Attualità
Deutsche bank abbandona il retail e diventa banca di sistema per la Germania stile Goldman Sachs, l’ultimo tassello del piano nazista di Funk
Interessante notizia apparsa su WSI in questi giorni: la mitica DB diventa banca d’affari stile Goldman Sachs e, chiaramente, abbandona il retail*. Mossa attesa, anzi ritardataria. In buona sostanza DB dovrà svolgere il ruolo di intervento sui mercati più che di accesso (il successo della salita dello spread sui bonds italiani nel 2011 insegna), di supporto a scalate di aziende, di consulenza. E tutto questo soprattutto a servizio del sistema tedesco, a tutto tondo nel settore finanziario, soprattutto M&A e gestione del debito e dello spread.
Temo che quasi nessuno di voi abbia pensato a cosa volesse realmente fare a livello economico la Germania a valle della sua indiscutibile vittoria in Europa durante la seconda guerra mondiale – perse fuori dall’Europa, nel continente stravinse -. Esistono selezionati pamphlet che chiariscono tale solo apparente arcano: in buona sostanza quello che veniva sostenuto dal Ministro del Reich Walther Funk** e dell’omologo rappresentante del partito nazista Hunke era qualcosa di tremendamente semplice: i paesi del sud dovevano basarsi su industria leggera e servizi per come li conoscevano allora, sopratutto sull’agricoltura [diventando meri consumatori non risparmianti, serbatoio di manopera a basso costo]. Il nord doveva invece avere l’industria pesante e l’accesso al credito/centralizzazione dei flussi finanziari tramite la banca di sistema, ai tempi la Reichsbank. In breve – e candidamente – il concetto nazista supponeva nero su bianco che le popolazioni del sud dovessero contribuire a mantenere elevato il tenore di vita dei popoli del nord. E qui permettetemi un commento personale: a quelli che oggi dicono che, vista l’incapacità di farci ben governare dai politici italici meglio farci governare dai tedeschi, rispondo che sfugge un concetto essenziale ossia che avendo i teutonici al governo in Italia lo scopo sarebbe solo quello di sfruttare il Belpaese per mantenere alto il livello di vita delle popolazioni del nord, quelle che eleggono i governi del nord e quelle al cui sistema i tedeschi appartengono. Se non si capisce questo – elemento per altro facilmente comprensibile – è impossibile avere chiaro cosa ci aspetta.
Quanto sopra spiega anche la ragione per cui la Finlandia, l’Olanda, i popoli scandinavi (dove è sopravvissuto quasi intatto il classismo tipico del sistema che sosteneva il nazismo, vedasi oltre) supportano il progetto Europeo di matrice austero-tedesca e sono oggi tutti contro la vittima sacrificale chiamata Grecia in base alla logica premessa che tecnicamente qualche vantaggio dovrebbe arrivare anche a loro. La Francia merita un discorso a parte, in quanto si ritiene – lei stessa si illude – di essere allineata agli interessi tedeschi. Ad oggi questo è certamente vero, oggi l’obiettivo parziale è la spogliazione dei beni dei paesi del sud con lo scopo di passare a’ nuttata della crisi economica più profonda degli ultimi 90 anni, gettando per altro le basi per la sfida ai poteri neo imperiali e soprattutto armandosi delle risorse necessarie per contare qualcosa a livello globale (visto che l’Europa non ha risorse, lo sfida globale dovrà passare per il rafforzamento del proprio bacino di consumo, del bacino di tecnologia e come snodo verso il medio oriente, il suo mercato e le sue risorse: ecco perchè l’asse franco-tedesco si scagliò contro l’ingerenza USA nell’invasione di Iraq ed in minor misura Afghanistan nel 2004 e poi impedì la fimra del patto NATO all’Ucraina nel 2008/09).
