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Dedicato a quelli che tifano per la bancarotta dell’Italia: il significato delle privatizzazioni dei cd. Campioni Nazionali (Enel, Eni, Saipem, …)

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Vorrei prendere la situazione di punta una volta per tutte, le privatizzazioni sono una cosa seria e noto estrema disinformazione al riguardo. Premessa: la privatizzazione delle aziende nazionali è formalmente richiesta dall’Europa non tanto per ridurre il debito – fatto comunque sempre positivo, o anche scusa sempre buona per come è vista la faccenda italiana a nord del Gottardo – quanto per rendere il mercato più efficiente e competitivo. Detto questo gli argomenti proposti stridono per almeno tre motivi: prima di tutto, vendere ENI, Enel, Saipem (appunto), Finmeccanica, Terna, Telecom etc. può rendere il mercato più efficiente? Forse solo per Telecom possiamo dire che ci può essere qualche attinenza con la bassa qualità del servizio (rete a banda larga), senza però dimenticare l’eccellenza nella rete mobile (basta andare negli USA o in Germania ed usare assiduamente il cellulare per capire cosa significhi), per il resto l’argomentazione è pura fuffa.

Secondo, quando si vende qualcosa di valore e di unico lo si dovrebbe fare sempre per guadagnare (non esistono altre aziende contenibili del tipo dei Campioni Nazionali al mondo, o meglio non c’è nessun pirla al mondo che se ce l’ha si sogna di venderle). Ora, se lo Stato vende un asset di tale tipo per altro non in perdita – e che, anzi, spesso rende anche più dei BTP a 10 anni – e che impiega e paga tasse in Italia, il prezzo di vendita dovrebbe compensare la futura assenza di dividendi, il potenziale minore introito da tassazione derivante da un probabile spostamento di utili all’estero a seguito dell’acquisizione straniera ed anche da un effetto indiretto di minore occupazione nazionale legato anche al gettito fiscale derivante, ma qui possono entrare nel merito anche considerazioni politiche ed occupazionali (per altro cruciali in un periodo di alta disoccupazione come l’attuale, anche in relazione alla traduzione in minori consumi).Vendere ad un prezzo inferiore di quanto ricavabile con la metrica sopra indicata è semplicemente una follia o più semplicemente uno sperpero (o più propriamente un regalo all’acquirente da parte del politico di turno, come purtroppo sembra essere accaduto in passato) in quanto determinerebbe a termine un incremento delle tasse a compensazione del gettito perso.

Terzo ed ultimo, spesso i mercati sottostanti ad un interesse nazionale aziendale sono 1.un monopolio/oligopolio 2.mercati regolati con tariffe (es. acqua) e/o con prezzi inferiori a quello che sarebbe il prezzo di mercato. Ad esempio vendere le ferrovie, privatizzarle, significherebbe moltiplicare i prezzi del servizio di trasporto ferroviario per un numero non inferiore a tre se teniamo ore buono l’esempio inglese (notasi che la privatizzazione delle ferrovie inglesi fu avversata anche da una liberista pura come la Thatcher, oggi tale privatizzazione può essere considerata tranquillamente un errore, si è trasformato un monopolio pubblico in un oligopolio privato con prezzi tra i più alti d’Europa). Idem per l’acqua: a tutti voi arriva l’acqua in casa? Otterreste qualcosa di meglio in un mercato privato? Certamente maggiori costi… Dunque resta da capire la convenienza a privatizzare un servizio monopolistico che bene o male funziona, chiedendosi cosa ciò implicherebbe a livello di costi del servizio ai cittadini, lo stesso servizio precedente alla privatizzazione intendo…

La massima dunque è: corretto privatizzare ma solo dove ha senso e comunque al prezzo giusto, evitando sempre di trasformare un monopolio pubblico che non deve fare utili (ma essere comunque in assetto di galleggiamento, diciamo leggero guadagno) in uno privato che invece massimizzerà le ipotetiche maggiori efficienze facendole pagare ai clienti. Clienti che in ogni caso non potranno fare a meno del servizio oligopolistico/monopolistico (acqua, ferrovie, autostrade). Un esempio? Segue…

In effetti l’Italia ha privatizzato uno tra i monopoli più naturali che esistano, ad un prezzo che dire regalo è ancora troppo generoso…. Autostrade vi dice qualcosa? Venduta dai prodiani agli amici di Ponzano Veneto nel 1999. Due numeri: dalla privatizzazione al 2013 le tariffe autostradali sono salite di circa il doppio dell’inflazione o poco meno. Nel 2014 le tariffe sono state aumentate del triplo dell’inflazione (!). Il prezzo di vendita, in valuta 2012, fu di ca. 3.4 mld di euro, ad oggi Autostrade ha accumulato utili netti per ca. 7.7 miliardi di euro sempre in valuta 2012, senza contare che la variante di valico approvata nel 1997 come intervento strategico (come chiaramente è, fatevi un giro da Barberino del Mugello e mi direte) ad oggi resta ancora tra i sogni incompiuti. Fonte Corriere della Sera del 13.01.2014, pagina 11, Sergio Rizzo se non ricordo male. Certamente chi ha approfittato della svendita sta ridendo, gli utenti un po’ meno…

Su ENI ed Enel non mi pronuncio in quanto esiste un libero mercato del power e del gas in Italia e soprattutto in Europa, oltre al fatto che entrambe le aziende traggono ormai gran parte dei profitti all’estero, senza dimenticare che la maggior parte dei costi dell’energia in Italia sono ormai determinati da componenti tariffari che esulano dalla materia prima, dal mercato e dalle aziende stesse (ad es. le accise o le sovvenzioni al fotovoltaico o le varie componenti A elettriche che ancora vengono in parte utilizzate per il decommissioning delle centrali nucleari che l’Italia non ha mai avuto). Giova in ogni caso ricordare per l’elettricità le tariffe elettriche domestiche italiane sono se esempio inferiori a quelle tedesche,fonte Eurostat… Per Finmeccanica il mercato nulla c’entra, vendono armi – ma anche qui ci sarà certamente qualche opinionista che mi spiegherà l’inefficienza del colosso italiano della difesa -.

