Seguici su

Conti pubblici

Crepe strutturali #1

Pubblicato

il

Post di Francesco Simoncelli da Freedonia

di Francesco Simoncelli

«Oggi ci sono uomini considerati dei grandi economisti, che disdegnano il risparmio e raccomandano la spesa sconsiderata su scala nazionale come modo per raggiungere la prosperità; e quando qualcuno evidenzia quali saranno le conseguenze dil ungo periodo di queste politiche, replicano in modo poco serio, come farebbe un padre premuroso con un figliol prodigo: “Nel lungo periodo siamo tutti morti.” E tali bazzecole diventano dotti epigrammi e saggezza convenzionale.»

~ Henry Hazlitt, Economics in One Lesson

E’ passato un bel pò da quando non abbiamo fatto un bel riassunto della situazione economica globale, quindi oggi ci appresteremo a rimediare a questa mancanza. Ce ne andremo in giro per il mondo ed analizzeremo le debolezze strutturali insite nelle economie mondiali di oggi. Cercheremo soprattutto di capire come venga propagandata una ripresa fasulla dei mercati, quando invece tutti i problemi del sistema attuale ancora languono irrisolti. Prima di iniziare vorrei esporre qualche concetto che ancora sfugge alla maggior parte delle persone sulla nascita del capitalismo, sulle sue “regole” e sulla sua evoluzione.

C’ERA UNA VOLTA IL CAPITALISMO DI LIBERO MERCATO

Concentratevi e fate mente locale. Ora, pensate al termine capitalismo e associate ad esso tutto ciò che vi viene in mente nei prossimi 30 secondi. E’ un margine di tempo adeguato per consentire al lettore di richiamare tutti i possibili luoghi comuni su questo sistema produttivo. Esattamente, perché diversamente da quesllo che si può pensare d’acchitto, il capitalismo non è un sistema “politico”… diversamente dal socialismo. Sono, quindi, pronto a scommettere che la maggior parte dei lettori si è lasciata trascinare nel vortice della nebulosità che circonda l’ordine capitalistico. In questo modo vengono messe nello stesso calderone anche società ed imprese aiutate artificialmente da una cerchia ristretta di individui, i quali per mantenere in piedi il sistema clientelare di cui sono protettori non disdegnano di ricorrrere ai mezzi politici per entrare in possesso delle risorse di cui necessitano.

Il sociologo Franz Oppenheimer fu colui il quale utilizzò questa terminologia per evidenziare la differenza tra uno scambio volontario e uno scambio forzato. Nel corso della storia, gli individui hanno potuto scambiare i frutti del proprio lavoro in due modi: attraverso i mezzi economici e attraverso i mezzi politici. Gli individui, usando i mezzi economici, entrano in contatto per scambiare beni o servizi in modo pacifico. Il mezzo economico, infatti, prevede che le parti in causa siano d’accordo volontariamente nello scambiare gli oggetti che possiedono. Parallelamente ai mezzi economici esistono i mezzi politici, ossia quegli scambi in cui una parte in causa costringe un’altra a compiere uno scambio. Cosí, le interazioni tra gli individui non sono piú volontarie, bensí spinte attraverso la forza.

Non è un caso che si parli di mezzi economici quando si fa riferimento allo scambio volontario, proprio perché il mercato è il luogo nel quale si incontrano gli individui per soddisfare i loro bisogni attraverso lo scambio stesso. Non è compito di questo saggio sondare le varie situazioni che possono scaturire da uno scambio di mercato, quindi ci limiteremo a dire che gli individui traggono maggior profitto dallo scambio pacifico piuttosto che dalle situazioni di conflitto. Il termine capitalismo deriva sostanzialmente da una parola indo-europea e andava a descrivere un determinato numero di capi di bestiame (capitale attraverso il quale i relativi possessori potevano sopravvivere). Il primo ad usare la parola capitalismo nella storia letteraria fu un certo William Thackeray, il quale amava scrivere storie strappa-lacrime sulle condizioni degli operari nelle fabbriche (senza preoccuparsi delle realtà, tra l’altro). Il termine venne in seguito affibiato a quei mercanti che tentavano di entrare nelle classi aristocratiche.