La Grecia oggi è l’ultimo baluardo contro la vittoria germanica nell’ambito del piano Funk rivisto e corretto, vittoria da attuare attraverso due strumenti: l’inflessibile moneta unica e la rigidità austerità, ben sapendo che l’applicazione di questa ricetta inevitabilmente distruggerà le economie meno prone ad una competitività endogena a quel punto senza la valvola di sfogo dell’aggiustamento del cambio per correggere i disequilibri. In breve, per i paesi afflitti da debito quello che capiterà è semplice: il debito diventerà irredimibile e ripagarlo comporterà diventare schiavi del debito sine die a favore di chi lo detiene (appunto, i popoli del nord). O anche pagare per le pensioni dei vecchietti tedeschi ed affini se volete, passando per la spoliazione di beni strategici nazionali (aziende sistemiche e risparmi in modo da renderli nudi davanti al re, leggasi impossibilitati a reagire; le aziende satelliti – ossia che lavorano per quelle tedesche come terzisti*** – non saranno considerate da aggredire proprio perchè asservite ad interessi tedeschi, potendo tranquillamente restare in Italia a patto che non siano industrie di base). E qui il piano è definito nei macro-dettagli.
Fatta la tara per i differenti momenti storici, oggi l’assenza di una banca di sistema a servizio della Germania è il tassello mancante più evidente nella strategia tedesca, nell’ambito del piano Funk: la centralizzazione dei flussi finanziari per Francoforte/Berlino è e resterà un sogno, almeno fino a quando la BCE sarà governata democraticamente – e, ritengo io, per questa ragione nessun tedesco ne sarà mai a capo, almeno fino a quando la Francia sarà in grado di rivestire un ruolo importante nella struttura continentale, ossia ancora a lungo causa arsenale nucleare gallico -. Non potendo avere sotto proprio controllo la banca centrale è innegabile che quanto meno sia necessario avere una banca in grado di sopperire almeno in parte alla deficienza centrale di non poter controllare completamente i flussi finanziari a proprio interesse, il macigno antitedesco chiamato Draghi insegna. Dunque bene armarsi di una banca che sia a servizio degli interessi tedeschi almeno strategico/commerciali al fine di rendere materiale il piano Funk; in realtà niente di nuovo, Allianz e Dresdner Bank oltre alla mitica DB erano acquirenti/finanziatori delle prede aziendali dei paesi occupati durante la WWII, ai tempi l’arma era l’esercito oggi lo spread in un ambito di cambio fisso…. Lo Spiegel ci fa ben capire dove siamo:
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In fondo quello che vuol fare oggi l’Europa tedesca con l’Italia è qualcosa che gli italiani conoscono abbastanza bene, soprattutto i piemontesi. L’imposizione di un cambio fisso post unificazione italiana del 1860 comportò la sistematica acquisizione dei beni dei paesi del sud da parte del governo centrale, con un impoverimento delle masse meridionali e con una dittatura di fatto che spinse alle più grandi efferatezze, leggasi qualcosa di simile ai moderni campi di concentramento se non di sterminio (…). Questo fenomeno durò gli anni necessari per, dopo aver fatto l’Italia, fare gli italiani. Provo vergogna da nordista per alcuni aspetti di quanto fatto dai miei avi, tenendo a puntualizzare che la struttura sociale piemontese dei tempi era molto simile a quella tedesca attuale, con una elite ristretta ed una base sociale di poveri o medio-bassa borghesia amplissima. Ossia, l’atteggiamento predatorio ed i vantaggi dell’unificazione furono soprattutto delle classi elevate, i poveracci del nord videro semmai le aziende girare e quindi impiego ma senza rendersi conto di cosa stava alla base, l’ignoranza era comunque molta. La differenza tra Germania di oggi e Italia post unificazione è però stridente: l’Italia fece prima l’unione politica per definizione, poi quella monetaria; la Germania attuale pretende