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COSA SIGNIFICA RIPRESA? (di NINO GALLONI)

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Il recente dato ISTAT, per cui il PIL ha segnato un aumento dello 0,3% nel primo trimestre del 2015 ha suscitato grande entusiasmo tra i tifosi dell’attuale sistema economico: c’è, dunque, la ripresa? Allora, a parte il fatto che veniamo da un quinquennio che ha fatto segnare un regresso del reddito pro capite (quello che conta per i consumi, che rappresentano l’aggregato macroeconomico più importante) del 15%; per registrare un evento del genere dobbiamo andare ai tempi della guerra! Ma forse siamo in guerra e i poveri stanno perdendo…oltre ad aumentare spaventosamente.

Ma c’è la ripresa: sì, è vero…al contrario! Nel primo trimestre del 2015, infatti, a fronte di aumento del PIL dello 0,3% – rispetto alla situazione del primo trimestre dell’anno precedente – abbiamo avuto un aumento della popolazione residente (per le note vicende immigratorie e dintorni) dello 0,6%: 350.000 nuove presenze. Decenni fa, con il nostro modello economico – pur capitalistico (ma espansivo) e di mercato (non c’erano i Soviet, in Italia) – avevamo stimato che, se il PIL non cresceva attorno od oltre il 2,5%, difficilmente si poteva registrare un significativo aumento dell’occupazione.

Allora non si taroccavano le statistiche, come dopo l’introduzione della precarizzazione selvaggia e l’aumento occupazionale corrispondeva a posti di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Oggi il governo sta facendo sforzi per ritrasformare i precari in lavoratori con contratti seri, ma ha voluto far pagare tutto ciò in termini di diritti: diritti cartacei, ovviamente, se prevalevano le assunzioni precarie, ma la civiltà si basa anche (non solo) sui principi.

Detto ciò, torniamo al concetto di ripresa: non se ne può parlare finché l’aumento del PIL non sarà stabilmente oltre il 2%. Questo darebbe impulso all’occupazione, anche se il reddito effettivamente disponibile per i consumi, diminuirà: le bollette(delle utilities privatizzate), i conti da pagare, le spese di condominio, le tasse locali, le multe stanno aumentando per le famiglie ben oltre il 2% ogni anno. Occorrerebbe, quindi, un piano del lavoro (c’è occupazione potenziale per attività necessarie nella cura delle persone e dell’ambiente, nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici, pubblici e privati): la stima è 4 milioni di posizioni lavorative a 12.000 euro lordi all’anno, un flusso pari al 3% del PIL.

Ciò si potrebbe finanziare in due modi: con un’autorizzazione monetaria della BCE in tal senso (pari a meno di un ventesimo di quanto si autorizza per aiutare le banche a continuare a fare casini coi titoli tossici sui mercati puramente speculativi); oppure con un parziale ripristino di sovranità monetaria dello Stato che potrebbe emettere buoni acquisto da utilizzare poi per pagare le tasse. Ciò produrrebbe una diminuzione del gettito tributario in euro di 48 miliardi, una riduzione della spesa assistenziale in euro per circa 20 miliardi ed un aumento delle entrate dovuto alla rivitalizzazione dell’economia: un’azione del genere dovrebbe produrre un sensibile miglioramento dei conti pubblici.

Ma tale risultato, pur comportando un aumento del PIL e dell’occupazione, sarebbe incompatibile col progetto di privatizzare ulteriori porzioni dell’ingente patrimonio pubblico esistente. Peccato.

Nino Galloni


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