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Discussione sulle problematiche dell’Euro (parte quarta)

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Ed ecco al fin sopraggiungere la parte quarta ed ultima del Pamphlet di Tancredi Vella. Come sempre, per vostra comodità, riportiamo in apertura i link alle parti che precedono la presente.

Enjoy yourself!

Maurizio Gustinicchi

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Link alla parte 1: https://scenarieconomici.it/discussione-sulle-problematiche-delleuro-parte-prima/

Link alla parte 2: https://scenarieconomici.it/discussione-sulle-problematiche-delleuro-parte-seconda/

Link alla parte 3: https://scenarieconomici.it/discussione-sulle-problematiche-delleuro-parte-terza/

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6 E ADESSO? CHE FARE?

Le soluzioni alla moneta unica sono diverse e portano a diverse strade:

1) Rimanere nell’Euro così com’è: è la scelta che l’intera Eurozona sta compiendo per mano dei suoi esecutivi. Inutile citare le fonti, basta comperare un giornale o accendere un apparecchio radiotelevisivo. Ancor più inutile è spiegare perché questa scelta porterà l’intera Europa nel baratro;

2) Rimanere nell’Euro, ma introducendo nuovi sistemi di pagamento: è la scelta che Marco Cattaneo propone coi suoi Certificati di Credito Fiscale. Può essere vista come l’anticamera per l’uscita dell’Italia dalla Zona Euro. Qui la pagina del suo progetto: http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/;

3) Scindere la zona Euro in due, creando un Euro A (dei paesi del Nord, quelli appartenenti all’Area Marco) ed un Euro B (ad uso esclusivo dei paesi mediterranei / periferici. È visto come l’anticamera per l’ingresso della zona Euro A). Questa è la scelta di Bruno Amoroso e che spiega bene nel suo libro L’Europa oltre l’euro (Castelvecchi Editore, 2012). Secondo l’Autore questa scelta non è preferibile da percorrere perché la zona Euro B potrebbe diventare come quella del Franco CFA nei confronti dell’Euro (nelle fonti link per un approfondimento in merito);

4) Smantellamento ordinato della Zona Euro: è la soluzione proposta da Bagnai, Becchi, Borghi, Rinaldi e Sapir;

L’Autore, per idee e motivazioni sue, preferisce analizzare il punto 4. Il Lettore potrà sempre reperire nella rete materiale informativo riguardo gli altri tre punti. L’analisi qui condotta vien fatta seguendo il libro Il tramonto dell’Euro di Bagnai, ad oggi uno dei pochi lavori completi sulla procedura di uscita dalla moneta unica.

6.4 ANTEFATTI

L’uscita dall’Euro non è paragonabile alla semplicità di un semplice abbandono di un regime a cambi fissi a causa di diverse problematiche: da quelle sentimentali quali quella di sentirsi “inferiori” (o non europei) perché non si fa più parte dell’area euro a quelle più prettamente materiali e tecniche, come la sostituzione delle banconote e monete oppure per la ridefinizione dei nuovi rapporti obbligatori. Vedremo come la maggior parte di queste problematiche, specie le prime, sono dovute per via di anni ed anni di indottrinamento eurista da parte dei media. Un paese si sentirà costretto ad uscire dall’Area Euro per poter ripristinare la liquidità data l’insostenibilità delle politiche monetarie per la sua economia adottando così una Nuova Lira Italiana (o NIL). Dunque, i passaggi sono i seguenti:

1) Gestione della sequenza di eventi dall’annuncio al change over;

2) Change over, ovvero il cambio tra le vecchie e le nuove valute;

3) Ridefinizione dei rapporti di credito e debito, distinguendo tra quelli privati e pubblici e tra quelli nazionali ed internazionali;

4) Bonus Curiosità: eventuali ripercussioni sull’inflazione e sulla benzina;

5) Bonus Curiosità: strumenti giuridici a disposizione per fronteggiare il problema;

