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Confesso…. il mio non stupore su Pittella (di Pietro De Sarlo)

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Confesso che non sono rimasto sorpreso dall’arresto di Marcello Pittella e dal torbido modo di fare politica del PD lucano, che da lucano conosco molto bene, ma continuo, ingenuamente, a sorprendermi non tanto dell’incapacità del PD di emendare i propri apparati e di rinnovare la propria dirigenza politica ma della incapacità del ceto intellettuale e giornalistico di comprenderne la impossibilità.

Non ho potuto fare a meno di andare con la memoria alle elezioni di cinque anni fa quando Pittella si era autodefinito “Il Gladiatore” ed era partito lancia in resta alla conquista dello scranno più alto della politica regionale battendo, con metodi discutibili e con infinite polemiche, alle primarie per la candidatura a governatore Piero Lacorazza. Primarie vinte eliminando platealmente e pubblicamente il confine, nei fatti già inesistente da tempo, tra Centro Sinistra e Centro Destra e portando a votare alle primarie PD le truppe di sostegno della finta opposizione al PD del Centro Destra.

Le elezioni si erano rese necessarie poiché le legislatura del precedente governatore, Vito De Filippo, si era precocemente interrotta per lo scandalo cosiddetto di “rimborsopoli” che aveva visto tra i protagonisti negativi anche Marcello Pittella, all’epoca assessore, e coinvolto la quasi totalità del consiglio regionale e degli assessori. Il PD avrebbe voluto, e dovuto, evitare di ricandidare gli inquisiti, sentendo già scricchiolare il suo feudo lucano, ma Marcello Pittella si impose riuscendo, anche con la complicità del centro destra e del fratello Gianni, all’epoca vice presidente del parlamento europeo, non solo a vincere, anche se per soli 200 voti, le primarie ma anche a far ricandidare e far eleggere altri cinque inquisiti, a lui fedeli, più il figlio di un altro inquisito, Vincenzo Robortella, visto che il padre, Pasquale, proprio non si riusciva a ricandidarlo per la sua impresentabilità. Tra le altre cose con arrogante tracotanza Vincenzo Robortella, sotto inchiesta e rinviato a giudizio insieme al padre in processi per vicende legata alle connessioni petrolio – affari – politica, fu messo, dopo le elezioni, a capo della commissione ambiente della Regione.

Ricordo con sgomento la reazione di gran parte dei lucani che, incredibilmente, lo avevano riconosciuto come artefice di una possibile, quanto improbabile, rinascita lucana tanto da farlo vincere a mani basse. Ricordo con amarezza i tanti post, ancora visibili, sulla mia pagina FB e su quella dei Pinguini Lucani e i tanti articoli, con cui avevo inutilmente messo in guardia i lucani sulla inconsistenza programmatica di Pittella. Inconsistenza unita a una visione feudale del potere. Ricordo l’acquiescenza e la complicità della stampa lucana, e nazionale, oltre a quella di Rai3 e di quasi tutti i mezzi di informazione. Ricordo l’isolamento dei coraggiosi giornalisti di Basilicata24 e le intimidazioni che hanno ricevuto, l’unica testata che da sempre ha fatto e continua a fare una informazione responsabile e documentata.

Per la cronaca il campione di opportunismo politico Roberto Speranza, che aveva assistito alla fine del governo De Filippo e al declino del PD lucano di cui era segretario garante degli equilibri interni tra Pittella, De Filippo e Bubbico, dal 2009, miracolato da Bersani e diventato all’epoca delle elezioni da poco capogruppo alla camera, a mia memoria, si guardò bene da spendere qualche convinta azione per evitare una candidatura così sciagurata.

Sciagurata anche nella azione ordinaria di governo, una azione fatta di prepotenze e di asservimento acritico alle ragioni dei petrolieri che hanno avuto il culmine nell’aprile del 2016 quando, pur di difendere ENI, attribuì ai cacciatori di frodo la moria di pesci del lago del Pertusillo raggiungendo effetti di comicità degni di Totò. (http://www.basilicata24.it/2016/04/inchiesta-petrolio-il-governatore-lucano-risponda-a-queste-20-domande-20447/) .

