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Dalla plastica al carburante, con un nuovo metodo a bassa temperatura

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Il Pacific Northwest National Laboratory ha annunciato un nuovo metodo per convertire la plastica di scarto in combustibile e materie prime che promette di contribuire a chiudere il ciclo del carbonio a temperature miti e con un’alta resa. Le maschere per il viso, le buste della spesa e gli involucri per alimenti usati contengono molte materie prime potenzialmente utili. Ma è stato molto più conveniente continuare a produrre più plastica monouso che recuperarla e riciclarla.

Il team di ricerca ha riportato la sua scoperta su Science.
Ora, un gruppo di ricerca internazionale guidato dal Pacific Northwest National Laboratory del Dipartimento dell’Energia ha decifrato il codice che ha ostacolato i precedenti tentativi di scomporre queste plastiche persistenti.

In genere, il riciclaggio delle materie plastiche richiede il “cracking” o la scissione dei legami tenaci e stabili che le rendono anche così persistenti nell’ambiente. Questa fase di cracking richiede temperature elevate, che la rendono costosa e ad alta intensità energetica.

La novità consiste nel combinare la fase di cracking con una seconda fase di reazione che completa immediatamente la conversione in un carburante liquido simile alla benzina senza sottoprodotti indesiderati. La seconda fase di reazione utilizza i cosiddetti catalizzatori di alchilazione. Questi catalizzatori forniscono una reazione chimica attualmente utilizzata dall’industria petrolifera per migliorare il numero di ottani della benzina.

Nello studio attuale, la reazione di alchilazione segue immediatamente la fase di cracking in un unico recipiente di reazione, a temperatura ambiente (70° C/158° F).

Oliver Y. Gutiérrez, autore dello studio e chimico del PNNL, ha osservato: “Il cracking solo per rompere i legami li porta a formarne altri in modo incontrollato, e questo è un problema in altri approcci. La formula segreta qui è che quando si rompe un legame nel nostro sistema, se ne forma immediatamente un altro in modo mirato che dà il prodotto finale desiderato. Questo è anche il segreto che permette la conversione a bassa temperatura”.

Nel loro studio, il team di ricerca, coadiuvato da scienziati dell’Università Tecnica di Monaco, in Germania, ha fatto riferimento a sviluppi separati e recenti dell’industria petrolifera per commercializzare la seconda parte del processo qui riportato per la lavorazione del petrolio greggio.

Johannes Lercher, autore senior dello studio, direttore dell’Institute for Integrated Catalysis del PNNL e professore di chimica alla TUM, ha osservato: “Il fatto che l’industria abbia impiegato con successo questi catalizzatori emergenti per l’alchilazione dimostra la loro natura stabile e robusta. Questo studio indica una nuova soluzione pratica per chiudere il ciclo del carbonio dei rifiuti plastici, più vicina all’attuazione di molte altre proposte”.
Nel loro studio, i ricercatori notano una limitazione ai loro risultati. Il processo funziona per i prodotti in polietilene a bassa densità (LDPE, codice della resina plastica #4), come le pellicole di plastica e le bottiglie da spremere, e per i prodotti in polipropilene (PP, codice della resina plastica #5) che non sono tipicamente raccolti nei programmi di riciclaggio a bordo strada negli Stati Uniti. Il polietilene ad alta densità (HPDE, resina plastica codice #2) richiederebbe un pretrattamento per consentire al catalizzatore di accedere ai legami da rompere.

 

I rifiuti plastici derivati dal petrolio sono una risorsa non sfruttata che può servire come materiale di partenza per materiali utili e durevoli e per i carburanti. Più della metà dei 360 milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno a livello globale è costituita dalle plastiche oggetto di questo studio. Ma guardare una montagna di plastica e vederne il valore richiede una mentalità da innovatore, l’ingegno di un chimico e una comprensione realistica degli aspetti economici. Questi scienziati stanno cercando di cambiare la dinamica applicando la loro esperienza nella rottura efficiente dei legami chimici.

Lercher ha commentato: “Per risolvere il problema dei rifiuti persistenti di plastica, dobbiamo raggiungere un punto critico in cui sia più sensato raccoglierla e restituirla all’uso piuttosto che trattarla come usa e getta. Abbiamo dimostrato che è possibile effettuare questa conversione rapidamente, a condizioni miti, il che rappresenta uno degli incentivi per raggiungere questo punto critico”.

Anche in Italia si stanno portando avanti ricerche del genere, anzi siamo anche più avanzati, ma i problemi creati da una burocrazia asfissiante fanno rallentare lo sviluppo di questo tipo di tecnologie. Un gran peccato.

 


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