una nuova piattaforma di droni automatizzati promette di rivoluzionare la lotta agli incendi, rilevandoli e spegnendoli sul nascere. E per l’Italia potrebbe essere un’occasione unica per investire in modo intelligente nella difesa con tecnologie a doppio uso.

Gli incendi boschivi sono una piaga globale, un nemico che ogni estate affrontiamo con coraggio ma, diciamocelo, con strumenti che sanno un po’ di secolo scorso. Mentre le fiamme divorano ettari di verde, spesso ci affidiamo ancora a vedette umane e a tempi di reazione che, inevitabilmente, lasciano al fuoco un vantaggio cruciale. Ma se la soluzione venisse da un settore inaspettato, quello della tecnologia per la difesa?
Due colossi, l’americana Anduril Industries e la sudcoreana Korean Air, hanno unito le forze proprio per questo: creare una piattaforma aerea completamente automatizzata per gestire l’intero ciclo di risposta a un incendio, con un intervento umano ridotto al minimo indispensabile. L’idea, come ha candidamente ammesso il fondatore di Anduril, Palmer Luckey, è che “il modo in cui combattiamo gli incendi è terribilmente antiquato”. Difficile dargli torto.
Il progetto prevede di integrare i sistemi a pilotaggio remoto (UAV) di Korean Air, una delle aziende leader nel settore in Corea, nella piattaforma software Lattice di Anduril, il vero e proprio cervello del sistema.
Come funziona la piattaforma anti-incendio del futuro?
Il sistema non si limita a inviare un drone a gettare acqua. Si tratta di un approccio integrato e intelligente, che si articola in diverse fasi:
- Rilevamento Immediato: La piattaforma Lattice unifica i dati provenienti da una vasta rete di sensori distribuiti a terra, in aria e persino dallo spazio. Invece di aspettare una segnalazione visiva, il sistema rileva l’anomalia termica o il fumo non appena si manifesta, allertando un operatore.
- Valutazione Autonoma: L’operatore, con un clic, può inviare sul posto droni da ricognizione ad alta velocità, come il Fury di Anduril o altri velivoli di Korean Air. Questi, in modo autonomo, valutano la scala, la direzione e l’intensità dell’incendio, fornendo un quadro operativo chiaro in pochi minuti.
- Soppressione Mirata: Una volta raccolte le informazioni, il sistema permette di assegnare il compito di spegnimento a ulteriori droni specializzati nel trasporto di acqua o liquido ritardante, oppure di coordinare l’intervento dei più tradizionali canadair con una precisione chirurgica.
L’obiettivo è saltare a piè pari il modello tradizionale, che si basa sulla scoperta umana e soffre di ritardi critici. Con l’automazione, si punta a colpire il fuoco quando è ancora piccolo e gestibile, salvando vite, proprietà e miliardi di euro di danni.
Una Lezione per l’Italia: la via del “Dual-Use”
E qui la faccenda si fa interessante anche per noi. L’accordo tra Anduril e Korean Air non nasce dal nulla, ma è un’espansione della loro collaborazione sui sistemi unmanned per il mercato asiatico, con evidenti applicazioni nel campo della difesa.
Questo ci porta a una riflessione quasi obbligata. Un drone progettato per trasportare centinaia di litri d’acqua su un incendio non è strutturalmente così diverso da un velivolo che, in un contesto bellico, potrebbe avere altri compiti. Si parla di sistemi “dual-use”, a doppio uso, civile e militare.
In un momento storico in cui l’Italia, come altri paesi europei, si trova a dover aumentare le spese per la difesa per rispettare gli impegni presi in sede NATO, non sarebbe forse più saggio e lungimirante investire in tecnologie di questo tipo? Invece di acquistare sistemi puramente militari destinati, si spera, a non essere mai usati e a prendere polvere in un hangar, potremmo sviluppare e produrre piattaforme duali. Droni che ogni giorno potrebbero essere impiegati dalla Protezione Civile per il monitoraggio del territorio, la ricerca di dispersi e, appunto, la lotta attiva agli incendi, ma che, con modifiche non strutturali, potrebbero essere riconvertiti per scopi di difesa in caso di necessità.
Sarebbe un modo intelligente di usare i soldi dei contribuenti: si rafforza la sicurezza nazionale, si dota il paese di strumenti all’avanguardia per le emergenze civili e si sviluppa un know-how tecnologico nazionale. Molto meglio che limitarsi a comprare sistemi che, con un po’ di fortuna, non serviranno mai.
Domande e Risposte per il Lettore
1. Come fa questo sistema a essere più rapido di un essere umano nel rilevare un incendio? La forza del sistema sta nell’integrazione di dati da più fonti in tempo reale. Invece di affidarsi a una singola vedetta o a una chiamata al 115, la piattaforma software Lattice analizza costantemente i dati da satelliti, sensori a terra e velivoli in volo. Un’anomalia termica o un pennacchio di fumo vengono identificati da un algoritmo non appena diventano visibili a un sensore, generando un allarme immediato a un operatore. Questo processo elimina il ritardo umano nella percezione e nella comunicazione, permettendo di agire quando l’incendio è ancora nella sua fase iniziale e più vulnerabile.
2. Quali sono i principali ostacoli per l’adozione di una tecnologia simile in Italia? Gli ostacoli sono principalmente di natura normativa, burocratica ed economica. L’uso su larga scala di droni autonomi richiede una regolamentazione dello spazio aereo complessa (norme ENAC/EASA), che garantisca la sicurezza e la coesistenza con il traffico aereo tradizionale. Inoltre, c’è il costo iniziale dell’infrastruttura (droni, sensori, software) e la necessità di integrare questi nuovi sistemi con le flotte e le procedure già in uso dalla Protezione Civile e dai Vigili del Fuoco. Infine, servirebbe una chiara volontà politica per superare le resistenze burocratiche e stanziare fondi specifici per l’innovazione tecnologica.
3. Che cosa significa esattamente “dual-use” e perché è un concetto strategico? “Dual-use” (doppio uso) si riferisce a tecnologie, beni o software che possono essere utilizzati sia per scopi civili che militari. Un esempio classico è il GPS, nato per usi militari e oggi onnipresente nella vita civile. Nel contesto dei droni, un velivolo robusto capace di trasportare carichi pesanti (come l’acqua) può essere facilmente adattato per trasportare altri tipi di “carichi” in un contesto di difesa. Per un paese come l’Italia, investire in dual-use è strategico perché permette di ottimizzare la spesa pubblica, ottenendo capacità militari e contemporaneamente fornendo strumenti utili per le emergenze quotidiane, come quelle ambientali.

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