invece di fare l’inverso. Chiaramente uno stato unitario implicava (ed ha implicato) anche [enormi, soprattutto dal 1960] trasferimenti dal nord al sud Italia oltre che la socializzazione del debito (in realtà il sud aveva le casse piene di liquidità ereditata dagli spagnoli nel 1860, sebbene la popolazione vivesse ad un livello socialmente e generalmente non comparabile con il nord, anche qui gli esempi si sprecano nei rapporti nord-sud attuali). E qui sta la vera differenza: la Germania sta oggi interpretando la relazione nord-sud, chiaramente, in termini secondo cui i popoli del nord non vogliono assumersi il debito delle cicale mediterranee. Ossia, tradotto, i popoli del nord vogliono mantenere il debito in capo a chi l’ha contratto. A parte che questa non è unione ma semplice sfruttamento in un sistema che vuole definirsi comunitario (l sud ha solo gli svantaggi di una moneta unica e di politiche di fatto fiscali inflessibili solo parzialmente edulcorati da tassi di interesse più bassi di quello che sarebbero i tassi senza unione monetaria – per la Grecia nemmeno questo -); a parte che l’Italia ha contratto il suo debito attuale per più del 50% in lire poi forzatamente convertito in euro – per cui molto ci sarebbe da discutere su dovrebbe essere restituito e se questo dovesse essere veramente computato in euro attuale nel rapporto debito/PIL -, tutto questo mette in evidenza la tremenda logica sottostante, ossia quella di mantenere il sud schiavo del debito e non farlo emergere dalla crisi come invece fanno immaginare i proclami dei media detenuti da coloro che trggono vantaggio dallo stare nell’euro, ossia dovranno restare fonte di profitto per i popoli del nord, quasi una pensione per le generazioni future tedesche a maggior ragione in un ambito di tassi zero o quasi. Per confutare detta tesi, c’è chi sostiene che l’Italia ha pagato enormi interessi sul debito prima dell’euro ma si dimentica di dire che questi erano espressi in lire, e soprattutto che erano pagati in larghissima parte agli stessi italiani, leggasi di risorse non ne uscivano dal paese se non marginalmente! Or dunque, tali dichiarazioni nascondono innegabilmente enorme scorrettezza intellettuale, un dolo direi.
Non voglio andare oltre nella digressione ma vorrei che i lettori capissero che non bisogna essere felici se la Germania oggi ha la sua Goldman Sachs in quanto ciò comporta avere nell’orto di casa un soggetto estremamente ingombrante e che sopratutto non farà gli interessi dei paesi oggi obiettivo delle politiche espansionistiche tedesche. Questa considerazione può rappresentare un valido punto di inizio per capire da dove iniziare il boicottaggio dei prodotti tedeschi, unica arma rimasta in mano ai periferici. Per ora.
Mitt Dolcino
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* http://www.wallstreetitalia.com/article/1808056/deutsche-bank-politici-accettano-che-diventi-come-goldman-sachs.aspx
** http://homepage.ntlworld.com/lee.riley/Notices/EWG.pdf
http://www4.dr-rath-foundation.org/brussels_eu/roots/06_economic_reorganization_europe.html
*** in questo contesto la conquista tedesca di ENEL, azienda strategica per la manifattura tedesca in presenza di crisi delle aziende germaniche, è solo questine di tempo, passando per un controllo del prezzo dell’azione sui mercati magari – ad titolo esemplicativo – attraverso l’intervento di una banca di sistema come DB (si noti che lo spread di prezzo tra ENEL ed il suo [maggiore] omologo tedesco tende mediamente a rimanere stabile correggendo eventuali ampliamenti di prezzo, forieri di un successivo acquisto da parte tedesca a prezzo maggiore (da evitare) soprattutto correggendo opportunamente le debolezze di prezzo del titolo tedesco in giornate di borsa calante per tutti i titoli del continente, ENEL inclusa; questo fenomeno va avanti da almeno 6 mesi)
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