Non sono un giurista ma leggere tra le motivazioni che l’arresto cautelare è dovuto al “…concreto pericolo di reiterazione”  legato al fatto che “ha manifestato la volontà di ricandidarsi a governatore della regione Basilicata” mi pone forti dubbi e molti interrogativi. Non era sufficiente legare alla carica già ricoperta di governatore l’esigenza dell’arresto e non menzionare la volontà di ricandidarsi? Sia chiaro, i giudici hanno perfettamente ragione nel sostenere che Marcello Pittella si ricandida per perpetuare il suo modo di concepire il governo della regione. Hanno perfettamente ragione nel ritenere che l’uso spregiudicato di risorse pubbliche per il raggiungimento del consenso sia una strategia usuale del PD in Lucania. Anzi non c’è bisogno neanche di un giudice per stabilirlo, perché lo stesso Pittella lo disse esplicitamente e pubblicamente quando qualche mese fa pubblicò i suoi 8 punti per vincere nuovamente le elezioni.

Non voglio influenzarvi ma leggeteli attentamente e ditemi se sbaglio. Eccoli integralmente, italiano compreso:

  1. Nuova rotazione degli incarichi dirigenziali in Regione
  2. Bando per il finanziamento integrale di 1000 giovani assunzioni per due anni nelle imprese e 300 nella pubblica amministrazione
  3. Impiego di parte della platea della forestazione con i comuni per opere di presidio
  4. Accordo bancario per anticipazione spettanze per gli stipendi degli operai forestali
  5. Campagna di comunicazione anti bufale
  6. Sostegno al rafforzamento del PD di Polese
  7. Alleanza larga dai centristi a Leu
  8. Abolizione del listino dalla legge elettorale, “lista presidente” più 8/10 liste coalizione

Per i non lucani spiego che l’ottavo punto serve per superare l’attuale legge maggioritaria e sostituirla con una legge proporzionale in modo da poter fare alleanze post elettorali, CS e CD, ossia per tagliare fuori il M5S, o chiunque altro, che, per governare, in virtù di questa nuova legge dovrebbe prendere la maggioranza assoluta dei consensi e non quella relativa come ora. Chiaro? Spero che questo arresto serva almeno per bloccare questa vergognosa iniziativa.

Allora, cari amici, c’è bisogno dei giudici per valutare la portata intellettuale e la visione programmatica del governatore, renziano D.O.C., Marcello Pittella? La lettura giornalistica della inchiesta giustifica la galera ma questa motivazione, non l’arresto, mi procura istintivamente fastidio perché in qualche modo intralcia il normale processo democratico e perché il processo elettorale serve anche a modificare la cultura generale di un popolo e il rapporto tra eletti ed elettori. Inoltre per impedire lo scempio occorrerebbe impedire anche la candidatura a governatore dell’attuale segretario del PD lucano, Mario Polese, che di Pittella è allievo e fidato scudiero. Infatti non è difficile prevedere che, permanendo l’arresto, Polese sarà il candidato governatore alter ego di Pittella e, ricordatelo, la copia è sempre peggiore dell’originale. Dite di no? Il giovane rampante Polese, segretario del PD lucano di stretta osservanza del rito pittelliano, è quello che in pieno disastro del Cova (Centro Oli Viggiano) affermò che una sola mucca inquinava più del COVA stesso.

Il punto è che il modo di fare politica cambia se cambia alla base la cultura di un popolo. I lucani hanno già dimostrato alle scorse politiche la volontà di cambiamento assestando un sonoro schiaffone al PD e ai feudatari Pittella (Gianni Pittella all’uninominale al senato arrivò terzo) e c’è qualche speranza che anche alle regionali assestino il definitivo schiaffone al PD lucano che proprio, come il PD nazionale, non riesce e non può riformarsi.

