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Corso di Finanza Aziendale: decima lezione. Dagli appunti del prof. Rinaldi

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Interest rate swaps

L’esperienza maturata con i currency swaps da un lato e l’instabilità della dinamica dei tassi d’interesse ad iniziare dalla metà degli anni ’70 dall’altro, non poteva stimolare l’introduzione di contratti swap basati sull’esclusivo scambio di flussi d’interesse, indipendentemente da implicazioni di carattere valutario.

Negli interest rate swaps le parti si scambiano flussi d’interesse riferiti ad un unico capitale, ma conteggiati in base a criteri differenti; di fatto le parti provvedono per tutta la durata del contratto, unicamente alla liquidazione dei differenziali tra i due tassi che emergono ad ogni scadenza contrattuale, senza che il capitale di riferimento debba essere mai movimentato.

La negoziazione di operazioni di questo tipo consente di trasformare, ad esempio, un tasso fisso in un tasso variabile e viceversa, garantendo la realizzazione di una struttura di flussi di cassa tale da immunizzare la posizione di bilancio soggetta al rischio di oscillazione dei saggi di interesse. L’obiettivo pertanto è, in generale, quello di ottimizzare la struttura finanziaria, riducendo il grado di mismatching oppure, ed è l’intento opposto, quello di esporsi al rischio finanziario a fronte di precise aspettative sulla dinamica futura dei tassi di mercato, introducendo o aggravando di proposito determinati squilibri nella struttura dei tassi delle poste patrimoniali.

Un esempio del primo genere (immunizzazione dal rischio di tasso) può essere rappresentato dal caso di una società di leasing che impieghi a tasso fisso (essendo i canoni del leasing prefissati), ma si finanzi prevalentemente a breve (con commercial paper, operazioni di denaro caldo, prestiti a breve intergruppo): tale società riterrà opportuno cedere l’indebitamento a tasso variabile per assumerlo a tasso fisso al fine di assicurarsi un margine certo sugli impieghi. Il secondo caso (speculazione) potrebbe essere ricondotto a quello di una impresa che si sia indebitata a tasso fisso ed abbia in portafoglio, di pari passo, titoli a reddito fisso (perfetto caso di matched): in previsione di un aumento dei tassi di mercato l’impresa può decidere di scambiare una quota del proprio attivo, cedendo il tasso fisso in cambio di un tasso variabile.

Pertanto nell’interest rate swap (IRS) le parti si scambiano flussi di interesse su un capitale senza nessuna cessione delle posizioni originarie. A scadenza le controparti liquidano gli importi compensativi generati dal differenziale dei tassi negoziati.

Opzioni Reali e Derivati su Commodities

Nei precedenti capitoli si è voluto illustrare come gli strumenti dei derivati possano contribuire alla riduzione, se non alla totale eliminazione, dei rischi finanziari di cambio e di tasso d’interesse. D’altra parte, la dinamica dei prezzi delle materie prime, ed in ambito completamente diverso, la stessa valutazione di investimenti e disinvestimenti rappresentano aspetti cruciali nella vita dell’impresa

Opzioni Reali

Le opzioni reali possono essere definite come facoltà acquisite da imprese, dove l’attività sottostante è rappresentata da beni reali. Ogni decisione di investimento (così come ogni decisione di disinvestimento), comporta per l’impresa una serie di rischi e di opportunità che possono formare oggetto di specifiche opzioni. Pertanto è possibile utilizzare gli stessi strumenti di valutazione delle opzioni finanziarie per la valutazione delle opzioni reali detenute dalle imprese come:

– l’opzione di attesa prima di procedere ad un investimento;

– l’opzione di effettuare investimenti addizionali dato un investimento iniziale;

– l’opzione di abbandono di un progetto.

Nonostante la concreta possibilità di assimilare le scelte di investimento ad opzioni reali e di valutarle alla stregua delle opzioni finanziarie, vi sono almeno tre fattori di differenziazione:

-le opzioni reali detenute dalle imprese hanno caratteristiche di gran lunga più complesse rispetto alle opzioni finanziarie;

-l’oggetto dell’investimento dell’opzione reale non è in genere negoziabile;

-la disponibilità dell’opzione reale può non essere esclusiva di un’unica impresa.