6.4.1 GESTIONE DEGLI EVENTI

La gestione deve avvenire in gran segreto per evitare una fuga di capitali (lo permette l’ART. 65 TFUE per preservare l’ordine pubblico). Per questo in Grecia ed a Cipro sono state chiuse le banche per quasi due settimane, imponendo tetti di prelievo dei capitali (60 € al giorno, ovvero 1800 € mensili). Va predisposto al più presto la modalità di contatto coi partner europei, cercando di far mantenere il riservo pure da loro altrimenti si scatenerebbero tempeste speculative verso tutti i mercati finanziari europei (Italia in testa). Va allertata subito la stamperia della Zecca, ma in modo discreto, in modo da poter far circolare le nuove banconote e monete. Bisogna predisporre istituti giuridici volti a facilitare linee di credito con le imprese e con le famiglie indebitate verso istituzioni estere. Si potrebbe chiedere ai governi degli altri paesi di limitare ai soli residenti la convertibilità in euro (o in nuove valute…) della NIL o l’apertura di conti correnti nei loro paesi. Bisogna poi mantenere un atteggiamento cooperativo in modo da evitare eventuali sabotaggi nel mercato dei cambi e si possono presentare queste misure come temporanee. L’annuncio si preferirebbe farlo in concomitanza di un week end lungo (ad es. Capodanno). In più va fatto capire al risparmiatore medio che lo spostamento di danaro e l’apertura di un nuovo conto corrente in paesi stranieri comporta dei costi che non portano ad una salvaguardia della somma depositata o per ottenere più NIL al momento della massima svalutazione. Insomma, “il gioco non vale la candela” in questo caso ed è preferibile lasciare quanto più danaro possibile in Italia. L’attenzione verrà rivolta verso i mercati asiatici (i primi ad aprire in ordine di fuso orario) e le principali banche centrali locali (BoJ, BoK e PBoC) difficilmente farebbero deprezzare la nuova valuta italiana dato l’alto potenziale industriale del Bel Paese altrimenti ne risentirebbero in termini di esportazioni e dovrebbero svalutare a loro volta. Si ipotizza una svalutazione massima del 20% (ovvero, 1 EUR = 1,20 NIL, in pratica lo stesso valore del CHF prima dell’abbandono del cambio fisso nel gennaio 2015). L’inflazione massima che si attende è del 7% (meglio dello “0,x%” o della deflazione che da mesi sta divorando il paese). Anche il FMI approva il controllo sui movimenti di capitale e si potrebbe vietare alle aziende estere di rimpatriare i profitti ottenuti in Italia obbligandole ad aprire conti correnti con banche italiane o di aprire debiti nei confronti di istituzioni straniere.

 

6.4.2 CAMBIO DEL CONIO / CHANGE OVER

Questa fase presenta delle problematiche tutte sue: innanzitutto la normativa da applicare, poi la determinazione del tasso di cambio e poi la sostituzione fisica delle banconote. Per quanto riguarda la normativa, essa verrà analizzata a parte più avanti, mentre per la determinazione del tasso di cambio bisogna attendere l’apertura dei mercati asiatici per i motivi poco sopra descritti.