Sono certo che la finezza di analisi politica della sinistra e dei suoi ascari televisivi porterà a dire che i lucani hanno voltato e volteranno le spalle al PD per il reddito di cittadinanza e non per i cacicchi impresentabili che in Lucania, come in Campania, mettono sul groppone dei meridionali. Al contrario un popolo in cerca di riscatto al PD, e a gran parte del centro destra, alleati storici e interessati complici in Lucania del PD stesso, dovrebbe dare zero voti, ma non è affatto certo che la partita alle prossime elezioni regionali di autunno si chiuda così, anche se la capacità progettuale del CD è la stessa del CS.

L’inchiesta giudiziaria ha messo in luce l’ampiezza della rete di cui Pittella era, ed è, il puparo. C’è una grande fetta della cosiddetta società civile coinvolta e tutto, o quasi, il vertice della sanità lucana. In aggiunta pochi giorni fa 70 sindaci lucani, su 130 totali, si sono espressi a sostegno di Pittella evidenziando una rete capillare di mala politica che affligge tutto il territorio. Si tratta di una rete, peraltro già nota all’epoca del processo alla sindaca Vicino di Corleto, che sente ogni giorno perdere potere e consensi e che quindi si sta attrezzando per resistere disperatamente utilizzando tutto l’utilizzabile, lecito e no, delle risorse pubbliche. L’inchiesta sulla sanità è solo una piccola parte, poi ci sono le elezioni all’UCI, le nomine al Parco dell’Appennino lucano, Teconoparco, ARPAB, gli insani rapporti tra politica e petrolieri, ecc. Insomma un verminaio di amplissime proporzioni. Le forze resistenti al cambiamento sono tante e con forti interessi, godono inoltre di una rete di protezioni ancora efficaci. Bubbico, De Filippo e soprattutto il senatore Salvatore Margiotta, assolto in cassazione dai reati di concussione e corruzione con una sentenza molto discussa, e la moglie di quest’ultimo, vice questore a Matera e che, stando a notizie stampa, avrebbe fatto pervenire a Quinto, uno degli arrestati, una soffiata sull’inchiesta e sulle intercettazioni in corso. Luisa Fasano, moglie di Margiotta, non è nuova a queste imprese essendo già stata condannata in primo grado per violazione del segreto di ufficio ad un anno di reclusione, ma assolta in secondo grado per una provvidenziale prescrizione dei termini. Questa inchiesta dimostra la distruzione della sanità lucana, che nel passato aveva nutrito numerosi successi, soprattutto al reparto cardiologia del San Carlo di Potenza. Un reparto finito nel 2014 sotto inchiesta per una morte sospetta a causa di un intervento al cuore. Sanità di cui ormai forse non si fida più neanche lo stesso governatore Marcello Pittella visto che, quasi due anni fa, scelse di farsi rioperare al cuore a Milano dopo una prima angioplastica al San Carlo, e non dai suoi raccomandati potentini.

In numerose talk show, l’ultimo di venerdì scorso con Telese, Parenzo, Cuperlo e Santarché, si è cercato molto di minimizzare l’accaduto parlando di un generale modo di fare politica basato sulle raccomandazioni. Questo, nella fattispecie è sbagliato. Qui non si tratta di raccomandazioni, non si tratta di una piccola degenerazione delle relazioni utili negli affari e nella politica ma di una rete volta a favorire interessi privati da tutelare con il consenso elettorale da raggiungere con qualsiasi mezzo. Se si minimizza passa sotto traccia, anche nelle parole disinformate e disinteressate a capire l’accaduto di Cuperlo, il serio problema che ha il PD: quello di emendarsi e elaborare una fase politica nuova.