Derivati su Commodities

La crescente volatilità dei prezzi delle commodities (merci), ha spinto le imprese industriali, specialmente se di grandi dimensioni ed operanti in business internazionali, a ricorrere a strategie di copertura attraverso derivati. L’acquirente di una merce, input nel processo produttivo, è infatti esposto al rischio di rialzo del prezzo della stessa (upside risk), qualora preveda di doverla acquistare ad una data futura; al pari il venditore di una merce è esposto (down-side risk) qualora la transazione avvenga nel futuro. Al fine di eliminare od almeno ridurre le tipologie di rischi finanziari appena esposte, le imprese operanti nei mercati internazionali possono ricorrere a transazioni future che consentono di “bloccare “ il prezzo di acquisto/vendita della merce in una data futura non garantendo però la possibilità di sfruttare eventuali andamenti favorevoli del prezzo delle merci. Al contrario le commodities options consentono di usufruire dei benefici derivanti da andamenti favorevoli dei prezzi. E’ da sottolineare che la consegna delle merci oggetto del contratto nei futures è un evento molto raro, mentre nei futures su commodities avviene spesso la consegna materiale poiché la ratio in questa tipologia di contratto non risiede esclusivamente nell’esigenza di copertura finanziaria bensì anche nell’effettiva necessità di acquisto del sottostante. Per questa ragione i contratti futures su merci sono disciplinati in modo molto rigoroso come già detto.

Attraverso il ricorso a strategie di copertura, utilizzando i derivati su commodities, le imprese acquisiscono la potenzialità di prevedere con maggiore certezza i cash flow in entrata ed in uscita nonché i ricavi e i costi di pertinenza di periodi futuri, con evidenti implicazioni sul risultato di gestione.

I credit derivatives

Come più volte osservato, l’impresa nello svolgimento della propria attività, assume rischi di varia natura, riconducibili in sintesi alle categorie di rischi operativi e rischi finanziari. I primi (operativi) sono propri dell’essere imprenditore e riguardano i mercati/settori nei quali opera e dei quali ha in genere conoscenza approfondita e specialistica. I secondi (finanziari) sono che vengono inevitabilmente assunti dall’impresa nello svolgimento della propria attività caratteristica, ma la cui gestione non attiene al core business dell’impresa.

L’impresa non avendo attitudine alla gestione dei rischi finanziari tende ad immunizzare i propri risultati economici da oscillazioni impreviste ed indesiderate sui mercati dei tassi e dei cambi utilizzando strumenti quali i futures, le opzioni e gli swaps. Abbiamo già trattato la gestione dei rischi di tasso e di cambio mentre ora approfondiremo la gestione del rischio di credito.

L’elevata concentrazione dei crediti che compaiono in bilancio nell’attivo circolante o tra le immobilizzazioni finanziarie, genera l’aumento del rischio a cui si è esposti; al fine di ridurre tale concentrazione o di eliminare l’esposizione ad un determinato rischio di credito, l’impresa può ad esempio ricorrere al factoring. Quest’ultimo è un contratto tramite il quale l’impresa cede i suoi crediti commerciali al factor che provvede alla riscossione di tali crediti nell’interesse del cedente ma per proprio conto, previo pagamento di un prezzo. La distinzione determinante fra le varie forme di factoring, è quella tra factoring con cessione pro solvendo (con rivalsa) e pro soluto (senza rivalsa). La prima forma è solo una monetizzazione immediata del credito mentre la seconda si riferisce allo smobilizzo con copertura del rischio di credito in quanto tale cessione libera l’impresa cedente dal rischio di inadempienza, trasferendolo al factor.

Questa tecnica potrebbe avere però l’inconveniente di provocare un peggioramento dei rapporti tra creditore e debitore, incrinando il rapporto di fiducia ed inoltre si rivela molto costosa per il creditore cedente. Per colmare tali limiti, negli ultimi anni, si sono proposti sul mercato dei nuovi strumenti come la securitisation ed i credit derivatives. Di questi il primo si configura anche come strumento di finanziamento, mentre i secondi invece sono prevalentemente degli strumenti per la gestione dell’esposizione creditizia. Il credit derivative per l’impresa che ve ne fa ricorso, assume una valenza tipicamente protettiva. Dietro un pagamento di un prezzo/premio infatti l’impresa ottiene l’eliminazione, o quantomeno un’attenuazione, dei rischi di credito su determinate attività possedute in portafoglio. Per la controparte che offre protezione, l’operazione assume invece una valenza puramente speculativa; questa ottiene infatti un rendimento certo per assumere esposizione ad una perdita incerta, ma predeterminata o predeterminabile. Tali contratti permettono il trasferimento del rischio di credito, neutralizzando in tutto o in parte la variazione di valore dell’attività finanziaria sottostante.

Descrizione dei prodotti

Il credit derivative è un contratto finanziario che prevede uno scambio di pagamenti di cui almeno uno è collegato alla performance di una particolare attività finanziaria soggetta a rischio di credito. Tra le varie possibili attività finanziarie sottostanti, vi sono i crediti commerciali, i prestiti bancari, le obbligazioni emesse da imprese, le cambiali finanziarie, i titoli di debito emessi da stati sovrani, i titoli convertibili e le esposizioni a rischio di credito generate da altri derivati (rischio di controparte).