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Non potendo stampigliare gli Euro recanti il codice di serie “S” né considerare tutte le monete recanti l’effige di Dante come nuove lire, bisognerà provvedere alla stampa e coniazione di nuove banconote. Per comodità le dimensioni saranno le stesse delle banconote in Euro così da non poter modificare molto gli sportelli ATM (che comunque andranno modificati. Nel 2002 per ogni ATM modificato da Lire a Euro le banche spesero circa 900’000 lire – fonte). Per velocizzare i tempi della messa in circolo, si possono allertare anche stamperie private (come la De La Rue) che possono ridurre di molto il periodo necessario alla stampa delle nuove banconote. L’esperienza della Sterlina Sud Sudanese e della Cecoslovacchia dimostra che ci vogliono 6 mesi circa per la completa circolazione. Nel frattempo si possono istituire valute complementari (come successe in Argentina ad inizio millennio) per tamponare la momentanea ed inevitabile mancanza di circolante in Italia. Negli anni ’70 è accaduta la stessa identica cosa con l’emissione dei miniassegni e non vi furono sommosse, disordini vari né primogeniti malformi. La Banca d’Italia potrebbe farsi carico del controvalore. Restano problemi per quanto riguarda gli euro circolanti in quanto la valuta unica non si dissolverebbe: Bootle suggerisce di permettere il prelievo degli euro dai bancomat, ma addebitando l’eventuale svalutazione al conto (denominato nel frattempo in Nuove Lire Italiane, in pratica è come se si facesse il prelievo in valuta straniera in un altro stato). L’euro diventerebbe più tardi espressione non decimale della nuova valuta (è quello che è successo da gennaio a marzo 2002). Preferibilmente si incentiveranno a più non posso le transazioni bancarie o con mezzi elettronici (secondo la BCE le transazioni col contante avvengono per il 91% sotto i 20 Euro). Per quanto riguarda la fissazione del tasso di cambio, come dice Borghi poco importa in quanto può fissarlo inizialmente la Banca d’Italia (1 a 10, o 1 a 100 o 1 a 10’000 ecc ecc), ma per comodità si preferisce porlo a 1 Euro : 1 Nuova Lira per poi lasciarlo fluttuare nel mercato.

6.4.3 RIDEFINIZIONE DEI RAPPORTI CREDITORI – DEBITORI, SIA NAZIONALI CHE INTERNAZIONALI

Lo stato applica ai rapporti negoziali sorti nel paese la famosa Lex Monetᴂ, ovvero quel principio di diritto internazionale in cui è lo stato a stabilire che valuta usare per i propri rapporti economici e finanziari. Il governo a questo punto dovrebbe dichiarare di voler usare sempre e solo NIL per il pagamento delle prestazioni (lavorative e non) dei suoi agenti economici, anche perché se si esigessero euro nonostante circolassero NIL vi sarebbe un grosso problema di solvibilità. Vi sono specifiche problematiche per quanto riguarda il debito privato e quello pubblico.

6.4.3.1 DEBITI PRIVATI

Con la lex monetᴂ i rapporti debitori ed anche quelli creditori verranno convertiti in NIL. Questo significa che un mutuo, un prestito, una fideiussione ecce cc verrà sempre fatta il NIL e verranno richieste NIL per poterli saldare.

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Se ciò non si facesse si condannerebbero intere famiglie all’insolvibilità data la difficoltà (relativa) di procurarsi la vecchia valuta, il costo per il cambio e l’aumento dato dalla svalutazione. Lo stato potrebbe creare linee di credito agevolate per coloro che necessitano di commerciare con l’estero e/o hanno debiti nei loro confronti. Per quanto riguarda i mutui a tasso variabile, questi non vengono toccati minimamente dalla svalutazione per il semplice motivo che il tasso a cui fanno riferimento è quello dell’Euribor, ovvero quel tasso giornaliero che viene fissato direttamente dalla BCE e che indica il costo delle operazioni finanziarie tra le banche dell’eurozona. Gli articoli del Codice Civile da usare sono il 1277, il 1278 ED IL 1281 (ved. più avanti la loro trattazione).

6.4.3.2 DEBITI PUBBLICI

La maggior parte dei debiti pubblici europei anche se contratti in euro soggiacciono alla lex monetae, pertanto possono essere ridefiniti nel conio che più aggrada (si ricordino i BTP in yen emessi ad inizio anni ’90). L’Italia, sovrana ancora per poco, può decidere di poter convertire il suo debito pubblico da Euro in NIL. Proprio la denominazione in Euro fa sì che l’Italia sia aggredibile dai mercati (come afferma De GrauweA).

