Politica
La decretazione d’urgenza e l’uso della crisi economica come “scusa” per l’utilizzo di tale strumento legislativo. Qualcosa non torna.
Ai sensi dell’art. 77 Cost., fatti salvi i casi in cui il Governo riceva espressa delega dal Parlamento, la decretazione d’urgenza è vietata “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano forza di legge”.
Tale divieto è superabile unicamente allorquando si è in presenza di “casi straordinari di necessità e di urgenza”. Oggi la decretazione d’urgenza è lo strumento principale con cui vengono imposti al nostro paese tutti i peggiori provvedimenti di austerità. In occasione di un ricorso in Commissione Tributaria, atto a contestare la legittimità del cd. “superbollo”, ho potuto sollevare un’eccezione che in parte vi trascrivo perché la ritengo di assai facile comprensione. Mi scuso se da qui in poi la forma sarà propriamente quella di un atto giudiziario anziché di un articolo puro.
La motivazione d’urgenza data dal Governo per l’emissione del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 è di mero stile ed esula dai requisiti di straordinarietà ed urgenza che la Costituzione impone. Così scrive il Governo stesso nell’epigrafe del provvedimento: “Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica, al fine di ottemperare a quanto previsto dagli impegni presi in sede comunitaria, nonché di emanare misure di stimolo fiscale per favorire il rilancio della competitività economica”.
Ergo, la stessa dichiarazione d’urgenza parla di contenimento della spesa e di misure di stimolo fiscale tra cui non rientra certamente l’aumento delle imposte, che è esattamente l’opposto di quanto affermato.
Figuriamoci se poi può rilevare, ai fini dello stato di necessità indispensabile per l’emissione di un Decreto Legge, un’imposta con un gettito di pochi milioni di Euro che avrebbe ben potuto essere disposta dal Parlamento con procedura ordinaria.
Il riferimento infine è, come di consueto, agli impegni presi in sede comunitaria, e qui occorre stendere un velo davvero pietoso.
Infatti proprio gli impegni presi in sede comunitaria di contenimento del deficit sono manifestamente contrari ai principi fondamentali della nostra Costituzione, sul punto è pendente giudizio presso il Tribunale di Genova con prossima udienza fissata per il 3 febbraio 2014, come da atto di citazione che si produce e che ivi deve intendersi integralmente richiamato e trascritto nel suo contenuto (trovate l’articolo su questo sito – clicca qui).
Ovviamente il taglio della spesa pubblica e l’aumento della pressione fiscale non stabilizzano la situazione finanziaria, non determinano il rispetto dei parametri (se pur illegittimi) comunitari, anzi tali azioni causano l’esatto opposto. I dati sono eloquenti, l’austerità ha provocato l’impennata del debito e lo sforamento di tutti i parametri del Protocollo 12 allegati al Trattato di Maastricht e riconfermati con quello di Lisbona.
Le osservazioni sul punto non potrebbe essere più banali.
I cittadini creano moneta? Ovviamente no.
Chi crea moneta dunque? Le banche private all’atto dei prestiti. C’è però un piccolissimo problema: chiedono interessi. Ergo man mano che i debiti vengono restituiti la base monetaria circolante diminuisce. Il risultato è una base monetaria inferiore rispetto a quella presente prima del prestito, salvo che il debito privato non venga aumentato all’infinito. Il credito privato dunque drena moneta dal sistema economico. Fatto innegabile.
A quel punto chi può immettere la differenza di moneta consentendo la creazione di quel risparmio diffuso che la Costituzione impone ex art. 47 Cost. mediante la disciplina, la coordinazione ed il controllo del credito? Solo lo Stato. Ebbene si, la sovranità monetaria è imposta in Costituzione!
Come può lo Stato immettere moneta in circolo? Scartando il lancio di carta moneta dagli elicotteri, può farlo solo con la spesa pubblica. Deve immettere nel sistema più moneta di quanta ne drena con le tasse e più di quanta ne drenano le banche private con gli interessi sui crediti erogati.
