Economia
Dazi USA: pugno di ferro con l’India, accordo record con la Corea del Sud. La strategia del “piccolo è bello”
Trump scatena la guerra dei dazi con l’India per le sue “linee rosse”, ma sigla un accordo record con la Corea del Sud. Analisi di due approcci opposti all’America First e delle loro conseguenze.

Quando ormai siamo in “Area Cesarini” per la definizione della politica commerciale “America First”, il presidente Donald Trump conclude due accordi estremamente rilevanti, ma profondamente diversi fra di loro.
Mentre l’India si trova sull’orlo di una guerra commerciale, con dazi punitivi pronti a scattare, la Corea del Sud sigla un accordo lampo da quasi mezzo trilione di dollari, buono, se non migliore, rispetto a quello della UE, dimostrando che “Piccolo è bello”, o, per lo meno, non uno svantaggio.
India – Scontro Frontale sull’Asse Washington-Nuova Delhi
Con un annuncio diretto sul suo social network Truth Social, il presidente Trump ha dichiarato che a partire da domani, 1° agosto, gli Stati Uniti imporranno dazi del 25% sulle merci importate dall’India. Una mossa che rischia di innescare una pericolosa escalation commerciale tra le due potenze.
Trump non ha usato mezzi termini, definendo le tariffe indiane “troppo alte, tra le più elevate al mondo” e accusando Nuova Delhi di imporre “le più faticose e odiose barriere commerciali non monetarie di qualsiasi Paese”. Nonostante abbia definito l’India un “amico”, il Presidente ha sottolineato come gli affari tra i due Paesi siano stati storicamente limitati proprio a causa di queste barriere.
A gettare ulteriore benzina sul fuoco, Trump ha minacciato “un’ulteriore penalità” non specificata contro l’India per le sue relazioni commerciali con la Russia, nel tentativo di
La reazione di Nuova Delhi è stata cauta ma ferma. Il governo indiano ha dichiarato di aver “preso nota” delle dichiarazioni di Trump e di “studiarne le implicazioni”, ribadendo l’impegno a raggiungere un accordo commerciale “equo, equilibrato e reciprocamente vantaggioso”.
Questa rottura arriva dopo cinque round di negoziati infruttuosi. Le speranze di concludere un accordo entro il 1° agosto si sono infrante contro quelle che il ministro delle Finanze indiano, Nirmala Sitharaman, ha definito le “due grandi linee rosse” dell’India: agricoltura e prodotti lattiero-caseari. Si tratta di settori vitali che danno sostentamento a milioni di agricoltori indiani, un elettorato politicamente sensibile che già nel 2020 aveva costretto il governo a ritirare una controversa riforma del mercato agricolo dopo proteste di massa.
Le concessioni fatte in passato da Nuova Delhi, come l’acquisto di petrolio e caccia americani o l’accettazione silente delle restrizioni sui visti e delle deportazioni, non sono bastate. Le poste in gioco sono altissime: gli Stati Uniti sono il principale mercato di esportazione per l’India, con un interscambio di quasi $130 miliardi l’anno scorso. Il deficit commerciale americano di $45,7 miliardi con l’India nel 2024 è stato il casus belli per Trump, che ora sembra determinato ad andare fino in fondo, trasformando un celebrato “amico” del premier Modi in un avversario economico.
Ad essere colpiti nel caso di permanenza dei dazi a questo livello saranno prodotti come farmaceutici, pellami, componenti auto e tessili. Gli economisti indiani temono che l’impatto su Nuova Delhi , con un impatto superiore allo 0,2% del PIL e, sorpattutto, con la perdita dell’opportunità di sostiuire la Cina come principale fornitore di Washington. Il rischio è quello di un’invasione di prodotti indiani invenduti verso l’Europa.
Corea del Sud – L’Accordo Lampo che Evita la Crisi
In un colpo di scena che contrasta nettamente con la situazione indiana, Donald Trump ha annunciato personalmente di aver raggiunto un accordo commerciale “completo e totale” con la Corea del Sud, evitando così i dazi generalizzati che sarebbero dovuti scattare venerdì.
Anche in questo caso, l’annuncio è arrivato via Truth Social. Trump ha rivelato che Seul ha accettato di abbassare le sue tariffe “reciproche” al 15%, rispetto al 25% inizialmente proposto dall’amministrazione americana. “Abbiamo concordato una Tariffa per la Corea del Sud del 15%. All’America non verrà addebitata alcuna Tariffa”, ha scritto il Presidente.
Ma la vera notizia sta nelle contropartite, di dimensioni colossali. In cambio dello sconto sui dazi, la Corea del Sud si è impegnata a:
- Investire $350 miliardi negli Stati Uniti: Questi investimenti saranno “posseduti e controllati dagli Stati Uniti, e selezionati da me stesso”, ha precisato Trump.
- Acquistare $100 miliardi di energia statunitense: L’accordo prevede l’acquisto di gas naturale liquefatto (GNL) o altri prodotti energetici americani.
- Aprire completamente il proprio mercato: Seul garantirà un accesso totale ai prodotti americani, incluse automobili, camion e beni agricoli.
L’accordo sarà formalizzato entro due settimane, quando il Presidente della Corea del Sud, Lee Jae Myung, si recherà alla Casa Bianca per un incontro bilaterale. Questo incontro suggellerà un’intesa raggiunta in extremis dai negoziatori di Seul, guidati dal Ministro delle Finanze Koo Yun-cheol, che si sono recati personalmente da Trump per finalizzare l’accordo prima della scadenza.
Il successo sudcoreano dimostra la strategia pragmatica e transazionale di Trump: di fronte a impegni economici massicci e a una totale apertura del mercato, la Casa Bianca è disposta a fare concessioni significative. Una “arte del negoziato” che ha premiato Seul con un accordo vantaggioso, mentre Nuova Delhi, forte delle sue “linee rosse”, si prepara ora ad affrontare l’ira tariffaria di Washington. Trattare con gli USA ora è molto più semplice se non si è troppo grandi, perché si riesce a non apparire minacciosi, ma collaborativi. Una lezione che i paesi UE non hanno capito: la UE , con 447 milioni di abitanti e un surplus di 140 miliardi di Dollari, ha ottenuto le stesse condizioni di un paese di 51 milioni di abitanti, ma un surplus di 55 miliardi di dollari.
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