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Di Tav si può morire, a iniziare dal governo di Davide Amerio.

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Confesso di essere sobbalzato più e più volte sulla sedia, durante la lettura dell’articolo a firma P. Becchi e G. Palma, pubblicato su Scenarieconomici.it (tratto dal quotidiano Libero).

Non saprei dire se mi ha colpito maggiormente la sfrontatezza di un ragionamento alla “Mario Monti” (prima li minacciamo con misure inaccettabili, poi, passata la buriana, facciamo entrare in gioco le riforme che erano il nostro reale obiettivo), oppure l’offesa palese all’intelligenza dei lettori, e sopratutto dei Valsusini, trattati come un popolo di mandriani “patella vacche” (come si dice da queste parti), cui basterebbe lasciar sbollire la tensione, per poi minchionarli con l’ennesima trufferia all’italiana (chi ha avuto, avuto, chi ha dato, ha dato…). Lo stesso pensiero delle “madamine” piemontesi.

La situazione è grave. E i nostri autori non sembrano esserne coscienti. Vieppiù la questione viene ridotta a una mera vicenda di escamotage contabili, su cui giochicchiare, per poi far proseguire i lavori, come se nulla fosse.

L’Italia è il paese dei disastri annunciati. Siano essi economici (soldi buttati nel cesso), sociali (tensioni e inasprimento dei rapporti umani, come nel caso dell’immigrazione), o strutturali (ponti che crollano, scuole che cadono sulla testa degli allievi, malasanità, fiumi che tracimano, montagne che si sbriciolano, treni che deragliano o vanno a fuoco, strade che sprofondano).

Ogni volta si sapeva; ogni volta c’era chi denunciava; c’era chi segnalava il pericolo, si opponeva e diceva “NO!”, questa roba non si può fare, non si deve fare; è pericolosa, è uno spreco, è un pericolo, è una truffa.

Provate a ripercorrere (qualunque sia la vostra età), nella vostra mente, la storia di questo paese dai tempi del Vajont, attraverso le cronache degli avvenimenti delle tragedie accadute, e ritroverete facilmente un modello che si ripete, almeno dagli anni ’60.

Ogni volta c’è un progetto presentato come una necessità ineluttabile, come una spinta di progresso, un momento di crescita, di sviluppo, per il paese. Qualcosa di cui non si può fare assolutamente a meno.

Ogni volta c’è qualcuno che mette in guardia; una minoranza talvolta silenziosa, il più delle volte silenziata dalle urla di “esperti” che inveiscono contro i retrogradi, i nemici dello sviluppo e del progresso, con la complicità dei media di regime, al servizio dei padroni dei potentati economici (sempre con i soldi pubblici). Poco importa se della minoranza fanno parte persone preparate, accreditate, più che credibili; siano essi esperti, o semplici cittadini che subiranno le conseguenze dirette. Un po’ come accaduto per la vicenda dell’Euro, per capirci meglio.

Ogni volta si contano, poi, i disastri. Se siamo stati fortunati, sono solo di carattere finanziario (e abbiamo segnata un’altra tacca di debito pubblico), se lo siamo un po’ meno, dobbiamo anche ricostruire qualche disastro materiale che si è verificato, oppure, non di rado, ci ritroviamo a piangere dei morti. E qui si sviscera tutta l’ipocrisia nazionale: lacrime di coccodrillo, fasulle e di circostanza, profuse su quegli stessia media che hanno ignorato gli allarmi. Corredate dalle promesse che la prossima volta non succederà più.

Poi arriva la magistratura (sia quella contabile che quella ordinaria), a certificare i disastri, le complicità dei politici con le organizzazione criminali, e con certi imprenditori. Ma oramai i danni sono fatti. E i politici in genere la scampano, perché la magistratura è cattiva, è comunista, è fatta di matti che perseguono i poveri politici; e allora questi -porelli,- sono costretti a promulgare Leggi per accorciare i tempi della prescrizione, per farla franca.

Le aziende che hanno partecipato ai lavori falliscono, o vengono anch’esse indagate per diversi capi di imputazione (turbative d’asta, corruzione, associazione a delinquere), non di rado per mafia (ma la prescrizione li aiuta sempre). E, non a caso, risalendo ai vertici che le comandano scopri altri politici, proprietari oppure soci, reali od occulti.