Unica ulteriore variabile che si inserisce in questo contesto è la bilancia dei pagamenti. Ma pensare di mettere in ordine i conti pubblici vivendo di sole esportazioni (ammesso e non concesso che gli altri Stati facciano deficit foraggiando i consumi dei propri cittadini) nel lungo periodo è impossibile.
Dunque se lo Stato non dispone sovranamente della possibilità di emettere moneta con una Banca Centrale che introduce nell’economia reale le quantità sovranamente decise, che possono essere solo quelle necessarie ad un’economia di piena occupazione (ex artt. 1 e 4 Cost.), il paese non potrà che fallire e diventare preda dei creditori.
Oggi BCE, a causa dei Trattati UE, non può svolgere tale compito, i Trattati lo vietano! BCE non è prestatrice di ultima istanza. Per quanto, in tali casi, il termine “prestito” non deve indurre in errore. Una Banca Centrale nazionale infatti non indebita nessuno, ma crea ricchezza.
Ergo siamo già falliti.
Il taglio della spesa pubblica e l’aumento della pressione fiscale semplicemente accelereranno questo processo.
Se l’Illustre Commissione Tributaria adita non condividesse tale assunto non esprimerebbe un’opinione, ma semplicemente negherebbe la realtà dei fatti per erronea comprensione del concetto giuridico-costituzionale di contabilità pubblica che ovviamente presuppone conoscenze macroeconomiche.
Dunque, non solo non c’era una situazione d’urgenza per l’emissione del decreto legge 98/2011, ma vi fu, da parte del Governo, una prospettazione di una situazione completamente falsa che non può non rilevare ai fini dell’esclusione dello Stato di necessità idoneo all’emissione di un decreto d’urgenza.
Ma vi è di più.
L’illustre Commissione adita ricorda cosa dichiarò Mario Monti? Rammentiamolo (Monti non c’entra con il D.L. in oggetto ma ne sintetizza molto bene gli obiettivi).
“Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione CESSIONI di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement(n.d.s. costrizione traducendo in Italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale”.
Se questa è la volontà, una crisi per ottenere cessioni di sovranità, ovviamente palesemente illecite ex art. 1 ed 11 Cost., non solo non vi era urgenza nell’emissione del D.L. di cui si dibatte ma la sua emissione è reato penale ex artt. 241 ss. c.p. con ogni valutazione in merito alla Commissione Tributaria adita in merito alla trasmissione alla Procura della Repubblica della notizia di reato ivi menzionata.
Le cessioni di sovranità e la menomazione dell’indipendenza nazionale si stanno infatti verificando con una violenza che consiste nella cooptazione della volontà dei cittadini. Ciò avviene attraverso una crisi economica artatamente cagionata con politiche di austerità fiscale che ovviamente distruggono pezzo dopo pezzo l’economia. I cittadini disperati, a quel punto, accettano le sempre più spesso invocate cessioni di sovranità (Draghi, Renzi, Boldrini, Napolitano, ecc…).
Dunque la somma richiesta al ricorrente a titolo di addizionale erariale della tassa automobilistica non serve per “salvare” il paese ma per distruggerlo, sottraendo più moneta possibile dal sistema, deprimendo i consumi e marciando verso la più spinta deflazione.
Con un ragionamento così semplice sperò di mettere in difficoltà la CTP. Qualche Giudice, dopo aver compreso che la moneta non cresce nei campi, saprà finalmente dare una conseguenza giuridica a questa incredibile frode che prende il nome di sistema finanziario?
Seguirà a breve un articolo che analizzerà anche gli effetti e le criticità costituzionali che nascono dalla combinazione, democraticamente letale, tra l’emissione di un Decreto Legge ed un Parlamento composto da nominati scelti dai partiti, anch’essa eccepita in opposizione a tasse introdotte con Decreto Legge. Nominati che in sede di conversione, specie se subiscono l’uso dello strumento della fiducia, non possono svolgere quel ruolo di garanzia che l’art. 77 Cost. impone e a cui i Padri Costituenti avevano pensato. Tale decreti, sono a mio avviso incostituzionali per le ragione che vi esporrò a breve.
Avv. Marco Mori
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