Difesa

Copenaghen sotto scacco: droni misteriosi e la corsa NATO a blindare i cieli. Provocazioni o False Flag?

Droni misteriosi paralizzano i cieli del Nord Europa. La NATO corre ai ripari inviando fregate, radar e truppe speciali per proteggere un vertice UE a Copenaghen. Una corsa contro il tempo che svela le fragilità della difesa occidentale. Qual è l’obiettivo di tutto questo?

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Sembra la trama di un thriller geopolitico, ma è la cronaca di questi giorni. Fregate militari, radar avanzati, elicotteri e truppe speciali stanno convergendo su Copenaghen. L’obiettivo? Creare uno scudo di emergenza per proteggere i vertici dell’Unione Europea da una misteriosa e persistente ondata di incursioni di droni che sta mettendo in allarme l’intera regione baltica e scandinava.

La situazione è diventata così tesa , e il nervosismo così diffuso, che la Danimarca, dopo aver chiuso una mezza dozzina di aeroporti la scorsa settimana, ha deciso di interdire il proprio spazio aereo ai droni civili per un’intera settimana. Anche la vicina Norvegia ha segnalato deviazioni di voli a causa di velivoli senza pilota non identificati. Il governo danese non usa mezzi termini, parlando di un vero e proprio “attacco ibrido“. Sebbene non ci siano state accuse formali, il Primo Ministro Mette Frederiksen ha indicato Mosca come la principale minaccia alla sicurezza europea, una suggestione che il Cremlino, come da copione, ha prontamente respinto. In realtà il tipo di droni che è stato utilizzato è partito da molto più vicino rispetto alla Russia. 

Indipendentemente da chi sia il burattinaio dietro queste operazioni, la NATO ha deciso di prendere la minaccia molto sul serio, organizzando una risposta rapida e multinazionale. L’alleanza risponde, non si sa bene a cosa e come.

Arriva la cavalleria? Una risposta militare composita

La reazione dell’Alleanza Atlantica è stata immediata e si è concretizzata nell’invio di assetti militari specializzati da parte di diversi paesi membri. Ecco un quadro della situazione:

  • Svezia: Stoccolma ha inviato un’unità specializzata in capacità anti-drone (Counter-UAS) e ha prestato alla Danimarca alcuni dei suoi più potenti sistemi radar, definiti dal Primo Ministro Ulf Kristersson come “tra i migliori al mondo”, un tocco di orgoglio ingegneristico nazionale.
  • Germania: Berlino ha dispiegato la fregata di difesa aerea FGS Hamburg, della classe Sachsen, nel porto di Copenaghen. La nave, oltre alla sua presenza deterrente, contribuirà alla sorveglianza dello spazio aereo e fornirà capacità C-sUAS, che impiegano tecnologie radar, ottiche e acustiche per la rilevazione.
  • Francia: Parigi ha contribuito con un contingente di 35 persone, un elicottero Fennec e altri sistemi attivi di contrasto ai droni, definendo le incursioni una “minaccia seria”.

Queste forze si aggiungono ai sistemi già dispiegati dalla Danimarca stessa, come il radar anti-drone XENTA-C presso l’aeroporto di Copenaghen.

Xenta – C

L’ombrello NATO: l’operazione “Baltic Sentry” si evolve

Questa mobilitazione non è casuale, ma si inserisce in un quadro strategico più ampio. La fregata tedesca, ad esempio, fa parte dell’operazione NATO Baltic Sentry, un’attività di vigilanza rafforzata nata all’inizio dell’anno per proteggere le infrastrutture sottomarine critiche (come i cavi) da sospetti atti di sabotaggio.

Come confermato da un portavoce dell’Alleanza, l’operazione sta ora ampliando il suo raggio d’azione. “A seguito dei recenti incidenti con droni in Danimarca, la NATO sta conducendo una vigilanza ancora più rafforzata con nuovi asset multi-dominio nella regione del Mar Baltico”, dimostrando la flessibilità dell’Alleanza nel rispondere a minacce emergenti.

Tuttavia, un velo di riserbo rimane sulle regole d’ingaggio: cosa succederà se un drone verrà intercettato? Per ora, nessuna risposta ufficiale, ma nessuno risponde alla domanda principale: da dove il drone è partito?