Ma andiamo a Saipem. Azienda leader nel posare cavi, tubi, riesce a fare nelle esplorazioni cose che altri non sanno fare, circa 13 mld di fatturato fino al 2012, utile di ca. 1,4 mld euro nello stesso anno, oggi qualche centinaio di milioni dopo le vertenze giudiziarie; oltre 45 mila dipendenti in 127 nazioni diverse. Un colosso. Fu probabilmente per questo che Eni fu inserita nel novero delle aziende che assieme ai giganti russi dovevano partecipare allo sfruttamento dell’artico. Tale azienda fu piegata dagli scandali dettati con timing perfetto dalla magistratura milanese durante la campagna che porto’ alla caduta del Cavaliere per il pagamento di tangenti in Algeria, in effetti prima dell’intervento dei giudici milanesi non avevo capito che nessun altra azienda tranne Saipem pagava tangenti nei Paesi in via di sviluppo…

Tale azienda è estremamente ambita all’estero, soprattutto da francesi, norvegesi ed americani. Il perché è semplice: se andasse in mani arabe o, molto peggio, russe permetterebbe loro di fare il salto di qualità soprattutto in merito allo sfruttamento di giacimenti di oil e gas, oltre a rendersi indipendenti da aziende competitor tipo Halliburton (leggasi anche, molti brinderebbero per aver eliminato un competitor potenzialmente non allineato ma piuttosto frutto della visione da ‘maverick’ di Mattei, azienda nata nel lontano ’56 per mettere in pratica la vena matteiana dell’esplorazione all’estero in competizione con le 7 sorelle, capito il messaggio?). Ora, si dice nel blog di Grillo, vedasi oltre, che Scaroni ex CEO ENI stia lavorando sul dossier di vendita per conto di Rothschild, i ben informati sostengono che per quanto sopra esposto il prossimo proprietario di Saipem dovrà essere gradito a Washington, ricordando che la presidenza ENI è storicamente appannaggio di un establishment molto legato agli USA (GE soprattutto, che non casualmente fu l’acquirente di Nuovo Pignone venduta da Eni nella precedente tornata di svendite).

Oggi, nella lotta tra vendere e non vendere Saipem, che sembra avere un debito non indifferente – chiaramente Eni è tra i suoi migliori clienti, con inevitabili sovrapposizioni ed ottimizzazioni di gruppo nell’accumulo di debito, … – oltre a rumors pubblicati sulla stampa da ex dipendenti che evidenziano magagne anche possibili nei conti, esistono due anime: dunque, Saipem è da vendere o meno? La ratio è sempre quella sopra presentata: l’azienda fa profitti ed è un patrimonio di know how ed occupazione, bisogna fare i conti e capire bene se ha un senso compiuto venderla, oltre che eventualmente a che prezzo e se esistono interessi strategici. Ciò non toglie che sia necessario fare pulizia all’interno. Leggendo la lettera ‘arrabbiata’ sul blog di Grillo, missiva di un ex dipendente che seriamente minaccia con i propri contenuti i conti aziendali (visto che è una quotata penso ci sia il serio rischio di vedere una denuncia per aggiotaggio) la cosa che mi preoccupa di più è invece il passaggio dell’articolo nel blog Grillino sul possibile ruolo avuto da ex managers nel peggiorare i conti aziendali magari proprio per giustificare una vendita futura che altrimenti – aggiungo io – sarebbe non potuta avvenire, spero di aver correttamente interpretato tale documento. Capita la ratio? Il rischio è sempre il solito: fare gli interessi particolari contro quelli nazionali e pescare nel torbido confondendo l’eventuale malcostume con la possibile alienazione dell’azienda, che invece non dovrebbe/sarebbe dovuta avvenire. Sarà che vivo l’estero da anni ma non riesco ad accettare di essere preso per i fondelli passando per stupido italiano, avendo per altro alle spalle un numero non indifferente di anni passati in multinazionali straniere (sono anche io in attesa del nuovo passaporto ma i natali non si possono cambiare): la realtà su Saipem potrebbe essere leggermente diversa da come appare da analisi diciamo ‘sprovvedute’.

Per inciso, ricordo una discussione con un emissario arabo in europa nel pieno dell’intervento occidentale (anglo americano, hispano italiano, non francese e non tedesco, paesi che rimasero fuori dalla ‘torta’ mediorentale) in Iraq: mi diceva che se fosse stato possibile comprare Saipem i sauditi sarebbero stati disponibili a cedere giacimenti in cambio. Altri tempi direte voi ma da qui a dire che l’azienda è un chiodo, beh, solo un venditore di pentole finanziarie potrebbe affermarlo. Ed in ogni caso la cosa che non accetterò mai è l’atteggiamento disfattista di certi italiani, quello del tanto peggio tanto meglio: spero sempre che costoro quanto meno abbiano un ritorno personale dalle loro affermazioni denigratorie, posizioni anche retoriche direi. Altrimenti sarebbe davvero grave, saremmo nel terzo quadrante del teorema di Cipolla, ossia quello della stupidità: fare male agli altri facendo anche male a se stessi. Geniale. Al contrario.

mitt Dolcino


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