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La corvée royale delle imprese italiane

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Oggi ospitiamo il noto avvocato del Foro P’rugino: CRISTIAN BRUTTI.

La sua analisi dimostra la ciclicità degli eventi concernenti le situazioni quotidiane a cui sono periodicamente sottoposte le aziende. Tale comparazione risulta ai nostri occhi molto interessante ed istruttiva. In  attesa che una tale mente decida di entrare stabilmente nello staff, in modo programmato, mi pregio di aprire i suoi pezzi come sempre con una solita filippica; per oggi il pensiero è: NON SI MORDE LA MANO CHE TI NUTRE! Laffer l’aveva capito….molto tempo fa!

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LA CORVEE ROYALE DELLE IMPRESE ITALIANE

Una delle molteplici cause della rivoluzione francese è rappresentata dalla corvée royale, imposta al popolo francese nel XVIII secolo.
La corvée royale prevedeva l’obbligo per le classi più disagiate di contribuire alla manutenzione delle strade.

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In Italia, nel moderno e civile XXI secolo, è stato rispolverato questo istituto giuridico d’origine feudale.
Sono sempre più numerose le imprese italiane che per lavorare sono costrette – spesso obtorto collo – ad aggiudicarsi appalti pubblici ben sapendo che i soldi li vedranno a “babbo morto”.
Che la Pubblica amministrazione sia un cattivo pagatore – almeno nei confronti di alcuni onesti imprenditori – è fatto noto, ma che le aziende italiane debbano ottemperare ad una normativa fiscale che impone loro la “corvée royale” si sottace.
Nell’esercizio della professione forense mi è capitato un caso indicativo: una società si è rivolta al mio studio legale per recuperare un credito – 300mila euro – relativo ad una fornitura di asfalto eseguita per un’azienda aggiudicataria di un appalto pubblico per la manutenzione di una strada.

corvee royale2La stazione appaltante – un Ente territoriale – non aveva pagato l’appalto e, per l’effetto, l’appaltatore aggiudicatario non aveva pagato il fornitore, che chiaramente aveva emesso regolare fattura pagando l’IVA (all’epoca 20%) e l’IRES (27,5%), senza aver incassato un solo euro.Dopo anni d’infruttuosa attesa, consapevole degli irragionevoli tempi della giustizia e delle tasse che, in ogni caso, avrebbe dovuto pagare allo Stato per recuperare il credito, il fornitore ha deciso di tutelare giudizialmente i sui diritti. E, infatti, dopo l’emissione del decreto ingiuntivo da parte del Tribunale, l’Agenzia delle Entrate ha richiesto 30mila euro di imposta di registro relativa alla registrazione del decreto ingiuntivo stesso e delle garanzie sottoscritte nelle more dal debitore; imposta che, solo grazie all’impugnazione davanti alla Commissione Tributaria, è scesa a meno di 10mila euro con condanna della stessa Agenzia delle Entrate per avere emesso un errato “Avviso di liquidazione”.

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Insomma, la Pubblica amministrazione – ergo, lo Stato – ritarda il pagamento della manutenzione della strada e costringe l’imprenditore a pagare esose imposte e tasse – allo stesso Stato – per recuperare lo stesso credito che la Pubblica amministrazione non ha pagato. Di fatto una “corvée royale” che le imprese italiane non possono più permettersi.

 

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Cristian Brutti

Attivista Cinquestelle

Meetup M5S Perugia Centro


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