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Politica

Di Maio contro l’euro: preferisce la poltrona (di Paolo Becchi e Giuseppe Palma)

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Da Libero del 19/12/2017

 

Nell’attesa che all’interno del centrodestra ci sia un chiarimento, spostiamo un attimo l’attenzione sul Movimento 5 Stelle. L’obiettivo dei Cinque Stelle è andare al governo del Paese, con qualsiasi mezzo e costi quel che costi. Se il Movimento di Grillo risultasse il primo partito, cosa assai probabile, Di Maio chiederà al Presidente della Repubblica di essere nominato Presidente del Consiglio dei ministri. Una vittoria anche limitata del centrodestra renderebbe arduo questo percorso. Ma vediamo cosa ha in mente Grillo.

Dopo le elezioni farà quello che già tra le righe si comincia ad ammettere, e cioè aprire ad altre forze politiche per trovare un’intesa di governo. Il programma è del tutto indifferente, al M5S va bene qualsiasi cosa purché il presidente del Consiglio sia Di Maio. Ma come arrivare a Palazzo Chigi? È molto semplice, proponendo per il governo guidato da Di Maio nomi per i vari ministeri di tecnici, in realtà però «tecnici di area». Ma di quale area? Una di queste aree riguarda l’intesa di massima con Liberi e Uguali, il nuovo partito di Bersani e D’Alema guidato da Piero Grasso (messo lì al Senato con i voti di Grillo, nonostante l’incazzatura di Casaleggio). LeU al momento è dato nei sondaggi intorno al 7%. Ma in campagna elettorale potrebbe crescere e arrivare anche al 10%. In termini di seggi non sarebbero tanti, anche perché potrebbe vincere in pochi collegi uninominali, ma una quarantina di scranni a Montecitorio e una ventina a Palazzo Madama, scaturenti quasi tutti dai collegi plurinominali, dovrebbe ottenerli. Sommando a quel punto i seggi del M5S con quelli di Liberi e Uguali, la maggioranza assoluta dei seggi sarebbe però ancora lontana. Ma non per questo irraggiungibile…

A spuntare in soccorso arriverebbe il Pd. Ma sì, anche se Gianroberto Casaleggio si rigirerà nella tomba. In che modo? Se Renzi ottenesse un risultato deludente, ad esempio intorno al 20% dei voti, o addirittura meno (e non è da escludere) l’agguato di una resa dei conti interna è dietro l’angolo: dimissioni da segretario e al suo posto una figura Caronte che traghetti il partito verso nuove primarie e un nuovo Congresso. A quel punto, tolto di mezzo Renzi, l’accordo tra M5S e Pd è presto fatto. Anche in questo caso basterà puntare su tecnici di area, per un governo formalmente guidato dal M5s, ma in realtà dalla vecchia sinistra. Una maggioranza parlamentare che va da Di Maio a Grasso, passando da Orlando, Finocchiaro e Franceschini. Con il godimento massimo di Massimo D’Alema e di Bersani. Insomma, un’alternativa alla coalizione del centrodestra c’è, ma la conosceremo solo dopo le elezioni. Di Maio la sta abilmente costruendo. La verifica della sua tenuta è già sperimentata; a questo – e solo a questo – serviva la legge sul testamento biologico.

L’unica soluzione per evitare la formazione di un nuovo governo di «centrosinistra» guidato da Di Maio è quella di un centrodestra unito, che corra con «gambe buone», e con un minimo di programma condiviso. Non ci vuole molto. Ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in entrambi i rami del Parlamento con questa legge elettorale è possibile. Ma è bene sapere cosa ci può aspettare.


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