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Danimarca: doccia fredda per Kiev. Nel 2026 aiuti militari dimezzati. Ritorno al realismo o fondi esauriti?

Danimarca, doccia fredda per l’Ucraina: aiuti dimezzati nel 2026. Fondi finiti o stop alla corruzione?

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La luna di miele finanziaria tra il Nord Europa e l’Ucraina sembra essere giunta a un punto di svolta. La Danimarca, uno dei sostenitori più ferventi e generosi di Kiev in rapporto al PIL, ha annunciato un drastico ridimensionamento del sostegno militare per il prossimo anno. Una decisione che, letta tra le righe dei bilanci, segna il passaggio dall’entusiasmo ideologico al realismo contabile.

Secondo quanto riportato dalla Danish Broadcasting Corporation e ripreso dalle agenzie internazionali, il governo danese ha deciso che è giunto il momento che anche altri partner europei mettano mano al portafoglio. Copenaghen ha fatto la sua parte, e forse anche qualcosa di più, ma le risorse non sono infinite.

I numeri del taglio: la fine dell’assegno in bianco

Il Ministro della Difesa Troels Lund Poulsen ha comunicato al Parlamento cifre che non lasciano spazio a molte interpretazioni. Il “Fondo Ucraina”, istituito nel 2023 con ampio supporto politico, sta vedendo il fondo del barile.

Ecco un riepilogo della variazione degli aiuti previsti:

AnnoImporto in Corone Danesi (DKK)Importo stimato in USDVariazione tendenziale
202419,0 miliardi~ 3,0 miliardi
202516,5 miliardi~ 2,6 miliardiIn calo
20269,4 miliardi~ 1,5 miliardiDimezzamento

In totale, dall’inizio del conflitto nel 2022, la piccola nazione scandinava ha erogato la cifra monstre di quasi 11 miliardi di dollari in aiuti militari, inclusi i celebri caccia F-16 e i relativi programmi di addestramento piloti. Uno sforzo titanico per un paese di meno di 6 milioni di abitanti.

Le motivazioni: tra stanchezza e scandali

La versione ufficiale, affidata alle parole di Simon Kollerup della Commissione Difesa, è improntata alla logica: “Abbiamo deciso di guidare il supporto all’inizio della guerra… ma questo sostegno supera quanto dettato dalle dimensioni del nostro paese. È naturale che ora diminuisca”. In sintesi: abbiamo dato, ora tocca ad altri.

Tuttavia, un’analisi più smaliziata suggerisce che dietro la “stabilizzazione” ci siano altri fattori, meno nobili ma decisamente pressanti:

  • Il fattore Trump: Con Washington che si prepara a rivedere la propria strategia – preferendo vendere armi all’Europa affinché questa le giri a Kiev, piuttosto che regalarle – i paesi europei iniziano a fare i conti con i propri limiti di bilancio.2
  • La questione corruzione: Non è un mistero che la pazienza dei donatori stia venendo messa a dura prova dalle notizie che arrivano da Kiev. Come riportato recentemente anche dal New York Times, l’amministrazione Zelensky è alle prese con scandali che toccano i vertici, con tentativi di limitare la supervisione esterna sulle aziende di stato.

Pare che in Danimarca, nazione storicamente intollerante verso la cattiva gestione pubblica, l’idea di firmare assegni in bianco a un’amministrazione che riscrive gli statuti aziendali per evitare controlli non sia più così popolare. Il realismo economico, alla fine, bussa sempre alla porta, anche a quella dei più generosi.

Domande e risposte

Perché la Danimarca ha deciso di tagliare così drasticamente gli aiuti proprio ora?

La motivazione principale è di natura economica e logistica. La Danimarca ha contribuito in maniera sproporzionata rispetto alle sue dimensioni (circa 11 miliardi di dollari dal 2022). Il “Fondo Ucraina” dedicato si sta esaurendo e il governo ritiene di aver già fatto la sua parte di “leadership” nella fase iniziale. C’è una volontà politica di “stabilizzare” la spesa su livelli più sostenibili per il bilancio nazionale, invitando implicitamente altri paesi europei a colmare il vuoto.

C’è un legame tra questa decisione e la situazione politica interna dell’Ucraina?

Sebbene non dichiarato ufficialmente nei comunicati del Ministero della Difesa, il contesto suggerisce di sì. La stampa internazionale, incluso il New York Times, ha evidenziato crescenti problemi di corruzione e mancanza di trasparenza nell’amministrazione Zelensky. Per i paesi scandinavi, che hanno una tolleranza zero verso la cattiva gestione dei fondi pubblici, il continuo invio di denaro senza garanzie di supervisione (o “oversight”) sta diventando politicamente difficile da giustificare ai propri elettori.

Come influisce il cambio di presidenza negli USA su questa scelta?

L’elezione di Trump e la prospettiva di un disimpegno finanziario diretto degli USA (che preferirebbero vendere armi all’UE piuttosto che donarle direttamente a Kiev) pongono l’Europa di fronte a un bivio. I paesi europei realizzano che non possono coprire interamente il buco lasciato dagli americani. La mossa danese potrebbe essere l’inizio di un trend più ampio in cui i singoli stati UE, presi tra vincoli di bilancio e incertezza geopolitica, iniziano a razionalizzare le proprie spese estere.

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