Attualità
Davos, il sanatorio del mondo che non sana di Massimiliano Lenzi.
Bill, Bono ed William, lassù, a Davos. “L’apoliticità non esiste. Tutto è politica” scriveva Thomas Mann ne “La montagna incantata”. Anche per questo non basta, per risolvere i problemi del mondo, salire qualche giorno su un monte, in Svizzera, per cercare magari un sanatorio sulle cose che non vanno, e sono parecchie.
Chiamando Forum l’evento e facendo incontrare i più ricchi, i più politici, i più influenti, con una spruzzatina di filantropi e pure di cantanti. Benvenuti a Davos, sulla montagna disincantata, dove in questi giorni, sino al 25 gennaio, si sta svolgendo il Forum economico mondiale su un tema assai vasto: la globalizzazione 4.0, con domande sul futuro della Terra nell’età della Quarta Rivoluzione industriale. Uno si aspetterebbe i cuori oltre gli ostacoli, a costo di peccare di ingenuità, da parte dei protagonisti, siano essi ricchi, politici o artisti ed invece quel che emerge, almeno sino adesso, è il trionfo delle ovvietà.
Bono, il leader del gruppo musicale U2, ha addirittura sostenuto che “il capitalismo non è immorale, ma è amorale” ed ha sì portato via più persone dalla povertà di “qualsiasi altro sistema” ma è anche “una bestia selvaggia e se non addomesticata può divorare un sacco di persone lungo la strada”. Per Bono, coloro che non hanno beneficiato del capitalismo stanno spingendo “la politica verso il populismo”. Va a finire che alla fine è sempre colpa dei poveri, questi populisti. Difficile anche aggiungere un segue dibattito, perché da dibattere sembra esserci davvero poco, troppe certezze a Davos.
Certo qualcuno, nell’aria buona e alta delle montagne svizzere, bisognerebbe facesse sapere a Bono che Donald Trump, che a Davos non è andato, ed è considerato un populista non è che sia proprio stato escluso dal capitalismo. Anzi. Un altro che non è stato escluso dalla ricchezza è Bill Gates, il fondatore di Microsoft che ha parlato della necessità di finanziare l’assistenza sanitaria a livello mondiale, sottolineando come attraverso una più efficace gestione delle tasse sarebbe possibile abbattere i prezzi dei farmaci. In definitiva, il suo è stato un messaggio ottimistico: “Le persone tendono a concentrarsi sulle cattive notizie senza rendersi conto di quanto di buono è già stato fatto”. Premesso che il buono (se si parla di benessere) è sempre soggettivo, dipende da come se la passa chi guarda, la ricetta di Gates anche se partorita al Forum non è che suoni così nuova: anche i socialisti di Bettino Craxi, nell’Italia degli anni Ottanta, ripetevano con Claudio Martelli la loro ricetta sui meriti e sui bisogni per una società migliore. Chi può agire (ed ha i meriti) lo faccia, insomma, mettendo in condizione chi ha bisogno di stare meglio. Che Gates sia socialista martelliano?
Con l’interrogativo irrisolto, prima di venir via da questa montagna disincantata non possiamo fare a meno di citare la parentesi sui cambiamenti radicali del clima, della natura e dell’ambiente che hanno investito il pianeta e di cui lassù, nel sanatorio del Mondo, si sono occupati con nientedimeno che il Principe William, della famiglia reale inglese, che ha intervistato il documentarista e naturalista David Attenborough. Ricchi e verdi, che volete di più.
Ma servirà davvero questo Davos? Bah. Come avrebbe ironizzato il vecchio Totò, che a Davos ha preferito tre anni di militare a Cuneo (ridente, ma non troppo, città del Piemonte): “Ma fateci il piacere!”.
Massimiliano Lenzi, Il Tempo 24.1.19
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