Attualità
Di come il Sistema mente per “disciplinare” la nostra mente

La vicenda del portiere quattordicenne aggredito dal papà di un avversario, con conseguenti lesioni e fratture, ha fatto il giro del web. È “divampata”, letteralmente, come un incendio nella savana digitale. Dopo pochi minuti – senza un minimo di approfondimento o di scrupolo – tutti sapevano già tutto e ci blateravano sopra. La faccenda era di una chiarezza adamantina, i fatti scontati, le relative considerazioni lapalissiane. E così, si sono scatenate le istituzioni, con rappresentanti dei vertici calcistici ad offrirsi di incontrare la vittima, opinionisti di grido a gridare il loro sdegno contro lo scadimento morale di una società patriarcale. Anzi no, scusate, “patriarcale” non si può usare perché il povero portiere non era una femmina. Peccato, sarà per un’altra occasione, avrà pensato più di qualche trombone. Ad ogni buon conto, il quadro è comunque perfetto così ed è impossibile sbagliarsi perché c’è un aggressore e un aggredito.
Cos’altro da aggiungere? Cosa da approfondire? Cosa da sondare, verificare, discriminare? Vi ricorda niente? Eccome se ve lo ricorda: è lo stesso identico meccanismo psico-reattivo innescatosi nel biennio della pandemenza universale e poi nella successiva guerra russo-ucraina. Nel fronte di Pfizer c’erano i contagiosi e i contagiati, nel fronte di Kiev ci trovi gli aggrediti e gli aggressori. Poi – una volta disposti i pezzi sulla scacchiera nel modo giusto, con le mosse giuste e la propaganda giusta – diventa tutto “giusto”: di qua i buoni, di là i cattivi; da una parte il bene, dall’altra il male; su un crinale la verità, sull’altro la menzogna. Peccato che – in tutti i succitati casi – la verità, anzi le verità, fossero e siano molto più complesse e sfumate. Nel caso del portiere, sono usciti i primi video e sono stati ascoltati i testimoni. Lavorando di zoom, allargando la scena, calibrando il contesto si è scoperto che il portiere era stato sì aggredito, ma dopo una rissa in cui egli aveva avuto una parte attiva (a sua volta) verso il compagno della squadra opposta; e forse il padre zelante non è affatto il mostro che era stato dipinto.
Allo stesso modo – “guardando” le cose e “ragionando” sulle stesse a trecentosessanta gradi, nonché dall’alto al basso e senza sconti o preferenze faziose per nessuno – si potevano facilmente scoprire le mille e una fandonie dell’era Covid-19 o quelle, altrettanto venefiche, del conflitto tra Mosca e Kiev. Per esempio, che i vaccinati erano, a loro volta, contagiosi; o che i famosi aggressori e aggrediti (dipinti come i barbari indiani e i civilissimi cow boy dei film di John Wayne) non sono “nati” nel 2022 dal grembo di Giove, ma sono figli di una storia mai raccontata. Dove i presunti “volonterosi” di oggi hanno “volontariamente” fatto di tutto (prima) perché la guerra scoppiasse e (adesso) perché non finisca. E se nuovi nazisti ci sono, non stanno tutti da una parte (quella russa), ma anzi stanno forse proprio dall’altra (Unione europea annessa e connessa). E allora, tornando all’inizio, cosa può insegnarci la vicenda del giovane calciatore?
Di sicuro, alcune indiscutibili caratteristiche dell’osceno circo mass-mediatico in cui siamo immersi h24 e dell’ignobile establishment cui il circo funge da megafono. Punto primo: al braccio mediatico del Sistema (una vera e propria “Matrice”) non interessa in alcun modo la verità (come dovrebbe essere per definizione e vocazione), ma lo share (vale a dire: gli ascolti, i clic, i contatti); e, dunque, essa non “riferisce”, ma “racconta”, “inventa”, “distorce” focalizzandosi solo su quanto la notizia si “vende”.
Punto secondo: alla Matrice non interessa la “verità” fattuale, ma solo quella di “convenienza”; ergo, e per l’appunto, non “riferire” nel modo più asettico possibile e più aderente alla realtà oggettiva, ma falsificare nella maniera più funzionale a sostenere una propria (e preventivamente decisa) versione delle cose.
Punto terzo: la Matrice deforma consapevolmente, dolosamente e serialmente la verità fattuale se questo serve a piegarla ai preconcetti convenzionali, alle pregiudiziali ideologiche, alle inclinazioni politiche e soprattutto agli interessi economici dei tenutari delle testate della Matrice medesima.
Punto quarto: La Matrice lavora attraverso “pacchetti” preconfezionati di pillole informazionali, a loro volta liofilizzate in mantra lessicali e semantici, in neologismi d’accatto, in password neurali ipnotiche e manipolatorie (ad esempio: il “patriarcato”, il “femminicidio”, la “lotta all’odio”, l’emergenza delle “fake news”, il “dilagare del complottismo”, la “democrazia da salvare”, le “formidabili sanzioni” contro il “grande dittatore”, la “guerra giusta”, la “fede nella scienza”, la “parità di genere”, il “cambiamento climatico” eccetera).
Punto quinto: tutti i fatti che “collimano” con le coordinate logiche, ed etiche, di questa piattaforma di credenze e valori vengono sponsorizzati, ingigantiti, moltiplicati e amplificati; invece, tutti quelli contraddittori e distonici rispetto a tale cornice vengono alterati, adulterati, smentiti, contestati e – nei casi estremi – semplicemente taciuti.
Punto sesto: la Matrice adora la semplificazione perché detesta la reale “comprensione”; e, dunque, bonifica il linguaggio, riduce le parole, seleziona le informazioni, banalizza la complessità, comprime i pensieri, polarizza le opinioni in modo che il pastone giunga al consumatore senza terzi ingredienti aggiunti: così come cotto, dev’essere mangiato (da qui, la mitologia nera delle fake news).
Punto settimo: la Matrice è irrimediabilmente corrotta perché, a monte, le sue scaturigini sono inquinate da fonti non dicibili, non emendabili, non redimibili; per contro, non tutti i suoi operatori lo sono, ma tra costoro alcuni sono ignari (non dotati di sufficiente acume per capire e svelare), altri sono ignavi (se ne lavano pilatescamente le mani perché tengono famiglia e, quindi, schiacciano i bottoni che devono schiacciare).
Punto ottavo: la Matrice non fa “informazione”, ma solo “formazione”: essa ha un’agenda (di nuove regole, di nuove abitudini, di nuovi valori, di nuove parole, di nuovi pensieri) da seguire pedissequamente e imporre con altrettanto zelo. Quando la Matrice si occupa di qualsiasi questione si chiede sempre a priori se, e in che misura, sono rispettati gli obbiettivi e gli step del succitato programma. E, ovviamente, chi lo denuncia è un complottista. Finchè non familiarizzeremo definitivamente con questo (per quanto traumatico) stato di cose ci sarà difficile sia comprendere come funziona la Matrice sia intuire come decodificarne le intenzioni sia adottare (nel nostro piccolo) le adeguate contromisure.
La Matrice non mente qualche volta, mente sempre salvo quando la bugia sia superflua. Non imbroglia le carte per errore, semmai (per un errore) raramente non imbroglia. Non è falsa a intermittenza, è falsa per natura. Ergo, nella logica della Matrice ingannare è la regola, mentre la sincerità è l’eccezione o, al più, un irrilevante (e non ricercato) effetto collaterale. Per concludere: la Matrice quasi senza eccezione mente. E la sua “regola” principale è “disciplinare” la nostra mente.
Francesco Carraro

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