Nonostante fosse un termine utilizzato per descrivere un metodo di produzione per allocare risorse, fu Marx che gli conferì una connotazione negativa allargando il suo significato alla società ed alle teorie economiche. Estremizzando e facendo confusione sulle letture di Adam Smith, trasformò quel termine: un modo di allocare risorse in base alla proprietà privata dei mezzi di produzione divenne il fine ultimo degli uomini che possiedono capitale. La strada sarebbe stata tutta in discesa da qui in poi: da Max Weber che criticò Marx e il termine capitalismo, a Fisher, a Keynes, a Friedman e compagnia cantante. Così come pochi hanno letto Il Capitale di Marx, lo stesso è accaduto per la General Theory, e la confusione partorita da uno si è protratta nel tempo dando vita ad un potente mezzo propagandistico con cui fare un minestrone. La semantica ha fatto il suo lavoro ed i pianificatori centrali hanno preso possesso, attraverso il sotterfugio, del timone della barca. Provate a leggere L’Azione Umana di Mises, non troverete menzione del termine “capitalismo”, solo una distinzione tra economia di mercato e di economia pianificata.

Le forze di mercato, sebbene ostacolate progresivamente dall’invadenza della pianificazione centrale, hanno cercato di direzionare in modo sano la produzione all’interno della società. L’economia, infatti, è composta dalle azioni dei singoli individui, la cui mutevolezza non ne permette il completo imbrigliamento. E’ stata l’economia di mercato a liberare la società dalla piaga della schiavitù; è stata l’economia di mercato a liberare gli uomini comuni dalla scarsità di cibo; è stata l’economia di mercato, attraverso l’industrializzazione, a concedere agli uomini comuni quegli agi che in passato potevano permettersi solo i nobili; ecc.

E’ stato grazie a figure come quelle di Mises, Hayek e Rothbard se si è potuto fare di nuovo chiarezza sul termine capitalismo: la libertà degli individui negli scambi e nel possedere diritti di proprietà. Disse Mises: “Una società che sceglie tra capitalismo e socialismo, non sta scegliendo tra due sistemi sociali; sta scegliendo tra cooperazione sociale e la disintegrazione della società.” Disse Hayek: “La preservazione di quello che è conosciuto come sistema capitalistico, ovvero, il sistema del libero mercato e della proprietà privata dei mezzi di produzione, rappresenta una condizione essenziale per la sopravvivenza dell’umanità.” Disse Rothbard: “Il capitalismo di libero mercato è una rete di scambi volontari e liberi in cui i produttori lavorano, creano e scambiano le loro merci per quelle di altri ad un certo prezzo.”

I meccanismi insiti nel sistema capitalistico (es. profitti/perdite, domanda/offerta, costi/benefici) sono gli strumenti in mano agli imprenditori affinché possano individuare quei settori poco sfruttati e quindi creare determinati elementi maggiormente voluti dalla popolazione. Il loro successo, infatti, è determinato dalla soddisfazione dei consumatori, i quali rappresentano i re indiscussi in un’economia di mercato. Il loro giudizio è “spietato”. Coloro che finiscono fuori mercato devono adattarsi e reinventarsi oppure perire e finire nel dimenticatoio. E’ questa la sanzione suprema che permette una rete onesta di scambi volontari. La produzione genera la domanda attraverso la quale le imprese possono prosperare e quindi avvantaggiare anche l’intera società. L’allocazione corretta dei risparmi reali (i quali rappresentano un flusso), permette a questo stato di cose di continuare e generare un costante miglioramento delle condizioni di vita.

C’è quindi differenza tra una libera impresa e una direzionata da un ente di pianificazione centrale come lo stato.

CAPITALISMO CLIENTELARE, OGGI

Quando oggi si pensa al capitalismo, si pensa prevalentemente a grandi gruppi finanziari, grandi banche, grandi catene commerciali, ecc. L’uso spregiativo che ne viene fatto, tende ad essere utilizzato dalle persone per etichettare negativamente determinate entità presenti sul mercato. Non c’è un particolare distinguo tra coloro che sono riusciti ad arricchirsi servendo gli altri e coloro che si sono arricchiti depredando gli altri. Sono tutti fatti della stessa pasta, a quanto pare. In questo modo l’immaginario collettivo fa del male anche a sé stesso, perché in questo calderone di confusione va a finirci anche la libera impresa, considerata alla stregua di una pratica selvaggia e disumanizzante.