L’errore, da non commettere, è quello di ritenere che l’accaduto investa una regione marginale del sud Italia e, con il solito atteggiamento antimeridionale, ritenere che tutto questo al Sud sia la norma accettata e condivisa da tutti. Il senatore Salvatore Margiotta è membro della direzione nazionale del PD. Vito De Filippo è stato governatore lucano per due volte, la seconda grazie al suo mentore Enrico Letta, sottosegretario del governo Renzi e del governo Gentiloni. Filippo Bubbico, ora LeU, è stato governatore lucano e poi anche lui sottosegretario agli interni in tre diversi governi. Gianni Pittella, fratello del governatore, è stato presidente dei socialisti europei e vicepresidente del parlamento europeo, nonché alleato di Renzi alle primarie che lo hanno visto trionfare. Insomma qui non si tratta di seconde o terze linee ma di persone con notevole influenze negli apparati e nella vita politica del PD. Sono le stesse persone, sono le prime linee, che dovrebbero riformare il PD. Sono l’essenza della organizzazione territoriale del PD che, almeno il Lucania, assume i contorni di un sistema feudale con vassalli, valvassini e valvassori che occupano e ammorbano tutto impendendo, in una regione straricca di risorse naturali e in una posizione geografica invidiabile, la rinascita e il riscatto di un intero popolo. La famiglia Pittella è da sempre al centro di tale sistema (http://www.piernicolapedicini.it/chi-ce-dietro-a-gianni-pittella-figlio-di-un-ex-senatore-condannato-per-banda-armata-e-fratello-del-governatore-della-basilicata/ ). Sono i compagni di banco di Martina, Cuperlo, Renzi, Orfini eccetera. Anzi sono i grandi elettori di quello che sarà il nuovo segretario PD! Per questo Cuperlo, imbarazzato, dice: “si lo conosco. Non mi ha fatto una cattiva impressione.”

Dal lato opposto c’è, a favore del cambiamento, un ceto civile nato dalle lotte ambientaliste e dalle devastazioni del territorio, che ha pagato prezzi personali pesanti, ma che fatica a uscire dalla protesta e che, pur essendo portatore di proposte sane, innovative e credibili, fatica ad entrare in una dimensione organizzativa elettoralmente utile. Fatica anche il M5S a capire appieno il proprio ruolo di catalizzatore dell’area più innovativa della società per approdare ad una saldatura, per una volta virtuosa, tra le espressioni di maggiore competenza della società e la politica. Fatica il M5S ad uscire dalla presupposta autosufficienza elettorale e culturale. Fatica a capire che non tutto può avvenire all’interno delle ristrette mura del movimento. Fatica anche perché quando si è aperto ha compiuto errori grossolani nello scegliere le persone in grado di apportare competenze e esperienze fidandosi più della apparenza e della condiscendenza che della sostanza. Fatica il M5S, nazionale e locale, a capire che in Basilicata, alle ormai imminenti elezioni regionali, si gioca gran parte del proprio futuro.

La Basilicata è, da sempre, laboratorio politico ma, in aggiunta, tra le regioni del sud, è l’unica e essere nelle condizioni di poter intraprendere la via dello sviluppo in modo rapido (https://www.basilicata24.it/2018/06/ora-mai-piu-spunti-un-dibattito-sullo-sviluppo-della-basilicata-vista-delle-prossime-elezioni-dautunno-56502/ ) e dove il M5S può dimostrare, molto più che a livello nazionale, la propria capacità di governo.

Il M5S ha i ministeri chiave dello Sviluppo, del Lavoro, delle Infrastrutture, del Sud e dell’Ambiente. Non può e non deve fallire! Non ha né alibi né attenuanti. Se non riuscirà a dare corpo e sostanza ad una proposta di governo e ad una mobilitazione di cittadini e associazioni, inglobandole in un progetto di profonda innovazione nelle infrastrutture fisiche, culturali e amministrative della regione avrà perso la propria ragione sociale, la propria credibilità e il proprio elettorato, sempre più inquieto e mobile. Almeno il M5S non può cadere nell’equivoco della interpretazione della valanga di consensi al Sud come frutto del reddito di cittadinanza o per le improbabili, sotto il profilo costituzionale e del diritto, istanze di revanscismo pensionistico. Il Sud chiede infrastrutture, pari opportunità con i cittadini del Nord e progresso economico e sociale.

La cosa peggiore che può accadere in Lucania, e in Italia, è che si cambino i suonatori ma che la musica rimanga la stessa.


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