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Da innamorato della Costituzione, preferisco il sistema elettorale maggioritario a turno unico. Ecco il perché (di Giuseppe PALMA)

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In linea di principio sono sempre stato favorevole al sistema elettorale proporzionale, ma per sottrarre ai partiti “di sistema” le leve del potere, il più delle volte ottenuto attraverso operazioni di palazzo ampiamente contrarie al principio democratico, serve – soprattutto in questo particolare periodo storico – un sistema elettorale maggioritario.

Per tre motivi:

1) il proporzionale consente il consociativismo parlamentare tra forze singolarmente minoritarie, ma che diventano maggioranza numerica per mere somme algebriche in Parlamento, il più delle volte orfane di una sufficiente comunione di visione politica e intenti programmatici. Questo è l’espediente a cui ricorrono i partiti “di sistema” (unire i propri numeri in Parlamento) pur di contrastare l’ascesa al potere dei partiti anti-sistemici. Lo capirono anche i Padri Costituenti, che alla fine preferirono non costituzionalizzare il sistema proporzionale (pur disciplinando il voto come “eguale”) instaurando la prassi – in un sistema elettorale proporzionale – che mai la lista più votata alle elezioni politiche (seppur di mera maggioranza relativa) sarebbe rimasta fuori dalla formazione del governo. Dal 1946 al 1993 è sempre stato così. Il primo partito, pur di sola maggioranza relativa, ha sempre detenuto la golden share nella formazione del governo. Un connubio tra sistema parlamentare e principio democratico che ha ben funzionato. Oggi tuttavia, viste le recenti dinamiche agostane, del principio democratico nessuno sembra più curarsene, nemmeno le più autorevoli cariche dello Stato. Per questo gli anticorpi costituzionali debbono necessariamente rispondere ricorrendo a rimedi che salvaguardino principalmente il principio democratico, principio cardine su cui si fonda l’ordinamento costituzionale;

2) in un sistema elettorale proporzionale, un eventuale fronte anti-establishment (composto da una o più liste collegate) non riuscirebbe mai ad andare al governo senza alleanze in Parlamento con le liste di “sistema”, a meno che non abbia il 50% più uno dei consensi (poco meno nel caso di soglie di sbarramento più o meno alte). Non è mai accaduto nell’esperienza repubblicana che una sola lista, anche unitamente ad altre liste ad essa collegate, arrivasse ad un consenso così alto. Nel 1948 la Democrazia cristiana e le liste collegate si fermarono al 49% circa. Ciò comporterebbe la necessità per le liste anti-establishment di scendere a indicibili compromessi con le liste “di sistema”, che ne esautorerebbero la spinta e la natura anti-sistemiche (vedesi l’attuale rapporto M5S-Pd). Dopo la caduta del fascismo, le forze politiche elette all’Assemblea Costituente erano tutte anti-sistemiche (in quel caso contro il sistema fascista da poco deposto), quindi non venitemi a fare esempi retorici che non c’entrano nulla;

3) un sistema elettorale maggioritario (meglio se a turno unico), pur con adeguate correzioni che limitino le tipiche distorsioni di siffatti sistemi, può rappresentare l’unica via possibile per le forze anti-establishment di andare al governo del Paese senza alleanze distruttive post-elettorali con le forze “di sistema”, evitando per lo più che queste si coalizzino tra loro in mere somme algebriche disperate. E il turno unico evita che le forze “di sistema” si coalizzino al secondo turno contro le forze anti-sistemiche. Negli Stati Uniti d’America e in Inghilterra, dove vige il medesimo sistema elettorale (maggioritario secco, a turno unico, con collegi uninominali / firs-past-the-post), i sovranisti hanno vinto le elezioni rendendo impossibili gli inciuci di palazzo. Insomma, un maggioritario con adeguati contrappesi è l’unico modo per evitare l’accoppiamento mortale con la mantide religiosa.

Ci saranno ortodossi che non capiranno e cretini che insulteranno. Fatti loro.
Spero sia tutto chiaro.

Avv. Giuseppe PALMA

 


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