Come è stato detto prima, il capitalismo fa riferimento a quel sistema di produzione in cui c’è libertà di scambio e di possesso dei diritti di proprietà: come fanno, quindi, ad essere soddisfatti pienamente questi requisiti quando sulla scena economica esiste un apparato coercitivo e monopolistico quale il sistema statale? Non lo sono. Esso parassita continuamente il tessuto produttivo di una nazione, succhiandone la linfa vitale attraverso la sua redistribuzione arbitraria della ricchezza. Forgiandosi dell’onnipotenza di sapere dove allocare meglio le risorse scarse, finisce quasi sempre per incappare in errori i quali vengono sostenuti perchè rappresentano la fonte del privilegio e della sopravvivenza dello stato stesso. Il sistema quindi è semi-libero e all’aumentare degli errori aumenta anche l’ingerenza dello stato nell’economia.

Le tasse sono un modo mediante il quale si manifesta materialmente questa ingerenza. L’altro è l’inflazione dei prezzi a seguito di un aumento della massa monetaria. Perché agisce in maniera così fraudolenta? Perché esso rappresenta un investimento improduttivo. L’apparato statale è incapace di produrre, perché non sa operare un calcolo economico: quindi deve prendere altrove (distruggendo lavori) e spendere laddove ritiene arbitrariamente piú proficuo. Come ben descritto in Planning for Freedom di Ludwig von Mises, esso ha bisogno di controllare porzioni crescenti del mercato al fine di garantire la propria sopravvivenza. Passo dopo passo, ci si avvicina ad un’economia di comando, dove ogni prezzo e ogni informazione finiscono per esser controllati dai pianificatori centrali. L’insostenibilità di lungo termine di quest’assetto è palese. La storia ci ha fornito un esempio: il crollo del muro di Berlino e il suicidio del partito comunista in Russia. Sebbene negli anni passati fosse ancora possibile ammortizzare gli squilibri causati dalle interferenze statali grazie ad una forte presenza delle forze di mercato, oggi il crescendo di manipolazioni ha raggiunto picchi assurdi.

Tale propensione alla follia può essere sottolineata dando uno sguardo ai livelli dei tassi di interesse storicamente bassi supervisionati dalla FED. Sebbene siano passati ben cinque anni dall’inizio ufficiale della crisi economica, lo zio Sam langue ancora in un limbo economico di sofferenza. Continuando a distorcere i fondamentali dell’economia, tiene in vita attività fallite spacciate per artificialmente sane. La FED non può più astenersi ormai, il grado di dipendenza dalle sue azioni va ben oltre quello che abbiamo visto finora nella storia economica del mondo. Questo significa che non ci sarà più nessun Paul Volcker in grado di vendere di nuovo il bluff di una FED in grado di avere ben saldo il controllo della situazione. Stavolta sono andati oltre. Hanno varcato definitivamente la soglia tra interferenza ed interventismo diretto. Purtroppo, era ineluttabile un simile esito.

Pianificatori centrali come il “Maestro” Greenspan sono figure da additare per il recente sconquasso economico. Malgrado la creazione della FED sia l’evento principe su cui scaricare le colpe, la spinta finale verso il barattro è stata data da mister Alan. Una delle più grandi bolle immobiliari è scoppiata a causa delle sue azioni sconsiderate, e nonostante si continuasse a ripetere di come sia impossibile prevedere lo “scoppio di una bolla”, gli alti funzionari della FED hanno persino negato la sua presenza nell’ottennio 1994-2006. I prezzi degli immobili negli Stati Uniti, in questo lasso di tempo, sono aumentati per 111 mesi consecutivi. Questa aberrazione non solo ha trascinato gli USA in un inferno economico/finanziario, ma anche altri paesi i quali hanno portato avanti azioni di politica monetaria simile per stare al passo con gli stampatori folli presso l’Eccles Building. Un esempio su tutti è la Cina mercantilista, la quale ha stampato denaro ingolfando il bilancio della propria banca centrale gravandolo di titoli del Tesoro USA e MBS di Fannie/Freddie. Ma di questo ne parleremo più avanti.