Per fare un esempio recente, potremmo parlare del MOSE. Le gigantesche paratie che dovrebbero difendere Venezia dall’acqua alta. Non ne troverete molta traccia sui media. In Europa certi “stolti”, privi di inventiva, hanno costruito gli ingranaggi, di impianti analoghi, sulla terraferma, e le paratie entrano nell’acqua solo al momento della necessità. Il nostro MOSE, diversamente, è costruito totalmente dentro l’acqua. Così, dopo anni e anni di lavoro, e palancate di soldi spesi, non solo non è ancora completato, ma non lo sarà mai. Perché le strutture messe dentro l’acqua sono soggette alla corruzione del sale. Morale: ciò che è stato costruito necessita non solo di una manutenzione permanente, ma di interventi strutturali di rifacimento.

Provate a chiedere ai cattivoni del movimento “No Mose” se non era prevedibile questa conclusione. Chi paga? Chi pagherà i danni? Indovinate un po’.

Qui in Val Susa, quando progettarono le strutture per le Olimpiadi del 2006 (e già su questo ci sarebbe un intero capitolo da raccontare), tra le opere c’era una galleria in alta valle che avrebbe dovuto costituire uno svincolo per la circolazione. Come da prassi, ci fu chi diceva che non era opportuno fare questo “buco”, a causa dell’amianto presente nelle montagne. Come pensate sia andata a finire? Buco iniziato, amianto trovato, lavori bloccati, aggiunta di costi (per evitare la fuoriuscita delle polveri cancerogene), galleria finita nel 2016 anziché nel 2006! Chi paga? Di chi è la responsabilità?

Potremmo continuare per giorni, e scrivere una nuova enciclopedia Treccani della stupidità italica, e sul malgoverno delle opere pubbliche.

Sul Tav, e sui rapporti di governo, credo siano sufficienti le dichiarazioni di Di Maio, rilasciate ieri in conferenza stampa. Per molti di noi, sono persino tardive. L’arroganza di Salvini avrebbe dovuto essere arginata già da un bel po’ di tempo a questa parte.

Come andrà a finire non lo so. Quello che so, per certo, è che chi ha contribuito a dar vita, e a sostenere il M5S, non sono i leoni da tastiera dei social, sono persone in carne e ossa, stanche di essere prese in giro dai politici, dai giornalisti, e da certi intellettuali. Persone che conoscono le opere strutturali di cui il paese ha davvero necessità. Tanti piccoli/medi lavori sparsi su tutto il territorio, e ristrutturazioni di interi comparti di settore. Questi porterebbero davvero crescita, e sopratutto, sviluppo. E, per dirla tutta, i sapientoni che ciarlano nei salotti ignorano la differenza tra i concetti di crescita, sviluppo, e progresso. Difatti ne parlano ogni giorno, a vanvera.

Gli altri, sono persone, come i Valsusini, che combattono da 30 anni contro un sistema politico marcio e corrotto; contro l’ignoranza e la spregiudicatezza di chi parla e vota senza sapere di cosa si tratta, senza informarsi, oppure bevendosi le chiacchiere dei finti dibattiti televisivi. E, oggi, nono disposti ad accettare altre fandonie sulla propria pelle.

L’obiettivo del governo del cambiamento poteva anche essere quello di offrire la possibilità a Salvini, e ai suoi sodali, di riscattarsi dopo aver fatto parte del sistema, per decenni, all’ombra di Berlusconi. Ma, evidentemente, non c’è volontà in questo senso. Ci sono i soliti giochetti di palazzo, e le solite complicità, le solite furbizie per proprio tornaconto: insomma, il solito, vecchio, caro sistema partitocratico, panglossiano e gattopardesco. Fatto di gente con la coscienza sporca, con mucchi di scheletri nell’armadio; nella sostanza, ricattabili. Il prezzo lo paga sempre il paese. Ma in nome del progresso, della crescita, e dello sviluppo (che non arrivano mai…).

Sono un democratico autentico: se il paese vuole farsi nuovamente fregare da un’altra bella ammucchiata di politicanti che continuano a depredare i soldi pubblici, le risorse, e le potenzialità del paese, accada quello che deve accadere. Ho già messo in conto di cercare altri luoghi civili – e politicamente più maturi,- quando, e se, mi sarà possibile.

Ma, per cortesia, non cercate di prenderci per il naso con giochetti che ben conosciamo, perché sappiamo leggere, scrivere, e far di conto; e la storia politica (e giuridica) del paese, la conosciamo a sufficienza.

Davide Amerio(Tgvallesusa.it)


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