Prima di passare alla descrizione dei singoli prodotti è utile spiegare alcuni termini:

Titolo sottostante: l’attività finanziaria dal cui rischio di credito ci si vuole proteggere.

Titolo di riferimento: l’attività finanziaria a cui il credit derivative si riferisce per determinare i parametri di riferimento, in quanto non tutte le attività finanziarie da cui rischio di credito ci si vuole proteggere, sono quotate sui mercati.

-Soggetto di riferimento: il soggetto emittente il titolo di riferimento.

-Credit event: l’evento al cui verificarsi è condizionato il sorgere dell’obbligazione al pagamento previsto dal contratto

-Recovery value: il valore del titolo di riferimento ha dopo il verificarsi del credit event.

-Credit event payment: l’ammontare dovuto dopo il verificarsi del credit event.

-Protection buyer: il soggetto stipulante il credit derivative, che agisce al fine di ridurre la sua esposizione al rischio di credito dell’emittente del titolo sottostante.

-Protection seller: il soggetto stipulante il credit derivative, che si pone in tutto o in parte al rischio di credito del soggetto di riferimento.

Il credit default swap (CdS)

Il credit default swap è un contratto finanziario bilaterale nel quale una parte (protection buyer) paga una commissione periodica, generalmente espressa in punti base fissi sull’ammontare nozionale, contro un pagamento da effettuarsi dalla controparte (protection seller) in caso di credit event di una terza parte (il soggetto di riferimento).

Nel contratto deve essere specificato il credit event. Di norma l’esistenza delle informazioni pubbliche relative al verificarsi del credit event non è sufficiente a rendere dovuto il credit event payment ed è necessario che l’organismo preposto lo certifichi ufficialmente (ISDA – International Swaps and Derivatives Association). Questa associazione è preposta a determinare che ci siano le condizioni affinché sia ufficialmente determinato il credit event.

Utilizzi del credit derivatives

La domanda di credit derivatives è per la maggior parte generata dalle istituzioni finanziarie e dagli investitori istituzionali. Questi soggetti utilizzano i credit derivatives per aumentare la redditività del proprio portafoglio, aumentando l’esposizione a specifici tipi di rischio di credito, senza peraltro acquistare il titolo di credito stesso, o ridurre l’esposizione al rischio di credito collegato a determinati investimenti. Il principale ruolo sul mercato dei credit derivatives è svolto dalle banche d’investimento e marginalmente dalle banche commerciali poiché tale maggiore interesse risiede nel fatto che le prime hanno bisogno di gestire i loro portafogli in modo più dinamico rispetto alle seconde.

Tra gli investitori istituzionali vanno considerati i mutual funds e gli hedge funds, i fondi chiusi e le compagnie d’assicurazione. Questi soggetti in genere assumono la posizione di protection seller al fine di aumentate la loro redditività. Un enorme stimolo all’investimento di questi prodotti è avvenuto con l’introduzione dell’euro in quanto l’eliminazione del rischio di cambio tra gli stati componenti la moneta unica ha ridotto il numero delle valute e delle curve dei tassi d’interesse i quali permettevano di aumentare i rendimenti con l’utilizzo degli arbitraggi.

Le imprese industriali e commerciali possono utilizzare i credit derivatives per gestire l’esposizione al rischio di credito sia con riferimento alle proprie attività (crediti verso clientela) sia con riguardo alle proprie passività (ricorso al mercato del credito). Le imprese possono infatti acquistare protezione contro il rischio di credito di clienti importanti direttamente tramite un CdS su crediti verso il soggetto in questione. Ad esempio la società A la quale abbia ottenuto una grande commessa dalla società B, fornisce a quest’ultima delle prestazioni a fronte delle quali riceverà pagamenti in futuro. Al fine di attuare un’accorta gestione della propria posizione di rischio, in parte estranea alla specifica attività operativa, la società A ha la possibilità di chiedere alla società B una fideiussione bancaria. Tale richiesta potrebbe essere percepita come una mancanza di fiducia e per superare questo problema la società A può stipulare nella forma più discrezionale possibile, un CdS, acquistando protezione da una banca, ossia un soggetto che per sua natura è in grado di attuare una gestione più accorta del rischio di credito, per proteggersi contro il rischio d’insolvenza della società B.

Un’altra applicazione per il mondo industriale riguarda le imprese i cui clienti sono concentrati in un paese straniero. Tali imprese hanno un portafoglio ordini concentrato e correlato al rischio del paese in cui operano. Ad esempio se due società italiane, una A operante in Marocco e l’altra B operante in Messico, possono o acquistare un CdS al fine di proteggersi dal rischio di credito o, in alternativa non onerosa, al ricorso di una stipula di un credit swap con il quale le due società si scambiano parte del rischio, senza sostenere alcun costo.


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