Così 96 mesi dopo il picco della bolla immobiliare Bernanke/Greenspan, ci sono ancora 20 milioni di famiglie sommerse e carenti di equity con cui uscire dal pantano fangoso accumulato negli anni dalla FED. Infatti pignoramenti e costi esorbitanti dei mutui a cui si sono legati, hanno tagliato le gambe alla classe media impedendo a coloro che ne fanno parte di prosperare quel tanto che bastava da cambiare casa e comprarne una migliore (permettendo, di conseguenza, ai cosiddetti first time buyer di entrare nel mercato e comprare la loro prima casa ad un prezzo accessibile). Quel che resta sono lande desolate di immoibli vuoti ed una massa di individui che cerca di avere un tetto sopra la testa andando in affitto. E qui entrano in gioco altri due esiti della pianificazione monetaria centrale: l’effetto redistributivo top-down della stampante monetaria, l’azzardo morale delle entità sovvenzionate artificialmente dal danero gratis.

L’Effetto Cantillon dell’inflazionismo monetario premia coloro che ricevono per primi il denaro fresco di stampa. Coloro che lo ricevono per ultimi, o non lo ricevono affatto, vengono derubati silenziosamente del potere d’acquisto dei soldi nel loro protafoglio. L’allentamento monetario con cui ha gozzovigliato il duo Greenspan/Bernanke, e che ora sta portando avanti la Yellen, ha sostanzialmente generato questo effetto sostenendo a spese di tutta la popolazione quelle entità che nel 2008 sarebbero dovute scomparire a seguito di una sana pulizia del mercato. Lehman Brothers è stata solamente l’agnello sacrificale per giustificare agli occhi della popolazione più interventismo, sventolando più volte davanti al suo naso il feticcio “velenoso” della deflazione dei prezzi.

La popolazione viene danneggiata in molti modi da una politica inflazionista, come ad esempio un mercato del lavoro debole, salari reali in declino e scoraggiamento del risparmio.

Inutile dire, quindi, che i vincitori sono i grandi debitori e quelle attività privilegiate: lo stato, le grandi corporazioni e le grandi banche d’affari. Tutte le promesse di un futuro più roseo, che passava attraverso un presenza più forte della banca centrale nell’economia e un maggiore regolamentazione dei mercati, sono state puntualmente disattese. La lenta agonia della classe media è tutto ciò che rimane. Coloro che hanno potuto continuare ad operare contrariamente alle forze di mercato hanno beneficiato di ingenti infusioni di liquidità, e l’hanno parcheggiata presso i depositi della FED. Solo una piccola porzione ha invaso l’economia più ampia, altrimenti avremmo assistito ad una catastrofe economico/finanziaria di proporzioni bibliche. Il bello di questa storia è che ci sono addirittura giornalisti di caratura mondiale che spingono per uno scenario simile. Uno di questi, ad esempio, è Martin Wolf. In questo suo editoriale sul FT sprona le banche centrali a fare di più, e ad inondare l’economia più ampia di denaro gratis invocando la cosiddetta “eutanasia del rentier“. Questa è la classica logica keynesiana: risolvere i problemi con debito ed una maggiore espansione monetaria.

Grazie a questo elisir, la classe media non ha più un futuro… soprattutto se si pensa che è anche sotterrata sotto una pila irripagabile di debiti studenteschi. E che fa il Congresso? Cerca di allentare ulteriormente la concessione del credito! Non bastava il fiasco immobiliare, alla popolazione viene venduta un’immagine dell’economia completamente distorta pretendendo che un ammontare di $1.1 bilioni di debiti non esistano.

Considerato lo stato decadente del mercato del lavoro e le condizioni salariali della classe media sopra descritte, quali conseguenze avranno sulla produzione americana? Sarà erosa pezzo dopo pezzo. “Quando qualcosa non può più andare avanti, si fermerà” diceva Herbert Stein. Infine, come per aggiungere la ciliegina sulla torta, il comparto bancario continua a ingozzarsi di pattume obbligazionario/azionario alla disperata ricerca di rendimenti decenti in questo panorama distorto. I loro bilanci sono ancora disastrati e rappresentando un investimento improduttivo che doveva essere pultio dall’azione delle forze di mercato cinque anni fa, la sua sopravvivenza continua a drenare risorse dall’economia più ampia. Le distorsioni operate dalla banca centrale per mantenerlo artificialmente in vita hanno rotto il sistema di price discovery e di ponderazioen del rischio. In questo modo proseguono alla cieca alla ricerca di “investimenti” redditizi per nascondere quanto più a lungo possibile la cancrena della loro esistenza. Questo le conduce a fagocitare asset di dubbia qualità ed a crearne altrettanti di dubbia qualità, aumentando la mole di errori all’interno del tessuto economico.