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Pertanto un BOT da 1000 Euro può essere riconvertito tranquillamente in uno da 1000 NIL. Il debito pubblico italiano passerebbe dagli attuali 2800 migliaia di miliardi di Euro a 2800 migliaia di miliardi di NIL (con tassi nettamente più bassi se si abroga il divorzio fra Banca d’Italia e Tesoro avvenuto nel 1981 ed artefice dell’aumento mostruoso che affligge le casse dello stato). Si ricordi poi al Lettore che le crisi asiatiche di fine millennio o quella argentina si sono avverate proprio perché il debito pubblico era scritturato in una valuta straniera rispetto a quelle locali. Ripetendo De GrauweA l’espressione del debito pubblico in valuta estera porta sempre a crisi di solvibilità e di liquidità perché non si ha più il controllo della valuta con cui si denomina.

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L’investitore estero si ritroverà a fare i conti tra il rendimento iniziale e la nuova svalutazione: se avesse ad esempio acquistato il Btp 8 anni fa e davvero quel titolo avesse reso il 4% in più all’anno rispetto all’omologo tedesco, per l’intero periodo avrebbe guadagnato il 32% in più, e se la svalutazione della “nuova lira” rispetto all’euro fosse del 20%, gli sarebbe rimasto in tasca sempre un 12%!!! Ossia un 4% in più di quello che avrebbe incassato se a suo tempo avesse optato per sottoscrivere un meno rischioso Bund (8% in otto anni). Se non fosse contento può portare la questione dinanzi ai tribunali internazionali. L’alto spread che si sta pagando altro non è che il «rischio uscita» dell’Italia, pertanto il problema non si porrebbe (in pratica si sta pagando in anticipo un’eventuale uscita e senza averne i benefici!). Secondo uno studio di Scenari Economici un ritorno alla Lira potrebbe anche ridurlo, dall’attuale 139% al 117% con trend ribassista, ovviamente il tutto con una classe politica responsabile e non troppo affarista.

6.4.4 IMPATTO SU INFLAZIONE E COSTO DEI CARBURANTI

Per quanto concerne l’inflazione, secondo la De Micheli (PD, professoressa di economia politica): “ad una svalutazione del 30% corrisponde un’inflazione del 30%”. Ovviamente sono tutte fandonie in quanto nell’autunno del 1992 la svalutazione fu del 25%, ma l’inflazione scese dal 5 al 4% e nel 1994 toccò il 3,9% nel terzo trimestre (fonte). Si veda anche questo video -> https://www.youtube.com/watch?v=yr0qwlEcGzM

 

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Per quanto concerne l’aumento del costo dei carburanti, si può affermare che in parte è vero, ma non aumenterebbe “di sette volte tanto sette” (come affermò Plateroti), ma l’aumento agirebbe su ben 27,9 centesimi di euro per ogni euro di benzina venduto, ovvero il 25,9%. Il resto, quasi il 70%, è determinato dalle accise e dall’IVA. È ovvio che il prezzo (leggermente) aumentato sarebbe compensato dal maggiore export.

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6.4.5 STRUMENTI ED ISTITUTI GIURIDICI USATI PER RISOLVERE LA PROBLEMATICA

A livello di istituzioni pubbliche, come suggerisce il Prof. A.M. Rinaldi andrebbe costituita una squadra di Governo composta dal Premier, dal Capo dello Stato, dalla CONSOB, dal titolare del dicastero dell’Economia, dal Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) e dal nuovo Governatore della Banca d’Italia con degli esperti. C’è da dire che Tremonti stesso, ex ministro dell’Economia di Berlusconi, che vi è un Piano B per l’uscita. Pure Schauble lo afferma, dichiarando che sarebbe da sprovveduti non averne uno. Per quanto riguarda i trattati, si può denotare che il Trattato di Lisbona all’articolo 50 permette l’uscita dalla UE. Qui di seguito il testo dell’articolo:

1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione. 2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Unione. L’accordo è negoziato conformemente all’articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Esso è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo. 30.3.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea C 83/43 IT. 4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio europeo e del Consiglio che lo riguardano. Per maggioranza qualificata s’intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera b) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. 5. Se lo Stato che ha receduto dall’Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto della procedura di cui all’articolo 49.”

Lo Stato ed il Consiglio Europeo possono tranquillamente deliberare un termine inferiore o superiore ai due anni (nda). Questo articolo però prevede l’uscita di uno stato (o di una sua porzione di territorio) dalla UE, ma non dall’Euro. Per quanto riguarda la sola uscita dall’Euro, a livello di diritto internazionale lo Stato può muoversi all’interno della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati internazionali del 1969. Questa aveva lo scopo di codificare le norme consuetudinarie (non scritte) riguardo i trattati internazionali stipulati tra stati. Gli articoli utilizzabili sono il 56, 57, 60, 61, 62 qui di seguito esplicati.

6.4.5.1 ARTICOLO 56: Denuncia o recesso nel caso di un trattato che non contenga disposizioni relative all’estinzione, alla denuncia o al recesso 1. Un trattato che non contenga disposizioni relative alla sua estinzione e che non preveda possibilità di denuncia o di recesso non può formare oggetto di una denuncia o di un recesso, a meno che non risulti che corrispondeva all’intenzione delle parti ammettere la possibilità di una denuncia o di un recesso; oppure il diritto di denuncia o di recesso possa essere dedotto dalla natura del trattato; 2. Una parte deve notificare almeno dodici mesi prima la sua intenzione di denunciare un trattato o di recederne in conformità alle disposizioni del paragrafo 1;

Per quanto concerne questo articolo, si può denotare come nel comma 1 il recesso sia permesso qualora il trattato lo preveda (e si è visto poco fa che l’art. 50 TFUE lo permette).

6.4.5.2 ARTICOLO 57: Sospensione dell’applicazione di un trattato in virtù delle sue disposizioni o per consenso delle parti

L’applicazione può essere sospesa:

1. In conformità con le disposizioni del trattato;

2. In ogni momento per consenso tra le parti previa consultazione degli altri stati membri;

In tal caso lo stato può decidere di convocare una conferenza diplomatica in cui afferma che può decidere di svincolarsi dall’accordo o da una parte dello stesso (come la dottrina prevede).

6.4.5.3 ARTICOLO 60: Estinzione di un trattato o sospensione della sua applicazione come conseguenza di una violazione

Un trattato può essere sospeso se anche uno dei contraenti viola una condizione essenziale dello stesso.

1. Una violazione sostanziale di un trattato bilaterale ad opera di una delle parti legittima l’altra ad invocare la violazione come motivo di estinzione del trattato o di sospensione totale o parziale della sua applicazione; 2. Una violazione sostanziale di un trattato multilaterale ad opera di una delle parti legittima: le altre parti, operanti di comune accordo, a sospendere totalmente o parzialmente l’applicazione del trattato o a considerarlo estinto: i) sia nei rapporti fra esse stesse e lo Stato autore della violazione, ii) sia nei loro rapporti reciproci; una parte colpita in modo particolare dalla violazione ad invocare quest’ultima come motivo di sospensione totale o parziale dell’applicazione del trattato nei suoi rapporti con lo Stato autore della violazione; qualsiasi altra parte diversa dallo Stato autore della violazione a invocare quest’ultima come motivo di sospensione totale o parziale dell’applicazione del trattato per quanto la riguarda se tale trattato è di tale natura che una violazione sostanziale delle sue disposizioni ad opera di una delle parti modifica radicalmente la situazione di ciascuna delle parti per ciò che riguarda l’adempimento dei suoi obblighi ai sensi del trattato.

In questo caso tutti gli stati europei dovrebbero uscirsene in quanto i parametri di Maastricht, essenziali quanto illogici per la sopravvivenza dell’euro, sono volutamente violati (specie da Francia e Germania). Lo Stato però potrebbe obiettare affermando che i valori costituenti i trattati internazionali (sviluppo individuo, lotta alla povertà ecce cc) sono stati volutamente inosservati per poter far “sopravvivere” la moneta unica e/o rispettare assurdi parametri (in tal caso vi sarebbero parecchie norme cogenti / fondamentali di diritto internazionale che verrebbero violate ed i trattati si dovrebbero annullare di conseguenza).

6.4.5.4 ARTICOLO 61: Sopravvenienza di una situazione che rende impossibile l’esecuzione

1. Una parte può invocare l’impossibilità di esecuzione come motivo di estinzione o di recesso se questa impossibilità risulta dalla scomparsa o dalla distruzione definitiva di un oggetto indispensabile alla esecuzione del trattato. Se l’impossibilità è temporanea, può essere invocata soltanto come motivo per sospendere l’applicazione del trattato; 2. L’impossibilità di esecuzione non può essere invocata da una parte come motivo di estinzione o di recesso o di sospensione dell’applicazione se tale impossibilità deriva dalla violazione, perpetrata dalla parte che l’invoca, sia di un obbligo del trattato, sia di qualsiasi altro obbligo internazionale a danno di una qualsiasi altra parte del trattato;

Si potrebbe invocare la perdurante crisi economica come causa per il recesso da Maastricht.

  6.4.5.5 ARTICOLO 62: Cambiamento fondamentale delle circostanze

1. Un cambiamento fondamentale delle circostanze intervenuto rispetto alle circostanze esistenti al momento della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti non può essere invocato come motivo di estinzione o di recesso, a meno che l’esistenza di tali circostanze non abbia costituito una base essenziale del consenso delle parti a vincolarsi al trattato; e che tale cambiamento non abbia per effetto di trasformare radicalmente la portata degli obblighi che rimangono da adempiere in base al trattato.

Anche qui si può evocare la crisi economica per far sì che gli obblighi vengano sciolti data l’impossibilità di rispettarli in quanto è evidente l’impossibilità nel farlo. È in pratica la base giuridica della clausola rebus sic stantibus, ovvero che se vi sono delle situazioni che modificano l’equilibrio iniziale del rapporto le parti possono chiederne la modifica o la risoluzione.

Per quanto riguarda la legislazione nazionale si può denotare fin da subito l’incostituzionalità degli accordi presi in quanto violano l’ART.11 della Costituzione dato che si “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo“, pertanto le tante invocate cessioni di sovranità di Napolitano, Mattarella, Boldrini e Scalfari sono inattuabili ed incostituzionali (tra l’altro questo articolo fa parte dei 12 principi costituzionali della Repubblica, non modificabili a meno che non si adotti una nuova carta costituente). Già la questione dell’Euro sotto quest’ottica può esser vista come incostituzionale in quanto non si è limitata la sovranità monetaria (cosa che avveniva tranquillamente in regime di cambi fissi quali lo SME), ma addirittura la si è ceduta ad un organismo esterno, la BCE, che tutto fa fuorché assicurare la giustizia e la pace tra le nazioni (anzi, il suo compito principale è la stabilità dei prezzi e l’inflazione al 2%…). Per quanto riguarda gli articoli del Codice Civile sopra citati essi sono il 1278, 1279 ed il 1281.

6.4.5.6 ARTICOLO 1277 CODICE CIVILE Debito di somma di danaro

I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima

Il debitore può rifiutare di effettuare una prestazione pecuniaria in Euro qualora la nuova valuta fosse la Nuova Lira Italiana e bisognerà ragguagliare il valore nella nuova valuta. Pertanto se il debito pecuniario è indicato in una valuta che non ha più corso legale al tempo del pagamento la si sostituisce nella nuova valuta al cambio del giorno della scadenza. Tutti i pagamenti in Euro, qualora le singole clausole contrattuali ne prevedono l’esclusivo uso, sono da considerarsi al pari di debiti in moneta straniera.

6.4.5.7 ARTICOLO 1278 CODICE CIVILE Debito di somma di monete non aventi corso legale

Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento

Con questo articolo si permette a coloro che sottoscrivono obbligazioni alternative (ovvero solvibili compiendo una prestazione da concordare col creditore) di poter assolvere i loro debiti pagando in moneta legale. La ratio di tale articolo è di evitare al debitore di recarsi in uno stato estero per acquistarne la moneta, rendendo così eccessiva l’obbligazione. L’importante è che sia equivalente alla somma per la quale è sorta l’obbligazione. Secondo la Cass. 555/1998 va rimessa al debitore la facoltà di pagare in moneta nazionale, lasciandolo libero nella determinazione dei modi e dei tempi del relativo adempimento sopportando però gli oneri della svalutazione se cade in mora (Cass. 2691/1987)

ed il creditore, anche in sede di giudizio, non potrà far valere la sua richiesta di pagamento in moneta straniera. Se il pagamento in valuta straniera non è indicato come clausola effettiva il creditore dovrà permettere al debitore di pagare in moneta nazionale e di applicare la fattispecie dell’ART.1278 CC ed evitando così di poter speculare su una ipotetica rivalutazione tra il cambio dell’epoca e quello della soluzione (Cass. 6887/1986).

6.4.5.8 ARTICOLO 1281 CODICE CIVILE Leggi speciali

Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i principi derivanti da leggi speciali. Sono salve le disposizioni particolari concernenti i pagamenti da farsi fuori del territorio dello Stato.

Queste norme del CC sottostanno gerarchicamente alle leggi speciali e si intendono per tutte le obbligazioni valutarie poste / da porre in essere nel territorio italiano. Queste leggi, da emanare con una grossa maggioranza in Parlamento, sono quelle che determineranno fin da subito il tasso di cambio di 1 Euro per 1 Nuova Lira Italiana. In più disciplineranno momentaneamente ogni singolo aspetto della problematica, intervenendo in settori quali la fiscalità ed il ripristino dei controlli di capitale alle frontiere. La quantità di moneta legale dovuta si determina cioè in base al valore nominale che lo Stato attribuisce ad essa. Dunque l’obbligazione va modificata nell’adempimento, cambiando l’oggetto della prestazione da valuta estera in nazionale secondo quanto disposto dal ripristinato Ufficio Italiano dei Cambi (Cass. 10558/2002).

Ulteriori strumenti giuridici sarebbero il decreto legge ed il decreto legislativo, oltre che i regolamenti e le circolari. Per quanto riguarda il decreto legge, esso è uno strumento normativo in mano al governo che sottostà a particolare e gravi pericoli in modo da tutelare l’ordine pubblico. Valente già il giorno dopo della sua emanazione, dopo 60 giorni decade se non convertito da un’apposita legge (ad esempio il DL 213/1998 per l’introduzione dell’Euro a livello nazionale). Per quanto riguarda il decreto legislativo, esso è uno strumento altamente tecnico che permette all’esecutivo di poter legiferare in materie (ed anche nei modi) che prima sono state delineate nella cd legge delega approvata dal Parlamento (ad esempio la L 433/1997 per delegare il governo a compiere tutti le azioni necessarie per introdurre l’euro). Per quanto riguarda i regolamenti essi danno per lo più indicazione sui modi e tempi di attuazione degli atti aventi forza di legge, oltre che integrarne l’efficacia. Le circolari sono ad uso dei singoli dicasteri e comunicano all’interno della propria struttura organizzativa determinati compiti o chiarificano eventuali modalità d’esercizio del potere amministrativo non troppo chiare (ad esempio la Circolare del Ministero delle Finanze 291E -1998 per l’introduzione dell’Euro negli uffici della pubblica amministrazione).

7 CONCLUSIONI

L’Euro è uno strumento di politica monetaria che col tempo ha impoverito intere regioni del continente europeo a favore delle altre. È totalmente venefica in quanto tutti gli indici macroeconomici sono diversi e gli aggiustamenti o richiedono grossi trasferimenti di denaro (es. Nord Italia – Sud Italia) oppure «riforme strutturali» depressive della domanda interna. È totalmente impensabile affermare che usando la stessa valuta di uno stato virtuoso / credibile allora l’economia si trasformi di conseguenza. Si rendono più convenienti le importazioni di materiali fino a prima considerati costosi, distruggendo il tessuto industriale della nazione (e poi quello socio – economico) ed aumentando così il debito delle famiglie e delle imprese oltremisura. Così facendo i consumatori (operai, artigiani, colletti bianchi e blu) si ritrovano meno reddito da spendere e si genera una crisi dei pagamenti e del sovra indebitamento difficile da uscirne fuori in un regime di cambi fissi. O si muove verso una completa unione, ma creando ex novo una nuova UE, magari confederale, più rispettosa delle peculiarità nazionali e col tempo avvicinare sempre più gli stati membri verso un’unione più stretta introducendo una lingua comune e dei valori comuni, questi più collanti, seri e motivanti rispetto ad una valuta comune.

8 BIBLIOGRAFIA & SITOGRAFIA

Le immagini 1,2,3,6,7 provengono da un lavoro dell’Autore (Storia, Problemi e Soluzioni all’Euro, presentato nel maggio 2015 ad un convegno realizzato dal Meetup 5 Stelle di Cesano Maderno in Brianza con la collaborazione degli On. Pesco e On. Tripiedi). Le altre sono state prese sui principali siti di informazione politico – economica italiani. Per eventuali contatti: [email protected]

A. Paul De Grauwe, Economia delle unioni monetarie, Il Mulino, 2009

B. Alberto Bagnai, Il Tramonto dell’Euro, Imprimatur editore, 2012

C. Antonio Maria Rinaldi, Europa Kaputt, Piscopo editore, 2012

D. Giordano Mario, Non vale una Lira, Mondadori, 2014

E. Blanchard, Macroeconomia, Ed. Il Mulino, 2013

F. Amoroso – Jespersen, L’Europa oltre l’euro, Castelvecchi Editore, 2012

G. Canziani, Lezioni di Economia Aziendale, II edizione, CEDAM, 2011

H. Guarino Giuseppe, Euro vent’anni di depressione, Nomos, 2012

I. Gambino – Lannutti, Euro la rapina del secolo, Editori Riuniti, 2003

J. Giacché, Anschluss, Imprimatur Editore, 2013

L’EURO NON E’ UNA MONETA MA SOLO UN ACCORDO DI CAMBI FISSI! (di Antonio M. Rinaldi)

goofynomics.blogspot.com

http://www.sp.unipi.it/images/Professori/marcello.difilippo/Revisione%20-%20ampliamento%20-%20recesso.pdf

http://www.corriere.it/economia/13_gennaio_22/Redditi-indietro-di-27-anni-studio_99e7debc-647c-11e2-8ba8-1b7b190862db.shtml?refresh_ce-cp

L’effetto euro sul nostro Pil: abbiamo perso il 9%. Ma c’è chi ha fatto bingo

http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2014/12/17/confindustria-con-crisi-pil-tornato-livelli-del-perso-reddito-pro-capite_boye9AphNsdv6xayHSSPAO.html

http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2013/04/Nomos-201202Guarino-Euro-venti-anni-di-depressione.pdf

http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=lfst_r_lfu3rt&lang=en

http://www.lastampa.it/2015/07/27/economia/lallarme-del-fmi-sulla-disoccupazione-in-italia-ventanni-per-tornare-ai-livelli-precrisi-034hGa5NHh1BoB3i0aFuLJ/pagina.html

http://www.thepeakeffect.com/2011/06/greece-and-eurozone-russian-roulette.html

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/11/crisi-ue-in-italia-la-produzione-industriale-e-calata-del-25-dal-2007/1117619/

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http://www.eurobull.it/l-ue-le-24-lingue-ufficiali-e-il-trilinguismo-imposto

vocidallestero.it

TANCREDI PENULTIMO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TANCREDI ULTIMO

 

 

 

 

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“Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo, anche la brezza sarà preziosa”
(Rainer Maria Rilke – Praga 1875 – Montreaux 1926)

rainer

 

 

 

 

 

 

 

 


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