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Crisi

CHE DIAMINE È IL “QUANTITATIVE EASING”?

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Quando, parlando d’economia, i giornalisti usano i termini correnti fra i competenti come junk bonds, derivati, edge funds, e non li spiegano volta per volta, mancano al loro compito. Se i lettori fossero abbastanza competenti per districarsi fra quei termini, leggerebbero pubblicazioni specializzate, non quotidiani generalisti. L’accusa di oggi riguarda il “quantitative easing”(qe). Chi scrive ne ha molto sentito parlare ma, dal momento che fa parte dei lettori comuni, non sa bene di che si tratti. Tanto che il seguito dell’articolo non serve a spiegare ai lettori ciò che c’è da sapere sul qe, ma al contrario a porre a chi è in grado di rispondere alcune domande.

Negli scorsi anni, molti Stati hanno emesso titoli di Stato per finanziarsi. Per essere in grado di spendere più di ciò che incassava con tasse e imposte, l’Italia nei decenni scorsi ha emesso un mare di Bot e Btp, facendosi prestare questo denaro dagli investitori, italiani o esteri. Questi, spesso piccoli cittadini che investivano un paio di migliaia di euro, erano allettati dagli interessi pagati e dalla solvibilità del debitore. Col tempo però la massa del debito è divenuta tale che lo Stato cerca di non crearne più (ma il debito continua lo stesso ad aumentare) e il peso degli interessi (un’ottantina di miliardi l’anno) è divenuto schiacciante. Come se non bastasse, dal momento che lo Stato non sarà mai in grado di rimborsare un debito che corrisponde più o meno alla ricchezza prodotta dal Paese in sedici mesi, c’è anche il rischio che i creditori si allarmino e creino una crisi di Borsa che farebbe fallire l’Italia. Per non parlare della Grecia.

Per contrastare questo pericolo si parla di qe: cioè “Qualcuno” dovrebbe comprare una grande quantità di questi titoli, italiani e di altri Paesi, in modo da rassicurare gli investitori sulla tenuta economica dei Paesi interessati. Ma chi è questo Qualcuno? Un articolo di Milano Finanza(1), che si era letto con la speranza di qualche risposta, è risultato troppo difficile. Ma di fatto, scendendo sul concreto, se si tratta di comprare, ci deve pur essere qualcuno che ficca la mano in tasca per pagare.

Sembra che siano interessate all’azione la Banca Centrale Europea e le banche centrali. E qui si pone il primo dubbio. 1. Se, per quanto ci riguarda, il denaro per comprare i titoli in scadenza fosse fornito dalla Banca d’Italia, se cioè l’Italia disponesse del denaro per questo acquisto, non si vede perché dovrebbe darlo a Bruxelles, quando i titoli potrebbe comprarli essa stessa. 2. Se invece il denaro fosse fornito, poniamo, dalla Bundesbank, bisognerebbe dedurne che, in caso di rischio di default dell’Italia, i tedeschi si caricherebbero il peso di tutti i debiti che potrebbero non essere onorati. Se questo fosse il piano, c’è da credere che la Germania non si limiterà a qualche obiezione ma pronuncerà un rotondo “nein”. 3. Se invece il denaro è fornito dalla Bce, la domanda diviene: e dove lo prende, a sua volta, il denaro? Se glielo forniscono le banche centrali, si torna al punto uno; senza dire che, nel caso non fossero direttamente interessate, neanche loro amerebbero caricarsi i debiti altrui. Se invece la Bce quel denaro si limita a stamparlo, fino a creare inflazione, la discussione si complica.

Se il problema economico degli Stati indebitati fosse congiunturale, bisognerebbe pensare che la Bce stampa denaro nella speranza che quegli Stati, una volta risanati, ricomprino dalla Bce i titoli che essa ha prima ritirato nel loro interesse. Bellissimo. E se invece non andasse così? Trasferire l’inflazione sostanziale (un eccesso di moneta, per esempio in Italia, mettendo insieme il denaro circolante e il denaro congelato nel debito pubblico) da una nazione ad un’associazione di nazioni non ne cambia la natura ma soltanto le proporzioni. E se è un disastro che due Stati dichiarino default, col default dichiarato da un’associazione di Stati si tratterà di un disastro alla potenza tre o quattro. Anche per John Keynes stampare soldi era una soluzione congiunturale, non strutturale.

Ecco le domande per i competenti: chi sborsa il denaro per il qe? E se non lo sborsa nessuno, e ci si limita ad alimentare l’inflazione, che avverrà nel caso di una crisi di fiducia riguardo al debitore, chiunque egli sia? Contare sulle dimensioni del debitore è un’imprudenza. Non è che gli imperi più grandi non crollino, all’occasione fanno soltanto un botto più grande.

Gianni Pardo, [email protected]

28 dicembre 2014

(1)http://www.milanofinanza.it/news/bce-cosi-weidmann-vendera-cara-la-pelle-201412221501115261 di Simon Nixon

 


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