In questo preciso istante la “finanza creativa” ha partorito altri abomini, e dopo le cartolarizzazioni dei mutui della precedente bolla immobiliare adesso si sta dilettando a cartolarizzare il flusso degli affitti. Quanto potrà durare questa situazione data la descrizione sopra fornita della classe media statunitense? Nella loro ottica questa domanda non si pone, perché finché ci sarà la FED che elargirà denaro praticamente gratis potranno continuare ad agire sconsideratamente comprando qualsiasi asset a prezzo nominale, gonfiandone il valore e facendo sembrare tutta rosa e fiori una situazioen che in realtà marcisce nel profondo. In questo articolo del WSJ potete leggere nel dettaglio di come funziona l’indebitamento a leva del settore bancario centrale e del pattume che ingloba. L’ultima volta non è finita bene, e nemmeno la prossima.

IL LIMBO EUROPEO

Giovedì scorso è stato il giorno dello zio Mario, in cui la maggior parte dei commentatori economici e dei trader si aspettava un sostanzioso cambio di marcia da parte della BCE. Sin dall’ultimo LTRO, la banca di Francoforte è rimasta passivamente alla porta cercando di sgonfiare il proprio bilancio e sterilizzando quegli asset inglobati durante i picchi neri della crisi europea. Una mossa astuta per far credere ai mercati di avere la situazione sotto controllo e di aver implementato una “exit strategy” da percorsi non convenzionali. Il bluff non è durato molto perché il pattume obbligazionario è stato riparcheggiato nei bilanci della banche commerciali, e questi bilanci sono un’orgia di artifizi contabili. Sembra quasi che si stiano sforzando per profumare un cadavere in modo da affermare senza ombra di dubbi che sia vivo.

Quindi è arrivato il discorso del “whatever it takes” ma in questo modo lo zio Mario ha solo fatto una cosa: comprato tempo. Ha semplicemente fornito una garanzia a sostegno delle attività del comparto bancario europeo, la liquidità ce l’ha messa la FED ed altre banche centrali del mondo che hanno acquistato le obbligazioni statali dei paesi europei.

Il settore bancario centrale è un cartello, ed ognuno dei suoi componenti dipende dall’altro. Grazie alla “generosità” altrui l’Europa è rimasta in piedi fino ad ora, ma ciò non basta perché gli investimenti improduttivi che dovevano essere eliminati alla comparsa delal crisi sono rimasti tutti là: settore bancario comemrciale e obbligazioni statali. Continuano a drenare risorse, sono una dolina per le risorse nell’economia più ampia. Si pensa ingenuamente che anche stavolta si possa schivare il proiettile fatale, ma si è ormai andati troppo oltre. Il deleveraging artificiale imposto su Main Street non farà altro che condannarlo ad una lenta agonia costituita da un rallentamento industriale, produttivo e creativo, a vantaggio di entità incancrenite che ancora spasimano per conservare il loro “corpo” recalcitrante. Sono funzionali al sistema. Danno una parvenza di trasparenza. Da intermediario tra mutuatario e prestore, il settore bancario commerciale si è trasformato in hub per una serie infinita di privilegi e sotterfugi finanziari.

L’ultima prova in ordine cronologico è rappresentata proprio dal discorso dello zio Mario. Nella sua relazione finale ha affermato con sarebbe cambiato il panorama in base alle sue nuove disposizioni “rivoluzionari” e “determinanti”. Un altro bluff con cui cerca ancora di guadagnare tempo, quindi guardatevi bene dai titoli sensazionalistici dei giornali. Infatti i trader continuano ad andare long sull’EURUSD. Già a gennaio le banche commerciali avevano ripagato €450 miliardi dei prestiti LTRO consentendo il riassorbimento delle riserve in eccesso, quindi il tasso negativo sui depositi presso la BCE non le tange.

Il taglio del tasso benchmark è uno specchietto per le allodole, perché in realtà l’ambiente economico resta ancora incline ad essere avverso al prestito. Le banche commerciali hanno ancora bilanci disastrati e le persone sono scoraggiate a fare impresa. L’unica nota di cui tenere conto è la volonta di monetizzare i titoli del mercato ABS. Detto in altre parole, tentare di aggirare i vincoli della BCE per quanto riguarda le obbligazioni statali ed acquistare titoli emessi dalle banche commerciali a valore nominale (mentre queste ultime continuano ad ingozzarsi di titoli di stato europei). Questi tipi di asset sono risultati in calo sin dall’inizio della crisi mondiale e per una ragione ben solida: la tossicità legata all’azzardo morale di cui sono forireri ha quasi disintegrato l’economia mondiale.