La voce di Zelensky e il sospetto delle “Petroliere Fantasma”

Mentre l’Europa corre ai ripari, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha colto l’occasione per proporre la creazione di uno “scudo” aereo congiunto per proteggere i cieli della NATO, offrendo l’enorme esperienza maturata dall’Ucraina nel contrastare missili e droni russi.

Zelensky si è spinto oltre, accusando direttamente Mosca di utilizzare delle petroliere come piattaforme mobili per lanciare e controllare droni contro obiettivi europei. Un’accusa gravissima, basata su rapporti di intelligence, che se confermata aprirebbe scenari ancora più complessi e richiederebbe un inasprimento delle sanzioni sul commercio energetico russo. Un’accusa del genere porterebbe i paesi nordici a chiudere il Kattegat, cioè lo stretto che divide Svezia Norvegia e Danimarca:

Il Kattegat

Appare per lo meno curioso che gli attachi dei droni siano avvenuti esattamente nei tre paesi che controllano questo tratto di mare che, se chiuso, e questo può avvenire in modo relativamente semplice, potrebbe isolare la Russia baltica dall’Oceano, ma sarebbe anche un Casus Belli clamoroso.

Una corsa ai ripari che svela una fragilità

L’affannosa corsa a schierare un miscuglio di assetti presi in prestito a Copenaghen è la prova lampante di una vulnerabilità a lungo sottovalutata. Per anni, le incursioni di droni su basi militari e infrastrutture critiche, sia in Europa che negli Stati Uniti, sono state trattate come incidenti sporadici. Ora, il problema sta emergendo in tutta la sua urgenza.

Questa mobilitazione di emergenza dimostra che, sebbene la NATO possa reagire, manca una strategia di difesa anti-drone permanente, integrata e diffusa. La creazione di uno “scudo” improvvisato per un vertice è una cosa, ma garantire la sicurezza quotidiana dei cieli europei è una sfida completamente diversa, che richiederà investimenti, tecnologia e, soprattutto, una nuova consapevolezza strategica.

Domande e Risposte per il Lettore

1. Chi c’è realmente dietro questi droni misteriosi? Ufficialmente, l’identità degli operatori è sconosciuta. Tuttavia, il contesto geopolitico e le modalità operative hanno spinto la Danimarca a definirlo un “attacco ibrido”, puntando implicitamente il dito contro la Russia, che nega ogni coinvolgimento. Il presidente ucraino Zelensky ha formulato accuse più dirette, sostenendo che Mosca utilizzi navi civili come le petroliere per lanciare i droni. Al momento, mancano prove definitive, ma i sospetti della comunità di intelligence occidentale si concentrano fortemente sul Cremlino come parte di una strategia di destabilizzazione a bassa intensità.

2. Perché una mobilitazione militare così imponente per dei “semplici” droni? Questi velivoli sono tutt’altro che “semplici”. A seconda del modello, possono essere usati per spionaggio avanzato (raccogliendo informazioni su infrastrutture critiche o dispositivi di sicurezza), per disturbare operazioni civili (come il traffico aereo, causando danni economici e caos), o, nel peggiore dei casi, come piattaforme di attacco. Proteggere un vertice con i massimi funzionari dell’UE è una priorità assoluta. La massiccia risposta militare serve non solo a neutralizzare la minaccia immediata, ma anche a inviare un forte messaggio di deterrenza a chiunque stia orchestrando queste incursioni. Ovviamente però non sono partiti dalla Russia.

3. L’Europa è preparata a questa nuova forma di minaccia? La risposta, a giudicare dagli eventi di Copenaghen, è “non ancora a sufficienza”. La capacità di mettere insieme rapidamente una forza multinazionale è un punto a favore della NATO, ma dimostra anche una natura reattiva piuttosto che proattiva. Manca una difesa anti-drone integrata e permanente a livello continentale. Questo incidente sta fungendo da campanello d’allarme, evidenziando la necessità di investire in tecnologie di rilevamento e neutralizzazione, standardizzare le procedure tra gli alleati e sviluppare una dottrina chiara per affrontare una minaccia aerea che è economica, pervasiva e difficile da contrastare.

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