Tornare a gonfiare il valore di questi asset ha il solo scopo di far apparire più solidi i bilanci delle banche commerciali. In questo modo si prenderebbero due piccioni con una fava: si terebbe in piedi un comparto bancario decotto, il quale a sua volta continuerebbe a riempirsi di titoli di stato europei. Nessun conseguenza apparente? Nessun problema. Lo stato contiunerebbe a spendere e continuerebbe a distruggere quei lavori e quelle imprese a cui sottrae risorse. La vera miccia che farà scoppiare il barilotto di povlere da sparo europeo saranno proprio i default aziendali. Ne abbiamo prova qui in Italia. La desertificazione produttiva e industriale nel nostro paese è impressionante, ma lo stato non può tirarsi indietro pena il suo fallimento immediato. In questo modo lo si rimanda solamente nel tempo, ma ad un prezzo più salato. Quando arriverà quel giorno, perché quel giorno è sicuro che arriverà, la BCE deciderà di intervenire attivamente. La reputazione della Germania è quella che ha salvato fino ad ora le sorti dell’Europa, e la sua inossidabile reticenza ad un QE è quella che ha alimentato questa reputazione. Questo nell’ottica di poter trovare un modo per sistemare i problemi nell’eurozona, ma fino ad ora tutto è fallito proprio perché le forze di emrcato spingono per una recessione.

Però nonostante con la bocca la Merkel dicesse “no, no” con gli occhi diceva “sì, sì”, visto quanto il paese teutonico ha “investito” nell’Europa meridionale. Così, di fronte ad un’imminente crisi che rischierà di buttare l’intera eurozona nel baratro la Germania non farà obiezioni ad un QE. La BCE seguirà la via già tracciata dallo zio Ben e da Abe, andando a creare caterve di soldi digitali per tenere a galla una nave che affonda. Per un semplice motivo: i risparmi reali, i quali permettono una crescita sana dell’economia e in accordo con le forze di mercato, non si possono creare dal nulla. Guardate, ad esempio, le orribili cifre a cui è arrivato il BDI (una sorta di termometro della produzione industriale mondiale).

Scrive David Stockman in merito alla questione ABS:

[…] Il mercato ABCP non è un luogo dove i mutuatari commerciali o i consumatori possono trovare una nuova fonte di credito al di fuori del sistema bancario. Si tratta invece di un’arena di ingegneria finanziaria in cui le banche avranno la possibilità di spuntare falsi profitti attraverso un espediente contabile noto come “gain-on-sale”. Ciò significa che quando i crediti esigibili sulle carte di credito o i prestiti alle piccole imprese sono “raggruppati” dalle banche commerciali (che li emettono) e venduti in canali fuori bilancio (sotto forma di ABCP), i profitti possono essere incassati immediatamente. Infatti la tecnologia moderna consente di considerare come profitto lo strisciamento della carta di credito nel nanosecondo in cui accade, e la contabilità tradizionale consente di accreditare profitti da un prestito per automobili (7 anni emesso al 110% del valore del veicolo) non appena la macchina esce fuori dal lotto del rivenditore.

La pistola fumante dell’attuale manovra della BCE è contenuta nell’andamento del mercato statunitense ABCP. Nel periodo precedente alla crisi del 2008 ha raggiunto un picco di $1,200 miliardi, ma sin da allora è scomparso. Ora ammonta a $250 miliardi, 80% sotto il picco del luglio 2007.
Come si può notare, nonostatne il gergo finanziario, l’unico strumento in mano alle banche centrali è sempre lo stesso: fare la stessa cosa all’infinito e aspettarsi risultati diversi. E’ per questo che vengono inventate scuse puerili come la presunta “lowflation”. E’ per questo che niente è stato aggisutato in Europa. E’ per questo che niente potrà essere aggiustato da qualsiasi misura partorita da una banca centrale.

[La seconda parte di questo saggio la potrete leggere venerdì prossimo e si analizzeranno le situazioni del Giappone e della Cina, ed infine daremo uno sguardo al mercato dell’oro diventato terreno fertile di una nuova Guerra Fredda.]

 


Telegram
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

⇒ Iscrivetevi subito


1 Commento

1 Commento

  1. Pingback: Crepe strutturali #1

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento